DELLE OPERE GRAFICHE DI GIORGIO DE CHIRICO
Giorgio De Chirico (1888-1978) ha eseguito le sue opere grafiche per narrare luoghi e personaggi col pensiero in mano rivolto ad opere già eseguite disegnando o dipingendo, oppure ad opere fantasticate come copie conformi agli originali (divenuti archetipi), con ripetizioni iconiche differenti. Tanto che ai filologi catalogatori continua a risultare ardua l’impresa di ordinare cronologicamente il “prima” pittorico di ogni “dopo” grafico e viceversa.
Ogni opera esemplifica un “tema” emblematico della sua iconografia visionaria, svolto disegnando velocemente con nonchalance su lastra calcografica e pietra litografica, senza esitazioni, presupponendo soltanto la riproduzione in bianco e nero. Il colore è stato sovrapposto (personalmente o da altri eterodiretti) successivamente per dotare il foglio inciso o litografato di un plus valore mercantile supplementare.
La firma autografa costituisce il valore venale di ogni foglio, l’insieme iconografato costituisce invece il valore artistico.
Le opere per una esposizione dovrebbero essere selezionate, perciò, in modo che possano costituire un campionario iconografico esemplare di agglomerati oggettuali e non, raffigurazioni degli enigmi e delle mitologie dechirichiane, evocazioni e rievocazioni nostalgiche dell’artista e della sua “grecità”.
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E stato scritto che De Chirico ha costruito i suoi manichini ( con i vari Archeologi, il Trovatore, Ettore e Andromaca, i Trofei, i Gladiatori per es.) assumendo nella loro strutturazione simboli eterogenei e suggestioni stilistiche, oltre che eleganze, del tardo Manierismo italiano, toscano in special modo. Non è stato mai scritto, però, che, più che col pensiero rivolto ai manichini di accademia e di sartoria, De Chirico possa aver pensato anche ad alcune delle 50 bizzarrie di varie figure incise manichinizzate nel 1624 per Cosimo De Medici da Giovan Battista Braccelli.
Un “manierista” del quale non sono state ancora accertate le date di nascita e morte, nè identificate opere dipinte, quasi certamente attribuite ad altri artisti. Un incontro artistico personale, oppure una conoscenza artistica acquisita tramite il fratello terzogenito Andrea (1891-1952), scrittore erudito e musicista compositore, divenuto pittore sommo nel 1926 a Parigi con lo pseudonimo Alberto Savinio adottato nel 1914. Un manierista preso in considerazione come antesignano inconsapevole dei surrealisti storici da Tristan Tzara e Salvador Dalì: il primo scrivendo un breve saggio per Alain Briex editore nel 1963 di un libro in 525 esemplari con tutte le bizzarrie del 1624 riprodotte, il secondo realizzando alcune sculture “D’après Bizzarrie Braccelliane” stabilmente esposte nella sua casa natale.
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Il corpus delle opere grafiche “dechirichiane” è costituito da 385 fogli diversi, tra incisioni (acqueforti, vernici molli, una puntasecca, una rara linoleumgrafia ) e litografie su pietra e su carta da riporto, comprese le versioni differenti di alcuni “temi”.
La prima litografia l’ha eseguita nel 1921 e raffigura Oreste e Pilade.
Durante gli anni 1929 e 1930 ha eseguito le sei (lito) Metamorphoses e la suite (66 lito) per i Calligrammes di Apollinaire.
Le Mitologie con bagni misteriosi (10 lito) sono datate 1934.
Nel 1941 ha eseguito (disegnato tout court) 20 illustrazioni litografate per l’Apocalisse.
I Cavalli, senza e con Ville, li ha raffigurati nelle opere grafiche (10+6) degli anni compresi tra il 1948 e il 1954.
Il primo Manichino è datato 1964, il secondo 1967.
Dal 1969 in poi ha eseguito soltanto opere singole, disegnando su carta da riporto o sulla superficie di lastre metalliche preparate con vernice molle, sollecitato dai mercanti d’arte. E lo ha fatto attingendo al suo campionario iconico, disegnando più volte il Trovatore: manichinizzato intero su una spiaggia, nella stanza del mistero, in una piazza, nei pressi di un castello arroccato come di un’arcata urbana, oppure dimezzato vagante tra le nuvole o immerso nell’acqua fino alla cintola. Senza inibirsi la riproposizione delle Muse Inquietanti, di Ettore e Andromaca, degli Archeologi e dei Gladiatori, personaggi e arredo scultoreo per mise-en-scene melodrammatiche programmate non si sa da chi, nè dove, né per quando. Ridisegnando Piazze d’Italia desertificate dal solleone mediterraneo: con un efebo, una fontana o una statua in posizione centrale come unico arredo urbano tridimensionale, alternativo all’Arianna sdraiata e malinconica iconizzata in primis e diversamente replicata in numerose opere. Si distinguono per la loro singolarità due opere: “Le mani misteriose” del 1973 e “Il Guanto rosso” del 1975.
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Tecnicamente, le acqueforti di De Chirico e le incisioni del genere “vernice molle” sono riproduzioni di disegni eseguiti con punte metalliche o matite dotate di mina tenera idonea a lasciare tracce segniche grasse simil-pastello su lastre metalliche appositamente preparate, come le litografie eseguite su pietra o carta da riporto con matite speciali: mai disegnando appositamente rovesciato (a sinistra) ciò che doveva risultare diritto (a destra) dopo la stampa, come uno non specialista dell’arte incisoria.