DI UNA CENA ULTIMA & SILENZIOSA
Lui fu invitato a cena da lei, che stabilì l’ora e il luogo: ore 20 nella sua casa. Alle ore 19 del giorno prefissato lei telefonò a lui per dire che l’appuntamento poteva essere anticipato, poiché aveva fame. Lui la raggiunse immediatamente, dopo averle detto: “Mi raccomando il cerimoniale e il look”.
Appena arrivato, lui disapprovò subito sia il cerimoniale che il look di lei che si giustificò dicendo: “Ti accolgo come uno di famiglia”.
Lui pensò: “Senza tante cerimonie e rispettosità o riguardi… però!”. Un angolo del tavolo gli risultò apparecchiato approssimativamente per la cosiddetta “bisogna”.
Lei gli servì un’abbondante razione di tagliatelle cotte e condite in fretta e furia, una doppia razione di tagliatelle in un unico piatto, con tutto il condimento sulla superficie da mescolare con una forchetta unica. Lui chiese un cucchiaio, gli fu data un’altra forchetta. Mescolando le tagliatelle con le due forchette, il piatto che le conteneva assunse ai suoi occhi le caratteristiche e la funzione di una terrina per gatti.
Lui mangiò tutte le tagliatelle. Lei ne mangiò una forchettata soltanto, prima di mangiare una porzione d’insalata di pollo, residuo di un pasto precedente. Anche a lui fu data da mangiare carne di pollo in insalata, dopo le tagliatelle. Pochissimo il pane a disposizione, e per di più raffermo.
Tutto ciò in religioso silenzio o mutismo condiviso, avendo per colonna sonora la musica leggera trasmessa da un apparecchio radio.
Niente frutta sul tavolo. Quando lui manifestò il desiderio di mangiare una mela, lei gliela servì con un coltello inadatto a sbucciarla.
Lei mangiò pochissimo, malgrado la fame comunicata telefonicamente. Bevve un’intera bottiglia di vino rosso, però. Lui disse che non voleva bere un caffè, quando gli fu chiesto se lo desiderava. Poi, cominciò a ispezionare il livello della piena d’intollerabilità della sua presenza in quella casa, deciso ad andar via nel momento in cui lo avrebbe considerato eccessivamente vicino alla linea rossa.
Allora, lei gli mise in mano il catalogo di una esposizione estiva d’arte collettiva, allestita con opere di “artisti stranieri in Italia” (senza gloria e senza infamia, sia l’esposizione che gli artisti), a cura di un critico d’arte della categoria “critico squillo”, disponibile a darsi visibilità e ruolo esegetico feriale “laudando”anche l’inlaudabile.
Lui sfogliò in silenzio il catalogo. Non disse a lei: “Sei straniera in Italia: ciò ti basterà vita-natural-durante per essere invitata a partecipare ogni volta con un’opera a esposizioni collettive organizzate una-tantum annualmente nel luogo natio, da organizzatori stanziali che prescindono dall’artisticità dei manu-dipinti o manu-modellati inviati dagli artisti partecipanti”.
Lei e lui si tennero compagnia silenziosi e seduti su sedie distanti, per il tempo di un’ora o poco più: un tempo che a lui risultò lungo più ore.
Il livello della linea d’intollerabilità della sua presenza nella casa di lei, raggiunse la linea rossa nel momento in cui lui disse “No”, rispondendo alla domanda “Vuoi vedere i disegni che ho preparato per il libro di un poeta amico mio?”, pronunciata da lei.
Non guardò i disegni proposti, per negarsi come interlocutore provvisto di conoscenza specifica, pensando: “Sono stato invitato a consumare una cena frugale, mediocremente costituita e servita da una donna interessata soltanto a ricevere attenzioni come creativa e opinioni pertinenti relative all’artisticità delle sue creazioni”.
Poi disse: “Il fuoco è spento nel tuo camino. Io non ho portato legna da ardere. Tu non ce l’hai. Fa freddo. Tu non hai niente da dare e meno ancora da dire. Ciò che ho da dire non lo dico, perché mi manca l’interlocutrice. Ciò che ho da dare, lo darò a qualcun’altra. Vado via!”.
E andò via, chiedendosi più volte, strada facendo: “In quali circostanze (come e perché) ci si connota portatori sani o portatrici sane di mediocrità?”.
Fu quella sera che lei uscì fuori dall’universo di lui e si avviò sul percorso esistenziale che l’avrebbe condotta là dove avrebbe completato la sua desertificazione sentimentale, destinandosi a essere connotata come persona la cui vita sarà ricordata perchè è stata una lei interamente legata per alcuni anni alla vita di un lui eccezionale, tanto da fallire successivamente ogni altro legame con altri lui facsimili.