Enzo Rossi-Roiss

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LA FINE DI UN SOGNO A TREVI / PERUGIA: DA CAPITALE A CLOACA DELL’ARTE CONTEMPORANEA

 

 

PALAZZO LUCARINI CONTEMPORARY NON E’PIU’ IL TREVI FLASH ART MUSEUM LOCI GENERATO DAL GENIUS LOCI GIANCARLO POLITI:

perché è divenuto luogo espositivo occupato da iniziative di squallido sottobosco, tese sempre ad un possibile scambio di favori: luogo di un triste “scambio di favori”, con mostre di studenti delle Accademie di Belle Arti, oppure di artisti locali et colleghi omologhi, ospitati in occasione della sagra del sedano e della salsiccia, o dei festeggiamenti in onore del Santo Patrono strapaesano.
Come il Museo di Nocciano (Pescara) generato da Eugenio Riccitelli, lo Young Museum di Revere (Mantova) generato da Nicola Dimitri, il Forum Artis Museum di Montese (Modena) generato da Fabio Tedeschi e tant’altri Museum Loci, Gallerie d’Arte Moderna e Pinacoteche Comunali gestite da Genius Loci operatori artistici e culturali marginali… location per expo stagionali enfatizzate soltanto dai cronisti locali , collaboratori corrispondenti dei mass media territoriali, laudatori full time del localismo parodico ed epigonico sostenuto e condiviso da un micro bacino di utenza eterogenea e superficiale.

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Fotoritratto di una Vulvaepistolata

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clicca sull’immagine per ingrandire

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FOTORITRATTO DI UNA VULVAEPISTOLATA DESNUDA
di Peter Van Der Glossen
d’aprés Francisco Goya

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Published by rossiroiss, on dicembre 1st, 2007 at 7:45 pm. Filled under: Diario, Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati

DEL SANT’ANTONIO CON LA FOCARA

FESTEGGIATO OGNI 17 GENNAIO A NOVOLI DI LECCE

santonio-2.jpgLa mia memoria personale del S.Antonio Abate e della sua “Focara” festeggiati ogni 17 gennaio a Novoli di Lecce, con tutto il trash scrittòrio sterile di chi continua a enfatizzare l’obsolescenza della tradizione in pubblicazioni varie, e di chi monetizza cinicamente il kitsch “multiplicato” che iconizza e oggettualizza, a due o più dimensioni, il Santo miracoloso e la sua paccottiglia indotta, l’ho editata ed emblematizzata “a futura memoria” tre mesi dopo aver compiuto i ventidue anni.

Nel gennaio del 1960 ho generato e redatto con alcuni coetanei “Lu Puercu” che tanto dispiacque ai parroci-censori Don Gennaro Delia e Don Ciccio De Tommasi, approvati dal Vescovo e supportati dal bollettino “La Voce del Pastore” micro-megafono massmediatico cartaceo strapaesano dell’ortodossia cattolica stanziale misoneista. Un numero unico modernista per famiglie che fece scrivere a Giorgio De Nini (La Tribuna del Salento, 28 gennaio): “…ricco di vispe trovatine umoristiche tratte da spunti della quotidiana vita novolese.

santonio.jpgPiù che al loro Protettore, i compilatori del giornale sembra abbiano chiesto a qualcuno dei protetti, ed in particolare al porco, la cui collaborazione è quanto mai evidente e si scopre con estrema facilità nei vari articoli, Vanno presi anche in seria ed attenta considerazione gli autori degli Atti Unici (pagg. 9 e 10) dai quali è stato evidentemente sopravvalutato il concetto sublime di una libertà incondizionata ed illimitata della stampa periodica od occasionale”.

Altra mia memoria personale riguarda la parodicità delle “rassegne-concorsi” e il velleitarismo di ogni iniziativa estemporanea (Novoli Arte e Lu Cuccu, per es.) patrocinata e finanziata dall’amministrazione comunale locale per attribuire competenze specifiche e dare credito artistico-culturale occasionale a faccendieri e visibilità paesana a creativi marginali, refrattari a sbarazzarsi della subalternità all’establishement politico in auge, in soggiorno artistico e culturale obbligato: concomitando con festeggiamenti religiosi ricorrenti e scantonando ogni altra iniziativa, tesa a rivelare e valorizzare l’esistenza e l’operosità di creativi novolesi professionali in soggiorno culturale prescelto e privilegiato altrove: nel 1600 Benedetto Mazzotta della Congregazione dei Celestini, lettore di filosofia e teologia a Bologna, aggregato all’ordine di San Benedetto; oggi pochi altri individui “esemplari”. Alla “Focara” dei miei anni infantili e adolescenziali sono mancate la fruibilità multietnica, la comunicazione massmediatica, la visibilità telematica e televisiva. Alla “Focara” dei miei anni anziani mancano le case prive dell’impianto di riscaldamento nelle quali traslocare le sue braci spente divenute carbonella. Della focara dei miei anni giovani ho scritto ciò che si può leggere ne La Tribuna del Salento desepo-laffichiste-196.jpgl 14 gennaio 1960, ripubblicato ne Lu Puercu del 17 gennaio 1961, titolato :”Una focara famosa”. Riproducibile anche per la focara dei miei anni anziani che i novolesi miei coevi continuano a perpetuare stereotipa e folclorica col Sant’Antonio Abate, continuando a stabilire il medesimo rapporto con la ritualità laica e fieristica, la liturgia religiosa obsoleta, l’oggettistica e l’iconologia concepite consanguineamente e artigianalmente nell’orto dietro casa come in altri tempi, senza sperimentare liturgie eterodosse. Ignorando ogni ritualità alternativa meno tribale e l’iconologia artistica ortodossa e agiografica modellata altrove. A cominciare da un Sant’Antonio Abate (h.cm.107) datato 1475, scolpito nel legno da Lorenzo Di Pietro detto “Il Vecchietta” (Castiglione di Val d’Orcia 1412- Siena 1480). Considerando inopportuna e irrispettosa l’iconologia disagiografica che rappresenta il Santo come ne “Lu Puercu” del 1960 e in alcune incisioni erotiche francesi ottocentesche che illustrano le sue “tentazioni” di eremita col maiale (punk-bestia ante litteram).
Scrivo ciò perché sia dato un futuro vivo (non “contemperato”) a un passato morto (è il mio auspicio!), comunicato con scrittura revisionata da un esperto di editing, non considerando alcun passato concluso e compiuto: poiché il passato ha bisogno sempre di essere riproposto dall’immaginazione fertile del presente, dalla sua acutezza inventiva, dalla sua capacità di rapportarsi al mondo in modo nuovo e attivo.

 

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(clicca sulle immagini per ingrandirle)

Published by rossiroiss, on dicembre 1st, 2007 at 7:44 pm. Filled under: Diario, Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati

Carnevale di Ivrea

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LO STORICO CARNEVALE DI IVREA

CON ARANCE ROTTAMATE

RI-APOREDIESIMENSIONATO

IN UN LIBRO DESTINATO AI BIBLIOFILI

Ho scritto un libro che ha per argomento lo Storico Carnevale di Ivrea. E’ intitolato “Conny cara non è un carnevale” (Fullimage Studio Editore Modena – Via Monviso 51). L’ho destinato ai bibliofili e alle libreria del sito www.maremagnumlibrorum, perchè ha le caratteristiche del prodotto editoriale duraturo. Un “libro unico” che sarà commercializzato col prezzo maggiorato dopo che avrà assunto lo status dei fuori catalogo.

Contiene tutte le lettere che ho scritto durante i giorni del Carnevale 2003, divulgate dal sito ufficiale del Carnevale, di giorno in giorno in concomitanza con l’evento. Contiene anche un campionario dei malumori suscitati tra gli eporediesi, costituiti da lettere che mi sono state indirizzate, corredate dalle mie risposte “ad personam”. Con riflessioni postume et altro intrigante che può risultare indisponente. Il tutto accompagnato a una selezione di illustrazioni già note agli eporediesi, farcite con altre inedite.

Gli eporediesi chiamati in causa da me con nome e cognome (come suol dirsi!) sono (in ordine alfabetico): Adriano Fornero, Barbara Masseroni-Moia (Mugnaia 2003), Francesco Gitana (La Diana Sandro Ronchetti (Il Piffero), Simona Verani in Celleghin (Mugnaia 2000), Helena Verlucca/Hever (Editore). Oltre ai cronisti locali e ai titolari delle “Cariche” presidenziali e segretariali che sovrintendono alla organizzazione dello Storico Carnevale.

“Gli occhi del giornalista hanno visto, la mente del letterato ha pensato, lo scrittore ha assimilato, metabolizzato ed espresso emozioni e disincanti”, si legge nella presentazione firmata Jacques Gubler. “Eventuali denigrazioni possono essere concepite soltanto da eporediesi dicenti o scriventi, agiografi autoreferenziali: usi a esprimersi con linguaggio convenzionale, agiografi del localismo, registratori di ogni accadimento carnevalesco con scrittura encomiastica”.

In ognuna delle lettere, indirizzate alla Conny del titolo, c’è quanto basta per godere la lettura di ciò che risulta scritto, a prescindere dai malumori di chi le ha disapprovate. Il libro non è reperibile nelle librerie di Ivrea che lo hanno giudicato libro scomodo perché disagiografico.

Published by rossiroiss, on dicembre 1st, 2007 at 7:43 pm. Filled under: Diario, Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati

Expo Manù

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MANU’ HA DIPINTO LE SUE ULTIME OPERE
PER SPIEGARE UN REALE FANTASTICO
(dal 17 novembre in esposizione a Verona)

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Le opere che risultano esposte a Verona nelle sale della Galleria La Meridiana le suppongo dipinte da una Manù intenzionata (consapevolmente, oppure inconsapevolmente) a intrattenere con la pittura, nel tempo che verrà, rapporti più fertili che in passato: sempre più ravvicinati, intensi ed esclusivi. Diversamente dai rapporti intrattenuti contemporaneamente anche con l’illustrazione di testi letterari, a cominciare dal principio della sua attività creativa. Preso atto che non ha alimentato vanamente la propria esistenza con più interessi: dipingendo, cantando jazz,  sperimentando innamoramenti, generando due figlie.
Le sue opere dovrebbero essere, perciò, osservate come gemmazione del suo vissuto: resumèe di esperienze esistenziali (emozionali) e sperimentazioni pittoriche (formali) metabolizzate durante i 25 anni trascorsi dalla sua prima esposizione personale datata 1982. Ci risulteranno, così, dotate di una maggiore carica simbolica e agiranno in una più vasta area metaforica: risultandoci concepite, gestite e magistralmente eseguite fantasticando esistenzialità artistica alternativa e più gratificante.

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Ciò premesso, sarà più agevole decriptare la loro iconologia, “visitandole” posizionati su più livelli di significazione. Principalmente su due livelli: quello artistico-letterario e quello metaforico.
Posizionati sul livello della significazione artistica-letteraria osserveremo che l’artista in esposizione ha indiscutibilmente “una bella mano” (come suol dirsi !) e che la usa pensando a ciò che ha letto o a ciò che ha vissuto, e a come ri-narrare o rivivere raffigurando il proprio pensiero, privilegiando la surrealtà più che la realtà e metafisicizzando la fisicità.
Poiché l’ambito poetico in cui è possibile (anche facile) collocarla come pittrice raffinata e sensibile è quello surreale.
Poiché non le è estranea la poetica metafisica che tante radici di pittori surrealisti ha alimentato.
Posizionati sul livello della significazione metaforica osserveremo che Manù privilegia l’oggettistica inanimata, piuttosto che l’antropomorfismo vitale, iconizzando simboli, emblemi e simulacri di una esistenzialità sonorizzata dal silenzio, più che dalla rumorosità, routinizzata da dinamismi usurati divenuti obsoleti.
Poiché ha dipinto e continua dipingere reali soltanto le cose, connotando d’inverosimiglianza le persone o le figure.
Poiché dà forme e colori alle proprie emozioni e ai propri sentimenti (anche desideri) tramite le cose che raffigura sempre pulite, poco usate o come nuove.
Poichè nelle sue opere tutto ciò che è vetro è trasparente, tutto ciò che è superficie è lucido, su tutto ciò che è liquido non galleggia alcun rifiuto, e l’erba dei suoi prati non rivela tracce di calpestio.

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Manù appartiene indiscutibilmente alla categoria degli individui di talento, “teorizzati e schematizzati” dall’ungherese Géza Révész nel suo libro “Talento e Genio” (Garzanti 1956), perché la sua personalità artistica è costituita dalle seguenti qualità: ricchezza di esperienze interiori, fantasia artistica, originalità nella rappresentazione, aspirazione all’optimum in ogni opera finita, costante sviluppo e arricchimento dell’espressione. Qualità che personalmente le ho riconosciuto a cominciare dalla scrittura del mio primo testo esegetico per la sua prima esposizione, riconoscendogliele anche in numerose occasioni successive. Particolarmente allorchè ho scritto: Manù ha aperto uno squarcio nella siepe al di là della quale si celava il suo infinito creativo e vi si è introdotta come Alice decisa a godersi fino in fondo l’avventura artistica, costi quel che costi.
Il 2007 sarebbe stato l’anno anniversario d’argento per il nostro rapporto, se tale rapporto avesse assunto subito connotati sentimentali, anziché intellettuali. Il mio augurio è che sia comunque un anno anniversario, e che questa esposizione dia inizio a un rapporto di Manù con l’attività pittorica e il macro universo dell’artisticità sempre più appagante e totale.

(Le opere da più vicino. Manù con Enzo Rossi-Ròiss a Verona in un cortile del Palazzo Forti. L’interno dell’ex chiesetta San Marco a Marostica/Vicenza con le opere di Manù in esposizione. CLICCA SULLE IMMAGINI PER INGRANDIRLE)

Published by rossiroiss, on dicembre 1st, 2007 at 7:42 pm. Filled under: Agenda, Diario, Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati

DELL’APPROCCIO ESEGETICO ALLA VISUALITA’ DI CHI SCRIVE

L’approccio conoscitivo alle opere visuali di un creativo capace anche di scrivere con competenza specifica della sua visualità comporta rischi inesistenti allorchè si approcciano opere visuali di creativi capaci soltanto di visualizzare manifestando competenze gregarie (o di risulta) per quanto riguarda l’esercizio scrittòrio esegetico.
Comporta rischi perché le opere visuali di un creativo capace di compiere esercizi scrittòri esegetici sono dotate di Parole d’Autore (significando che hanno il dono della parola plurisemantizzata, che sono parlanti anziché mute), nel senso che sono dotate di parole scritte dal loro autore per la cosiddetta “bisogna”, diversamente dalle opere visuali di creativi dipendenti e semantizzati da parole altrui contingentate.
Tali rischi sono costituiti dagli esami comparativi cui inevitabilmente possono essere sottoposti da chiunque i testi degli esegeti militanti, scritti dopo aver letto i testi esegetici autorali.
Particolarmente nel caso di Enzo Rossi-Ròiss che da sempre e frequentemente assume il ruolo di primo esegeta della sua visualità, curando la produzione e promozione delle sue performances espositive che accredita esercitando lo jus primo judicio, con testi polistratificati linguisticamente che possono essere annoverati in ambiti scrittòri diversi: della poesia, delle dottrine estetiche, del giornalismo culturale, della duplicità ( double entendre) semantica, della letteratura tout- court.
Come approcciare esegeticamente, quindi, le sue opere intitolate “D’après senifora gidugliata”, per identificare o riconoscere la loro carica simbolica e farla esplodere in un’area metaforica più vasta possibile?
Così posta la domanda, l’Autore risponde.
Poiché ognuno vede ciò che sa o riconosce, e soltanto ciò che sa e riconosce, l’approccio esegetico sarà condizionato in ogni caso dal livello di significazione sul quale stazionerà il riguardante.
Chi stazionerà sul primo livello di significazione, soffermando la sua attenzione sul particolare iconico ricorrente che caratterizza il mio d’après, riconoscerà subito lo zampirone antizanzare, compiaciuto e soddisfatto.
Chi stazionerà sul secondo livello di significazione, soffermando la sua attenzione sullo stesso particolare iconico ricorrente, penserà e dirà che lo zampirone raffigura una spirale, rammemorando qualche significato simbolico letto in un libro o in una rivista culturale.
Chi stazionerà sul terzo livello di significazione, considerando la presenza significante nella titolazione della parola “gidugliata”, penserà che lo zampirone a forma di spirale raffigura la “giduglia” (“gidouille”, in francese) logo della Patafisica, scienza delle soluzioni immaginarie: logo spiraliforme, perciò,  del sapere patafisico che tutto ingloba e contiene all’infinito, di colore verde perché illuminato dalla fiamma della candela verde del suo ideatore e codificatore: Alfred Jarry (1877-1914) l’autore di “Ubu Roi”.

Published by rossiroiss, on dicembre 1st, 2007 at 7:41 pm. Filled under: Diario, Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati

Leggendo SENI

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Leggendo SENI:

ho vagheggiato seni ai quali non si addice la lascivia, ma la dolcezza.

Leggendo SENI:

ho vagheggiato seni lisci e sodi, senza la traccia di una piega,

né alcun indizio della rovina e della decadenza.

Leggendo SENI:

ho vagheggiato seni che, appena toccati, cedono

con l’elasticità e la morbidezza della prima maturazione.

Leggendo SENI:

ho vagheggiato seni puliti, magnanimi e benevoli,

bianchi e rotondi, eccitanti senza inganno.

Leggendo SENI:

ho vagheggiato seni che hanno delineato un esteso panorama ai miei occhi.

Leggendo SENI:

ho vagheggiato seni che non mi sono risultati calzini gonfi,

saccocce o tasche isolate e allungate.

Leggendo SENI:

ho vagheggiato seni magistrali che ho toccato per sincerarmi d’esser vivo,

seni che mi hanno fatto riconoscere l’alba palpeggiando la loro sfericità.

Leggendo SENI:

ho navigato nella laguna veneta assolata su una barca

pilotata dalle mani di una giovane donna

che ho vagheggiato a me accostata con i seni nudi al vento

affondati nell’onda di ogni mio abbraccio condiviso.

Leggendo SENI:

ho vagheggiato accarezzamenti ai seni di una giovane donna

che ho soltanto ammirato furtivamente con sguardi sovrastanti

nell’unica occasione in cui mi è stata accanto e ha fatto muovere

passi decisi e veloci senza inciampare al mio desiderio amoroso.

Published by rossiroiss, on dicembre 1st, 2007 at 7:40 pm. Filled under: Diario, Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati

IL LAGO IN SOFFITTA di Costanza Savini

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Costermano può essere annoverato come iperluogo letterario nel Dizionario delle Opere e degli Autori. Costanza Savini, giovane scrittrice residente a Bologna e sua abitante periodica, lo ha prescelto come deposito di vite vissute e fantasticate per un libro intitolato “Il lago in soffitta” edito nel 2007 da Mursia, già notiziato nel marzo 2004 col titolo “Sfollati a Costermano”. In questo libro è narrato il soggiorno in una grande villa padronale, ben nota ai costermanesi, nel periodo della Repubblica di Salò (1943.1945), dei componenti “sfollati” di più nuclei famigliari (quattro). Imparentati e comproprietari sia dell’immobile che dell’azienda agricola annessa, costretti dal regime fascista a ospitare un generale repubblichino con moglie e cinque figli. Costermano risulta già iperluogo letterario nel primo libro della Savini, pubblicato nel 2002 dall’editore Campanotto col titolo “Le saponette magiche”. Il nuovo libro, che ha la struttura e la corposità di un racconto lungo quanto un romanzo medio, però, lo sovradimensiona sino a farlo risultare luogo magico come il Macondo di Garcia Marquez. Un luogo magico nel quale sono state vissute realtà magiche, stabilendo rapporti magici con le cose, le piante e le persone vive e defunte. La quantità di vissuto personale che Costanza Savini ha riversato nei racconti già pubblicati, continuando a riversarla ne “Il lago in soffitta”, è notevole. Il “tempo” che fu dei suoi Avi, fino ai suoi genitori, con reviviscenze nel tempo attuale, è narrato con puntigliosità e precisione. Quasi certamente, la giovane scrittrice ha scelto di narrare il periodo storico dello “sfollamento” della sua famiglia, da Bologna a Costermano, e degli altri parenti con residenze in altre città bersagliate dai bombardamenti, alla ricerca di ciò che è stata la sua adolescenza nella grande villa sulle pendici del monte Baldo, di fronte al lago di Garda: per mettere a fuoco la propria identità interiore ed esteriore (abiti compresi) nel tempo della sua esperienza scrittòria. La verosimiglianza delle vicende narrate risulta compiuta. L’epoca storica e gli accadimenti che la connotano è indiscutibile, oltre che dettagliata, anche per quanto riguarda le date. Come protagonista principale, al lettore s’impone l’adolescente Nina, onnipresente e iperintraprendente: inequivocabilmente alter-ego della scrittrice che la rivive reincarnata in sé consapevolmente e con compiacimento. Nina è un’adolescente che si è predestinata a diventare scrittrice, affascinata da tutto ciò che riguarda l’esoterismo, attenta a cogliere ogni manifestazione dell’invisibile, attratta dal mistero. Ragion per cui effettua incursioni nel paranormale, nello spiritismo e nei fenomeni di percezione extrasensoriale, coinvolgendo i cugini coetanei nelle sue ricerche e nei suoi esperimenti, i cui esiti sono rivelati nelle ultime pagine. Concludo scrivendo che Costanza Savini ha progettato e realizzato il suo nuovo libro come “libro per tutti”. Il “vero storico” lo ha appreso, ovviamente, dai genitori: successivamente lo ha “verificato” leggendo libri e conversando con persone coetanee dei genitori. Il “nerbo” dell’intera narrazione è costituito da un notevole biografismo trasfigurato in invenzione letteraria verosimile. Le incursioni nel paranormale si fanno supporre supportate da conoscenza sperimentata e non soltanto libresca.

Read more…?

Published by rossiroiss, on dicembre 1st, 2007 at 7:39 pm. Filled under: Diario, Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati

EUROCARNI IN TRIBUNALE

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CONVOCATO DA LOLITA TIMOFEEVA

Potrebbe accadere (come è già accaduto) che la pittrice lettone russofona Lolita Timofeeva, cittadina italiana dal 1993, disapprovi la riproduzione nel magazine “Eurocarni” di un suo dipinto (ritratto di Giorgio Guazzaloca), come illustrazione no-profit di un testo che ha per argomento il Guazzaloca neo-sindaco di Bologna e Presidente dei Macellai d’Italia, disapprovando il servizio reso perché “disagiografico”.
Potrebbe accadere (come è già accaduto) che la Timofeeva manifesti il proprio disappunto telefonicamente al direttore-editore del magazine “Eurocarni” in rapporti di conoscenza ravvicinata col Guazzaloca, irritandolo tanto da essere mandata, con l’equivalente di un “vaffa”, al suo paese di origine.
Potrebbe accadere (come è già accaduto) che la Timofeeva incarichi (a questo punto e per ripicca!) un ufficio legale di tutelare i suoi interessi come previsto dalla legge 22.04.1941 n°633, e che la bolognese Lavinia Savini nata nel 1975, avvocatessa in carriera dal 2002 (www.savinilex.it – Consulenza Legale Diritto d’Autore) sposi la sua causa (come suol dirsi!), prospettandosi una transazione amichevole tesa ad ottenere 50.000 euro dal gruppo editoriale Pubblicità Italia editore di “Eurocarni” come risarcimento per il diritto d’autore violato.
Potrebbe accadere (come è già accaduto) che l’editore-direttore di “Eurocarni” (Benedetti) incarichi, invece, l’avvocato bolognese Alfredo Pasquariello di “assisterlo in giudizio” (come suol dirsi!), rifiutando la transazione, deciso a far decidere al Tribunale se ha violato il diritto d’autore della Timofeeva, riproducendo un dipinto riprodotto impunemente, sia prima che dopo, anche da altri media (sia web che cartacei).
Potrebbe accadere (come è già accaduto) che il Tribunale di Bologna affidi la pratica al giudice Pasquale Liccardo della 4a Sezione Civile e che tale giudice scelga come “giorno del primo giudizio” il 17 ottobre 2007.
Potrebbe accadere (come è già accaduto) che il giudice Liccardo si rifiuti di prendere in considerazione la documentazione esibita dal duo Timofeeva-Savini il 17 ottobre 2007, fissando una data del 2009 per l’udienza successiva.
Poichè è già accaduto ciò che non doveva accadere, scrivo: “Chi vivrà saprà e vedrà! Fra alcuni anni che profetizzo numerosi, alla fine di un percorso giudiziario che risulterà costoso per le tante udienze che gli avvocati delle parti in conflitto saranno interessati a produrre e collezionare per essere monetizzate, con altri servizi”.
Domandandomi: “Accadrà di leggere nel dispositivo della sentenza finale che il magazine “Eurocarni” non ha violato alcun diritto d’autore illustrando no-profit un testo con la riproduzione di un dipinto che ritrae il personaggio argomentato? Accadrà a Lolita Timofeeva di manifestare riconoscenza a chiunque la notizierà in futuro come pittrice, riproducendo non-profit suoi dipinti, diversamente dalle tante riviste d’arte chi si fanno pagare per riprodurre e propagandare dipinti et altro d’autori contemporanei e suoi coetanei senza fissa dimora mercantile, viandanti su percorsi amicali marginalizzanti, sponsorizzati soltanto dalla propria intraprendenza inadeguata a surrogare le professionalità del menagement?”.
Per quanto mi riguarda notizierò ogni udienza di ogni “grado” della vicenda giudiziaria, auspicando un esito favorevole al magazine “Erocarni” e al suo editore, contrariamente alle aspettative velleitarie della Timofeeva e della sua ambiziosa avvocatessa, perché il dispositivo della sentenza abbia lettori (e conoscitori) “urbi et orbi” e costituisca un precedente giurisprudenziale esemplare e “dissuasorio” per ogni altra iniziativa simile d’artista emulo della pittrice lettone italiana.

Published by rossiroiss, on dicembre 1st, 2007 at 7:37 pm. Filled under: Diario, Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati

DEL VERNISSAGE LETTONE A VENEZIA

PRESENTE IL MINISTRO DEMAKOVA

Helena Demakova, ministro della cultura e critico d’arte militante, nel ruolo di papessa officiante compiaciuta tra connazionali compiacenti, ha presenziato a Venezia il vernissage del padiglione allestito dalla Repubblica di Lettonia per la Biennale Internazionale d’Arte 2007, negli spazi angusti della Scoletta San Giovanni Battista. Durante uno dei giorni vernissage della 52° Biennale, ha presenziato la cerimonia all’aperto nel Campo Bandiera e Moro o della Bragora, data l’inadeguatezza volumetrica degli spazi interni della “Scoletta” insufficienti a contenere i convenuti: blasonati dalla presenza di Astra Kurme, Ambasciatore di Lettonia a Roma, e Alexis Naumovs rettore in pectore dell’Accademia di Belle Arti di Riga.
Chi ha assistito alla cerimonia, casualmente presente in tale luogo, ha pensato che l’intellighentia artistica lettone, ufficializzata e sostenuta dalle Istituzioni Statali, si è così autocelebrata perchè convinta di avere acquisito la conoscenza di tutti i segreti della promozione artistica e che sia pervasa, perciò, da autocompiacimento conclamato. Orgasmata e soddisfatta dalla eco massmediatica,che suscita in lingua lettone, sia web che cartacea, con ognuna delle sue performances in territorio straniero compiute col soccorso del Ministero della Cultura nazionale: exemplata da “Kulturas-Forum”, special issue, june 7, 2007.
“Ci si libera più facilmente di una ideologia che di una mentalità”, è stato detto da un intellettuale italiano presente. “La mentalità è una pelle che è difficile togliersi di dosso”.
Nella Lettonia, stato membro UE dal 2004, persiste l’imprinting del socialismo reale sovietico. Poiché nei cittadini lettoni nati 20-30 anni prima della caduta del Muro di Berlino, persiste la forma mentis di chi è stato educato e acculturato in un contesto socio-economico e culturale sovietizzato. Tanto che i politici al potere ufficializzano e presenziano gli eventi pubblici autocelebrandosi con una ritualità che simula l’ex ritualità sovietica

Published by rossiroiss, on dicembre 1st, 2007 at 7:33 pm. Filled under: Diario, Enzo Rossi-RòissCommenti disabilitati