Enzo Rossi-Roiss

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LA PITTRICE LOLITA TIMOFEEVA

HA PAURA DI GOOGLE COME I CINESI

Lolita Timofeeva ha paura di Google come i cinesi: lo esplora e scandaglia ogni giorno in cerca dei link che la riguardano come pittrice lettone italiana russofona, sempre meno esposta e celebrata dal cosiddetto „sistema dell’arte“ (gallerie, fiere, locations museali, case d’asta, editoria e magazine settoriali). Pronta full-time a scrivere lettere per intimare a Aruba SPA, Word Press, Facebook et similia la rimozione di ciò che disapprova, perchè le risulta disagiografico e disagiante. Particolarmente e specificatamente (anche esclusivamente!) ciò che risulta webizzato da me, Enzo Rossi-Roiss: il suo ex proto-esegeta e proto-promotor multiruolato in tutt’altra promozione (poi) affaccendatomi.
Non ha ancora indirizzato alcuna mail a Eric Schmid, chief executive di Google domiciliato negli USA, ma lo farà appena considererà opportuno (necessario) fare ciò: sponte sua,  oppure consigliata dall’avvocato Lavinia Savini che l’assiste per quanto riguarda la tutela del suo „buon nome“ con copyright.
Io, però, non sono scrittore facile da intimidire, nè blogger disponibile ad autocensurarmi come opinionista critico, in dimestichezza col giornalismo legittimato dalla legislazione che tutela la libertà di espressione del pensiero personale e la notiziazione con commento e illustrazioni di fatti e accadimenti incontrovertibili.
Rebus sic stantibus, perciò, la Timofeeva prenda atto che si autodanneggia, persistendo nella scrittura di mail finalizzate a ottenere la rimozione di ciò che scrivo e illustro in websiti e blog, per notiziarla come ex star di performance espositive „clamorose“, artista eclettica in età antaizzata poco massmediatizzata, creatrice di opere connotate dal nomadismo sia formale sia contenutistico, con sempre meno esposizioni „clamorose“  curriculabili a cominciare dal 2005: docet il webizzato nel suo sito personale  www.lolitatimofeeva.it
(già postato nel Blog www.lampisterie.ilcannocchiale.it e come NOTA in Facebook)

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DEL MIO RITRATTO DIPINTO DA LOLITA TIMOFEEVA

DIVENUTO ICONA RICORRENTE NEI BLOG DEI MIEI DIFFAMATORI

Oscar Wilde ha scritto: “Ogni ritratto dipinto con passione è il ritratto dell’artista, non del modello. Il modello non è che il pretesto, l’occasione. Non è lui che viene rivelato dal pittore che, sulla tela dipinta, rivela se stesso”.
Sottoscrivo ciò, ovviamente: supportandolo con ciò che ha scritto Umberto Galimberti  che  riassumo  succintamente assemblato.
Il pittore autore di un ritratto non ha eseguito  la sua opera catturando l’anima di chi risulta rappresentato, come comunemente si crede, ma la sua relazione in atto col ritrattato nel  momento esecutivo, il suo amore, il suo odio, la sua indifferenza, la sua insignificanza, in una parola la qualità della “passione” di chi ritrae più che di chi è ritrattato. Dipingendo e raffigurando un incontro, una relazione, un confronto che, attentamente guardato e scrutato, lascia trasparire la relazione intercorsa  tra il pittore e il rappresentato, col suo carico di sentimenti.
Perciò ogni ritratto, oltre a ritrarre chi vi risulta rappresentato, ritrae anche il pittore che lo ha dipinto, tradendo la fedeltà al modello, per incrociare e ritrarre i sentimenti che il personaggio rappresentato ha suscitato nell’artista e che, a posteriori, suscita diversamente motivato in ognuno di noi nel momento  in cui lo“guardiamo”.

Published by admin, on gennaio 26th, 2010 at 4:11 pm. Filled under: Enzo Rossi-Ròiss37 Comments

DELLA "PRIAPEIDE VETROSA" DI ILZE JAUNBERGA

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REALIZZATA A MURANO PER LA BERENGO COLLECTION
EVENTO DI "CARNASCIAL ART ESCA 2010" A VENEZIA

Molti dei visitatori Della expo “Priapeide Vetrosa”, allestita nella sede della Berengo Collection a Venezia (San Marco 412/413), in concomitanza col Carnevale 2010 e col patrocinio della Compagnia De Calza “I Antichi”, coglieranno l’occasione per improvvisarsi poeti priapei, oppure per dissertare intorno alla carica simbolica del flauto diritto o dolce che da sempre simbolizza il fallo nell’immaginario erotico: particolarmente quando risulta suonato da flautiste che rammemorano i tempi antichi romani, durante i quali suonare con arte il flauto ha sottinteso praticare con arte la fellatio come le “ambubaie” siriane, rappresentando una categoria di prostitute signorili e ballerine raffinate (docet Petronio col suo Satyricon: Quid enim, inquit, ambubaia non me misit?). Tanto che nell’odierno dialetto romanesco, l’espressione “suona stò ciufolo” sta a designare la medesima pratica erotica, poiché il “ciufolo” da suonare è il “ciufolo a pelle”, ovvero il membro maschile. Derivando i risvolti erotici del flauto anche dalla pratica e dall’insegnamento dello strumento, con l’implicazione dello studio della cavità orale e dell’esercizio della lingua ( i così detti “colpi di lingua”), con tutto ciò che ne consegue nell’immaginario erotico maschile…soprattutto.
I più eruditi improvviseranno dialoghi licenziosi, del genere fescennino antico, con riferimenti alla “Dionisie”, le feste annuali celebrate nell’antica Grecia in onore di Dioniso (dio del vino) e di Hybris (l’ebbrezza smisurata): feste durante le quali, in città come in campagna, si formavano lunghi cortei, detti “Falloforie”, all’interno dei quali ogni famiglia brandiva un fallo e mo’ di cero, scambiando motteggi osceni rituali e cantando canzoni falliche e inni licenziosi. Tra le più famose le feste della città dorica di Sicione. Del testo di una canzone è noto questo frammento: “Ritiratevi, fate posto / al dio! Perché egli vuole / enorme, retto, turgido, / procedere nel mezzo”.
Sapendo che ad Atene, le principali feste di Dionisio erano le “Lenee”, nel mese di Gamelione (dicembre-gennaio) e le grandi Dionisie nel mese di Elafebolione (febbraio-marzo). E che in ciascuna di queste occasioni, nei tre giorni successivi alla cerimonia si svolgevano rappresentazioni drammatiche.
Aristofane, negli “Acarnesi”, teatralizza Diceopoli che va alle Dionisie con la moglie, la figlia in qualità di canefora (portatrice sul capo di un canestro con gli strumenti del sacrificio) e due schiavi che portano il fallo. “Xantia, voi due dovete tenere il fallo ritto dietro la canefora: io seguirò cantando l’inno fallico…Avanti”, dice Deceopoli. (Negli scritti di Aristofane il fallo è nomato cece, chicco d’orzo, chiodo, toro).
Ai visitatori giapponesi, le scarpe in vetro di Murano, creazioni di Ilze Jaunberga calzate da piedi fallomorfi di cristallo trasparente, rammemoreranno le Falloforie di Komaki a sud di Tokio dove hanno nome “Hounen Maturi”, celebrate il 15 marzo di ogni anno: con sciamannati d’ambo i sessi euforizzati dal sakè, nel ruolo di portatori di sculture legnose fallomorfe (ex-voto) di ogni peso e dimensione (3 quintali la più pesante, ricavata da un tronco di cedro), all’antico santuario di Tagata. (
http://www.youtube.com/watch?v=eXh3UUwn1_I&feature=fvw)
Ai conoscitori informati di ciò che si può creare modellando artisticamente la materia vetrosa, infine (finalmente!), e ai collezionisti di sculture in vetro che non raffigurano, diversamente dimensionato e colorato, il solito abbraccio frontale di amanti in piedi e la stereotipia varia decorativa, modellata per clienti turisti massificati, “Priapeide Vetrosa” risulterà meritevole di essere esaminata cominciando con l’accertamento delle dimensioni dell’area metaforica nelle quale fare esplodere la carica simbolica delle opere che la costituiscono.
Approcciando, così, ognuna delle sculture dell’artista lettone come oggetto materiale scultoreo dotato di pertinenze estetiche, degno di essere esaminato da estetologi più che da pseudo e simil esegeti maldicenti.
Perché di “Priapeide Vetrosa” si parli e si scriva con cognizione di causa…come suol dirsi!

Published by admin, on gennaio 26th, 2010 at 4:11 pm. Filled under: Enzo Rossi-Ròiss2 Comments

DI CARLA LEONELLI VULVOICONOLOGA

 

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Ne ha modellate abbastanza. Possono essere collettivizzate singolarmente oppure esposte in toto come calchi memoriali e memorabili. Ognuna uguale a se stessa e diversa da ogni altra. Dischiuse, aperte, spalancate. Con inclusioni materiche “autre” sopra, dentro, fuori, attraverso.
Possono essere installate sulle pareti di una galleria d’arte una accanto all’altra, oppure di seguito come fotogrammi di una pellicola cinematografica.
Nel momento in cui sono stato invitato a visionarle, mi è stato detto subito che dovevo prenderle in considerazione come opere d’arte plastica modellate da mani di donna. Per impedirmi di supporre come Artefice un uomo e di pensarlo emulo di Giacomo Casanova, collezionista d’innamoramenti e rapporti intimi subitanei con ciò che distingue la donna dall’uomo inequivocabilmente.
Non sono tavolette assiro-babilonesi, illustrazioni millenarie per poemi erotici mesopotamici, ma due versi del “Gilgamesh” li ho immediatamente ricordati appena le ho viste nella casa atelier della loro creatrice la bolognese Carla Leonelli. Li trascrivo “pour les amateurs”: Oh mio Ishullanu fammi godere della tua virilità,  /  stendi la tua mano, portala alla mia vulva.
Perché di vulve si tratta, in alto e basso rilievo su tavolette d’argilla. Una collezione di vulve della quali Apollinaire redivivo distinguerebbe i più sottili viticci del vello e li canterebbe, decantandoli come quelli di Madeleine, presenti come rilievi e graffiti.
Si tratta di vulve che nelle narrazioni del cinese Li Yu (1611 – 1680) sono grotte nelle quali è possibile praticare il gioco del vento e della luna per procurare l’indicibile piacere della nuvola che scoppia.
Si tratta di aperture attraverso le quali l’uomo può introdursi nei castelli della goduria panica che non fa incanutire prematuramente e dove è consentito ringiovanire durante più anni della propria vita.
“Ci si perde, ci s’inabissa, ci si annienta nell’esaminare una vulva quando è graziosa, si vorrebbe non essere altro che un fallo per poter farsi inghiottire”, ha scritto Henry Miller.
Si tratta di avvallamenti coperti da rada erbetta o fitti cespugli.
Si tratta di labbra per il suono di strumenti ancialati.
Si tratta di solchi tracciati tra cosce nei quali possiamo seminarci e germogliare.
Si tratta di crateri che possiamo fare eruttare.
Si tratta di panieri donneschi nei quali l’uomo può radunare tutta la sua mascolinità.

Published by admin, on gennaio 2nd, 2010 at 8:17 pm. Filled under: Enzo Rossi-Ròiss1 Comment

DELLA VISUALITA’ DI CHI SCRIVE

E DELLA EXPO DI GIOVANNI FONTANA
NELLE SALE DELLA FONDAZIONE BERARDELLI

“Testi e pre-testi” di Giovanni Fontana da Frosinone, esposti dal 19 dicembre 2009 al 31 marzo 2010 nelle sale della Fondazione Berardelli a Brescia in via Milano 107 (www.fondazioneberardelli.org).
400 reperti cartacei (per lo più), tutti ben vestiti (incorniciati) pronti per essere appesi sulle superfici murarie di residenze abitate da collezionisti e di sedi museali in sintonia: riprodotti in un libro d’arte di 236 pagine, col supporto di un repertorio fotografico bio(auto)biografante e col meglio di esercizi scrittòri d’autori specifici omologhi (oppure omologabili) e delle dichiarazioni personali di poetica deambiguanti.
A futura memoria del già fatto e massmediato (anche editato) da un creativo in dimestichezza (e rapporti di amicizia) dal 1966 con lo Stato Maggiore Internazionale della Poesia Visiva Sonora e Performativa, renitente a riconoscersi all’interno di una corrente artistica soltanto, poiché reclama per sé il diritto a (auto)definirsi “poliartista”, considerando limitativa (o limitante) l’appartenenza a una corrente artistica.
Diritto che, per quanto mi riguarda, gli riconosco perché lo condivido ed esercito da gran tempo, dissertando e scrivendo de “La visualità di chi scrive”.
La visualità di chi concepisce e realizza oggetti materiali dotati di pertinenze estetiche, considerandoli attrezzatura per l’abbattimento della cosiddetta “barriera gutenberghiana”. Una visualità che il suo creatore supporta con la sonorità, la vocalità, la gestualità per potenziare così il suo carico di significanza (o significazione) complessivo (o complessante).
La visualità costituita da un insieme di opere connotate da matericità “plus” e “poli”, per la cui deambiaguazione è indispensabile indagare il vissuto esistenziale e professionale dell’artista autore: particolarmente se l’artista dichiara di aver “creato” la sua “poesia visiva” e di continuare a crearla intrattenendo rapporti ravvicinati anche con l’architettura, il teatro, la letteratura e la musica.
La visualità di chi intrattiene rapporti ravvicinati e perversi con la parola scritta: rapporti  occasionalmente anche ludici, patafisici, oulipiani.
Condividendo l’opinione di chi sostiene che l’operatività artistica di ogni individuo creativo di talento scaturisce dal suo vissuto, come da una sorgente primaria, incanalandosi in un alveo interrelazionale che la connota e caratterizza (caratterializzandola, anche) inconfondibilmente.

Published by admin, on dicembre 28th, 2009 at 10:20 am. Filled under: Enzo Rossi-Ròiss1 Comment

ALAIN-PIERRE PILLET E’ MORTO A GINEVRA

POETA/EDITOR DI ILES CELEBES

La notizia è tutta nel titolo: mercoledì 16 dicembre 2009 è la data della sua ultima giornata terrena, vissuta parzialmente fino alle ore pomeridiane. Appena ho ricevuto l’informazione ch’era morto, mi sono chiesto: In quale ufficio postale è stata annullata l’affrancatura della sua ultima cartolina postale illustrata, inviata a persona amica con firma APP? A chi l’ha indirizzata e con quale commento?
Quelle indirizzate a me sono numerose, a cominciare dalla prima dell’anno 1987, fino all’ultima datata 31 agosto 2009, dopo aver dato inizio al nostro rapporto intellettuale a Comacchio nel giorno vernissage (30 luglio) della mostra personale di Enrico Baj, allestita nelle sale di Palazzo Bellini. Un rapporto che ci ha poi ruolato traduttori reciproci ed editori di alcuni nostri esercizi di scrittura poetica e letteraria (io in lingua italiana il suo francese, lui in lingua francese il mio italiano). Compagni di strada sui percorsi dell’arte e della poesia nei miei territori, come nei suoi. Complici nella simulazione di interrelazioni e prestazioni ingannevoli, ma opportune di volta in volta. Tanto da fingermi, con la sua approvazione, presentatore e recensore di mostre d’arte col suo nome e cognome. Tanto da fingersi fidanzato esotico di una giovane e fascinosa “single” in rapporto di coppia (more uxorio clandestino) con me notoriamente meno giovane e “sposato”.
Mediterò sul mio rapporto più che ventennale con APP, e scriverò altro. Sia considerato omaggio, intanto, questa prima scheda per bibliofili.

(Pubblicato anche come Nota in Facebook e nel Blog www.Lampisterie.ilCannocchiale.it)


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Alain-Pierre Pillet a Venezia nei giorni della Biennale 2007 in visita alla expo di Ilze Jaunberga.


ALAIN-PIERRE PILLET – APP est né en 1947 à Genève. Est un fin connaisseur des auteurs latins et des poètes surréalistes. Circule aux Iles Célèbes, collabore régulièrement à la revue Camouflage. Lecteur passionné de l’œuvre d’André Pieyre de Mandiargues. Il fonde en 1980 les éditions Îles Célèbes (avec Patrik Weidmann). 1981 : rencontre de Manina et Venise. Plongée hypnopompique dans la stupéfiante image de la ville. Enquête sur les expériences lagunaires de l’automatisme psychique pur et dérive dans les efflorescences de la table d’Hermès. 1984: lancement du Bombardier géant du rêve noir, miroir en lagune d’ André Breton à Venise. 1985 : recherche de fragments sur la plage de Mogador. 1988 : approche d’un brasier ardent aux Îles Éoliennes. 1986-1991 : délégué helvétique au Congrès de Banalyse. 1989-1990 : Comité Psychogéographique de Londres. 1991 : ALD. 1994 : activités de traducteur et de consultant sur la ligne Bologne – Riga. 1997 : le 17 mai. " (Paul Sanda, Pris de peur) " En voulant " S’enfoncer dans l’amour". Son livre Watt Mer  I, II et III (édition/Syllepse 200-2003) a été également adapté au théâtre: mise en scène André Steiger, Théâtre St-Gervais Genève (du 16 au 29 janvier 2006).Il gère ses propres éditions : Iles Célèbes. On le voit justement sa personalité à travers ses livres. Il organise régulièrement des expositions en collaboration avec des photographes, où il est l’auteur des textes. Ses livres sont embellis par Yves Nadal, Robert Lagarde, Sergio Dangelo, Hérvé Télémaque, Jean Terrossian, Christian d’Orgeix, Emanuel Sanz, Lolita Timofeeva, Jacques Monory, Anne-Lise Dehée.
Parmi ses apparitions: Heures exquises, I et II (La maison de verre, 1996), Paysage poétique d’André Pieyre de Mandiargues (Rafael de Surtis, 1999), Ce sont des îles ! (Rafael de Surtis, 2000), Paroles de murs (Éditions du Tricorne, 2000).

Published by admin, on dicembre 23rd, 2009 at 11:52 am. Filled under: Enzo Rossi-Ròiss10 Comments

HANNO PARLATO DELLA LORO SCRITTURA E PITTURA

GIORGIO CELLI – COSTANZA SAVINI – LOLITA TIMOFEEVA

NELLA BIBLIOTECA DELLE DONNE A BOLOGNA

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Costanza Savini, Gaetana Miglioli, Lolita Timofeeva, Giorgio Celli e Daniela Delzotti (foto di Lodovico Pignatti Morano)

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Lolita Timofeeva, pittrice lettone italiana russofona con casa e atelier a Bologna dal 1991 ha parlato in una saletta della Biblioteca delle Donne a Bologna (ore 18-20 del 10 novembre 2009) per descrivere e commentare tre dipinti personali, esposti occasionalmente in tale saletta, collateralmente all’incontro con la scrittura e i supporters di Giorgio Celli e Costanza Savini. Si è data cosi (e ciò) facendo visibilità e interrelazioni come pittrice, artefice di opere eseguite spennellando colori su un substrato materico simulante superficie muraria, alla maniera del pittore Janis Andris Osis ex rettore dell’Accademia di Belle Arti di Riga suo maestro lettone in atelier più che in Accademia: per rappresentare l’interno della camera di un alberghetto a ore insediato in via Drapperie a Bologna, con figura femminile poco abbigliata in età giovanile.

Quasi certamente tale "esposizione" sarà curriculata come "personale", datata 2009 (l’unica!), non documentata da alcuna eco massmediatica, come altre esposizioni "personali" precedenti allestite in location succedanee: nella Sala Europa del Centro Ippico Pavarotti a Modena (1999), nell’Espace Rdc Couloir – Batiment ASP del Parlamento Europeo a Bruxelles (2002), nel vano scala d’ingresso antistante la reception con biglietteria e book shop del M.I.C. a Faenza (2003), in una sala della Biblioteca di Letteratura Straniera a Mosca (2004) collateralmente alla presentazione di alcuni libri.

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Per quanto mi riguarda considero opportuno testimoniarla a futura memoria, confermando il giudizio critico leggibile nel mio libro intitolato "Mondo lettone made in Italy" (Edizioni QuattroVenti di Urbino 2007).

Considero Lolita Timofeeva artista virtuosa nel concepire e realizzare mimesi iconiche e aniconiche con apporti di stilemi storicizzati e museificati, capace di simulare accademicamente forme e contenuti artistici di volta in volta simbiotici o più convenienti e remunerativi. Come e quanto un’attrice teatrale sperimentata, capace di simulare sentimenti e comportamenti finalizzati alla resa scenica immediata, prescindendo dalle disapprovazioni considerate negatività contingenti. Le opere più originali che ha ideato e realizzato, però, fino all’anno in cui scrivo, sono quelle che costituiscono il ciclo “Kama” (dipinti, sculture in vetro e bronzo, opere grafiche): una straordinaria raffigurazione del mondo dei sensi esplorato godendo senza remore un rapporto di coppia intellettuale e passionale, totale e totalizzante, destinato a rivelarsi ineguagliabile, perché vissuto intensamente nel momento in cui il fervore sentimentale l’ha pervasa in sintonia col fervore creativo. Si tratta di una trascrizione del Kama Sutra con immagini plastiche e pittoriche magistralmente eseguite, che emblematizzano l’amplesso amoroso goduto nei momenti in cui il suo desiderio ha mosso… passi decisi e veloci senza inciampare (parole di un poeta). Come ho scritto per le opere intitolate "Kama", nel ruolo di esegeta "ab origine".

(Postato anche in www.italo-baltica.it/blog - www.lampisterie.ilcannocchiale.it e come NOTA in Facebook)

Published by rossiroiss, on novembre 12th, 2009 at 11:14 am. Filled under: Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati

DELLE PERFORMANCES ESPOSITIVE DI LOLITA TIMOFEEVA MENO FREQUENTI PERCHE’ PRIVE DI SPONSOR E MENTORI ADEGUATI

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Lolita Timofeeva accanto a Eugenio Giani, ex assessore al Comune di Firenze.

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Le performaces espositive della pittrice lettone italiana russofona Lolita Timofeeva si sono rarefatte di anno in anno a cominciare dal 2005, dopo il primo ciclo iniziato nel 1993, epicentrato a Bologna, concluso nell’anno 2000.

Risulta incontestabilmente fondativo il ciclo del suo lancio “da zero notorietà e redditività artistica, a…”, costituito da 21 expo personali in Italia e all’estero, con 5 presenze successive in Artefiera (più 4 in altre Fiere a Milano, Ginevra, Venezia), e la partecipazione alla Biennale di Venezia 1997, adeguatamente e variamente bibliografata.

Il ciclo che ho generato e gestito nel ruolo di esegeta principe e promoter/comunicatore sponsorizzato dal mio personale capitale di conoscenza ed estimatori, dotato di autonomia logistica progettuale e intellettuale, propulsiva e determinante.

Un ciclo che ho pubblicizzato con numerossimi testi scritti per essere pubblicati, con la mia firma e con pseudonimi (la cui identità scrittòria fittizia è stata generata da me con artifici), in cataloghi e pubblicazioni varie: testi che risultano tutti citati (elencati) dalla Timofeeva nella sua bibliografia webizzata senza il mio nome.

Un ciclo padre indiscutibile dei cicli successivi costituiti da 11 expo personali complessive (comprensive di alcuni flop come l’expo durata 5 giorni del 2002 a Bruxelles, in una sala del Parlamento Europeo, malmallevata da Giorgio Celli), più alcune collettive, durante gli anni 2001-2008, con nessun’altra presenza in Artefiera, nè altra partecipazione equivalente a quella della Biennale veneziana, da me realizzata e “presentata” (ved. Catalogo Ufficiale) nel ruolo di Commissario.

Conseguentemente si è rarefatta anche la sua bibliografia costituita sempre più da “voci”… in picciol numero e modesta significanza, di anno in anno: idem la sua collezione di foto in compagnia di Personaggi illustri nel ruolo di testimonial consapevoli e non.

Così come è diminuita progressivamente la sua attività espositiva, particolarmente durante l’ultimo ciclo di iniziative prevalentemente epicentrate a Firenze: mallevate da Eugenio Giani, assessore allo sport del capoluogo toscano e accreditate dal mentore di servizio istituzionale eclettico e disinvolto Maurizio Vanni, organizzatore di mostre collettive allestite con opere di autori eterogeni insiemizzate di volta in volta in ogni luogo con (e da) titolazioni pretestuose, buone anche per l’insiemizzazione di opere diverse d’altri autori.

Tanto da cominciare a risultare assente anche là dove è risultata presente: tra gli artisti in rapporto con la Modenarte insediata a Modena e Venezia (per es.).

Con nessuna expo personale allestita durante gli anni 2006-2009 da curriculare nel sito personale www.lolitatimofeeva.it, dove risultano webizzate soltanto partecipazioni a expo collettive: 12, comprensive dell’annuale (ricorrente) Premio Sulmona, e delle stesse collettive replicate in location diverse a cura del Vanni. Accreditata (motu proprio) nei cataloghi come rappresentante della Repubblica di Lettonia, della quale non è mai stata cittadina, nè ha mai posseduto il passaporto dopo quello degli occupati sovietici.

Esemplare e significativa la Florence Biennale 2007 (1-9 dicembre) insediata in alcuni locali della Fortezza da Basso a Firenze, con lo spazio espositivo Timofeeva disallestito e disertato dall’artista (unica “lettone” catalogata, però!), causa la manifesta inconsistenza artistica dell’insieme fierizzato dall’agenzia organizzatrice.

Una “Biennale di Venezia 2007″ risulta curriculata nel suo sito web senza l’indicazione della location et altro identitario: significando millanteria, oppure Florence Biennale 2007…refusata.

Nel 2008 ha partecipato soltanto a quattro expo collettive: 3 curate dal solito Vanni, compresa una del 2007 replicata (Segni di confine), più una FreshGlass di Adriano Berengo nelle cui fornaci a Murano non sono in produzione nuove sculture in vetro firmate Timofeeva..

Il 2009 è avviato a concludersi in bianco (come suol dirsi), principiando un nuovo ciclo di rapporti precari col sistema dell’arte in età antaizzata, avendo superata la frontiera dei 40 anni nel 2004.

Nel website personale si segnala referenziata a Riga dal micro spazio espositivo (commerciale) Tifana Gallery, nel quale non ha mai allestito alcuna esposizione. Non gode buona fama presso Solvita Krese, director del Latvian Centre for Contemporary Art, che l’ha contestata (e continua a contestarla) come rappresentante artistica della Lettonia, considerandola straniera perchè cittadina italiana.

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Per leggere altro cliccare i link qui di seguito:

http://www.liquida.it/lolita-timofeeva

http://www.italo-baltica.it/ Personality

http://immobilmente.blogspot.com/2008/11/bologna-case-agli-amici-degli-amici.html

www.enzorossiroiss.blogspot.com/…/eurocarni-in-tribunale.html

www.lastampa.it/redazione/…/38108girata.asp

www.studiliberali.it/…/LO%20SCANDALO%20DI%20BOLOGNA.pdf

www.namir.it/MAFIAGRAFFITI/legalita.htm

Published by rossiroiss, on novembre 2nd, 2009 at 2:15 pm. Filled under: Diario, Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati

CARNASCIAL ART ESCA 2010 (comunicato n.1)

La Compagnia De Calza „I Antichi“ ha deciso di organizzare e realizzare a Venezia, per il prossimo Carnevale 2010 (febbraio), una expo con opere d’arte e installazioni artistiche ispirate soprattutto all’immaginario della Compagnia (www.iantichi.org).
Sarà intitolata: CARNASCIAL ART ESCA 2010. 
Nelle intenzioni dei Compagni De Calza che l’hanno concepita, tale expo coinvolgerà più luoghi espositivi veneziani, sul percorso- sia pedonale che acquatico – che collega la Stazione Ferroviaria a Piazza San Marco, transitando inevitabilmente a piedi per Campo San Maurizio: storico spazio all’aperto per la espressione delle opinioni e il compimento delle gesta carnascialesche griffate „I Antichi“ a cominciare dal 1981.
Alcuni degli „oggetti materiali“ dotati di pertinenze estetiche per tale expo saranno commissionati a menti creative in rapporto con la Compagnia De Calza „I Antichi“, altri saranno selezionati tra quelli che saranno proposti in tempo utile da operatori culturali o singoli artisti, illustrati con descrizioni e immagini inviate via e-mail al curatore artistico Enzo Rossi-Ròiss (rossiroiss@libero.it – cell. 339. 6918363 ), al quale è stata affidata anche l’organizzazione e la scelta delle location espositive, con l’autorizzazione a interloquire con chiunque a nome e per conto de „I Antichi“. 
Campo San Maurizio sarà la location col punto-info nella sede del Circolo Culturale „I Antichi“, una installazione nello spazio all’aperto e una esposizione nella sacrestia della Chiesa San Maurizio rispettosa del luogo.
La sala espositiva del Palazzo Priuli Bon in Campo San Stae, con la sua porta d’acqua e quattro finestre affacciate sul Canal Grande ospiterà una esposizione interna con installazioni esterne.
Per l’autorizzazione a utilizzare altre location (il Teatro la Fenice… addirittura!) sono state avviate trattative e programmati i contatti necessari.
Tutte le opere esposte o installate risulteranno illustrate e commentate in apposita pubblicazione progettata e realizzata da Luca Colferai per IAntichi Editori Venezia (www.iantichieditori.it), con la presentazione di Roberto Bianchin, una introduzione del curatore Enzo Rossi-Roiss e testi di Autori Vari.
 
E’ stata progettata una esposizione delle sculture in vetro di Ilze Jaunberga intitolata “Priapeide Vetrosa”, con opere realizzate dal maestro vetraio muranese Silvano Signoretto, visibili nella Berengo Collection.

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Published by rossiroiss, on settembre 24th, 2009 at 2:18 pm. Filled under: Diario, Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati

DELLE LOCATION ESPOSITIVE A VENEZIA E DELLA LORO ACQUISIZIONE

Scrivo delle location espositive a Venezia, sia pubbliche che private, disponibili per l’allestimento di mostre d’arte personali o collettive, pagando il dovuto per l’affitto, la guardiania di persona poliglotta, la promozione massmediatica, il vernissage, la curatela critica e quant’altro necessario per documentarla a futura memoria con supporti cartacei.
Le location espositive private disponibili sono gallerie d’arte notoriamente disposte a concedersi “un tanto al giorno” come contenitori per l’allestimento di mostre personali o collettive autogestite e autopromosse da chi le organizza in proprio o per conto terzi. Oppure proprietà private d’uso abitativo o commerciale, sfitte per convenienza o causa forza maggiore, nei casi in cui non sono location chiesastiche.
Le location espositive pubbliche disponibili sono spazi singoli o multipli (chiese, oratori, scole e scolette, dependences parrocchiali, porticati e chiostri conventuali, sedi di associazioni culturali). Oppure di proprietà diversamente configurabili (sale museali, residenze storiche restaurate all’uopo, spazi amministrati da esercizi commerciali con clienti abituali benredditati).
All’uso di tali location è possibile accedere direttamente, contattando chi le dirige o amministra, oppure tramite brokers locali e agenzie di servizio mercenario.
Dei brokers locali, noti a se stessi e ad alcuni concittadini, non scrivo nomi e cognomi per non favorirli, considerandoli in rapporto con l’arte e l’artisticità soltanto per il reddito esentasse che possono ricavarne attivandosi per l’allocazione di esposizioni prescindendo dalla notorietà dell’artista e dall’artisticità delle opere.
Di alcune agenzie di servizio mercenario, invece, scrivo quanto basta per la loro esemplificazione e identificazione, considerandole emblematiche per la loro disponibilità a servire chiunque e la Spagna, purché… se magna.
Comincio con l’indicare lo Studio Dal Ponte, gestito da Mario Di Martino, sperimentato mediatore per l’allestimento e la promozione massmediatica di mostre d’arte nell’Ex Convento di Santa Apollonia nei pressi di San Marco e nelle sale della Scoletta dei Tiraoro e Battioro in Campo San Stae, come in altri spazi, fratello di Enzo Di Martino critico/recensore d’arte de “Il Gazzettino”
Continuo citando l’Associazione Nuova Icona insediata sull’isola Giudecca, broker per l’acquisizione di location espositive surroganti e decentrate o periferiche, che nel 2004 procurò l’Oratorio San Filippo come sede per una esposizione personale del lettone Ilmars Blunbergs, curata da un critico lettone (il giovane e inesperto Andris Brikmanis) debuttante a Venezia nel periodo della bassa stagione e dell’acqua alta (16 ottobre-21 novembre): lo stesso Blunbergs già esposto dalla Repubblica di Lettonia nel padiglione nazionale della Biennale 2001. L’Oratorio San Filippo risulta allocato in una calle morta inospitale, Calle Dei Vecchi, “…larga un metro e lunga 56 passi”: location angusta e degradata in zona periferica sul Canale della Giudecca, lontana da Piazza San Marco, nei pressi della Stazione Marittima.
E concludo segnalando l’agenzia Art Communications del rampante Paolo De Grandis, che loca e subloca come spazi espositivi di tutto e di più, perfino locali d’uso abitativo sfitti con l’accesso in calle morte come il Ramo Malipiero, per l’insediamento di padiglioni come quelli delle Repubbliche di Estonia e Lettonia della Biennale 2005. Lo stesso De Grandis/Art Communications che ha locato una tantum alla Repubblica di Lettonia, come padiglioni per le Biennali, le chiese San Giovanni Novo (1999), San Lio (2001) e la Scoletta di San Giovanni Battista (2007), così come ha locato il Palazzo Bollani (che non gli sarà più concesso, come altre location) una tantum per l’esposizione del trascendental realism di Adi Da Samraj in occasione della Biennale 2007. Il De Grandis che da dieci anni si dà reddito organizzando in concomitanza con la Mostra Internazionale del Cinema, l’esposizione di sculture all’aperto nomata “Open”, sull’isola nomata Lido, per la quale gli artisti partecipanti sono selezionati tra coloro che risultano provvisti di finanziatori, oppure sono in grado di autofinanziarsi. Significativa la selezione per “Open 2008”  di Giulio Serafini, Leonardo Chionna e Vincenzo Musardo: un trio accreditato dalla Artisse s.r.l. che ha la sede a Mesagne (BR).
Scrivo ciò considerando comunque opportuno dare visibilità alle opere della creatività personale e comunicare la propria esistenza artistica con una esposizione personale a Venezia, location dotata di plus valore internazionale capitalizzabile, apprezzata in tutto il mondo, anziché (a parità di costo) con mostre in location marginali e marginalizzanti, oppure regionali e regionalizzanti: interrelazionadosi con operatori culturali e promoters notoriamente fertili e in rapporto ravvicinato e privilegiato con la comunicazione adeguatamente referenziata, refrattari a stabilire rapporti sterili e promiscui di puro servizio mercenario.

Published by rossiroiss, on novembre 17th, 2008 at 9:36 pm. Filled under: Diario, Enzo Rossi-Ròiss1 Comment

UN’ONDA DI PASSIONE



Ha fame di futuro e affermazione chi ha scritto il testo poetico che segue  questa premessa.
Un testo scritto per non affogare, per assecondare l’onda nuotando intenzionata a dominarla. Un testo scritto da una giovane scrittrice che si considera emula dell’amazzone Pentesilea: emula ribella e in competizione selvatica addomesticabile soltanto durante le ore serali. Scritto da una amabile donna nomabile Germanamazzone, perciò!
 
un'onda di passione travolge il mio corpo
quando penso ai nostri corpi isole deserte e separate
anelando amplessi totali
 
un'onda di passione travolge il mio corpo
quando mi sento vibrare dentro nel profondo
incognita e inesplorata
 
un'onda di passione travolge il mio corpo
quando ti guardo con occhi avidi di sguardi impudichi
desiderante e in preghiera
 
un'onda di passione travolge il mio corpo
quando fantastico abbracci tuoi oscenizzanti
ineffabilmente appassionata
 
un'onda di passione travolge il mio corpo
quando mi prefiguro amplessi reiterati e condivisi
straordinariamente erotizzata
 
GERMANA RICCIOLI
(germanariccioli@gmail.com)

Published by rossiroiss, on novembre 8th, 2008 at 2:49 pm. Filled under: Diario, Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati