DI UN NONNO GIOCATORE IN CAMPO DURANTE I TEMPI SUPPLEMENTARI
Un uomo della mia età… l’età di molti!,
dopo aver appreso che sarebbe stato ruolato nonno,
ha cominciato a percepirsi in buona salute,
coetaneo di similgenetliacati bis-nonni…badati:
prefigurandosi la propria esistenzialità residua,
durante l’attraversamento di un tunnel
con l’accesso sulla linea di un orizzonte
retrostante all’orizzonte che gli risulta visibile.
Un tunnel privo di ogni indicazione evidenziata,
relativa alla sua lunghezza e alle sue sicurezze,
nel momento in cui ha cominciato a pensare
come dovrà relazionarsi con un nipotino,
in concomitanza col suo 79esimo compleanno,
genitore d’antan di un 55enne senza prole
divenuto zio coetaneo di similanagrafati già nonni.
Quest’uomo della mia età… l’età di molti!,
mi ha scelto, perciò e d’amblè, come scrittore ombra
della sua esistenzialità di ottuagenario non scribente,
durante uno dei giorni prenatalizzi del 2015.
Annunciandomi che durante l’anno bisesto 2016
sarebbe divenuto nonno dI un nascituro primogenito,
destinato a distinguersi nomato e geneticato ad hoc,
figlio primogenito di una donna che è sua figlia:
zodiacato Vergine come la madre e il nonno.
Non disponendo di alcun modello di nonno da emulare,
l’uomo della mia età… l’età di molti!, però,
mi ha incaricato di pensare in sua vece
come attraversare il tunnel del nuovo orizzonte,
consigliandolo riguardo al “Che fare” canonico:
poiché non dispone di alcun sapere adeguato.
Mi ha chiesto “sic stantibus in rebus”
di essere e scrivere come suo alter ego.
Anticipandomi che può assumere soltanto l’impegno
a fornirmi esercizi di narrazione orale autobiografante,
come exemplifico qui di seguito perché sia parafrasato:
narrandomi altri nonni come io narrerò i miei,
presenze referenziali mancate loro malgrado.
DEL MIO NONNO MATERNO
Del mio nonno materno Salvatore Pesce (1882 – 1946), nato nell’anno delle morte di Giuseppe Garibaldi e morto nell’anno della nascita postbellica della Repubblica Italiana, posseggo alcune immagini fotografiche che lo ritraggono in abiti domenicali aggruppato ai famigli. Conoscitore del suo micro universo sociale abitato e redditato dagli operatori economici e dai lavoratori agricoli. Estimatore, quindi, soltanto delle eccellenze socio-economiche e culturali relative all’agricoltura.
Posso scrivere che ha generato figliolanza alfabetizzata (2 donne Rosaria e Genoveffa + 1 uomo Luigi): scrivendo che nella società civile del suo tempo ebbe ruolo di fattòre (facitore, curatore, agente) agricolo nel territorio salentino, privo di possedimenti personali, caratterializzato da sospettosità per ogni immigrato nel suo territorio, non considerandolo portatore di eccellenza in attività lavorative diverse da quelle agricole. Come il mio papà, eccellente maestro muratore “Mesciu Pippi te Manduria”, molto apprezzato in loco: indesiderabile, però, come possibile marito di una delle sue figlie, perché generato da una donna più volte vedova rimaritata e madre di figli diversamente cognomati (1 Accetta + 4 Rossi + 2 Maggi).
Durante i primi 8 anni della mia esistenza, ricordo di averlo incontrato episodicamente scambiandoci affettuosità rituali in occasione delle festività religiose locali e nazionali. Testardamente ostile a mio padre perché era riuscito a sposare una delle sue figlie, previo rapimento (fuitina) consenziente.
L’ho sempre incontrato nella sua residenza campagnola limitrofa a un insediamento urbano salentino nomato Novoli: una residenza privata soprastante un groviglio di ambienti per le attività lavorative agricole, con agrumeto e pozzo con acqua sorgiva: contornato da muratura tufacea accessibile attraverso un’apertura ostacolata da un cancello ferroso lucchettato. Continguo, tutto ciò, ad altre residenze famigliari private: con uso collettivo di piccola chiesa consacrata a Santa Lucia. Un mini villaggio, quasi, destinato a essere fagocitato durante i decenni successivi dalla urbanizzazione confinante.
Questo nonno mi ha privato della sua esistenza 9 anni dopo la mia nascita senza alcun ricordo dei nostri rapporti impresso in modo indelebile nella mia memoria.
DEL MIO NONNO PATERNO
Non posseggo immagini né ricordi del mio nonno paterno Vincenzo Rossi, nato nel 1867 a Caserta luogo personale di provenienza anagrafica, imparentato con i Rossi comprensivi anche del giornalista Ernesto Rossi (1897-1967). Un nonno redditato a Barletta dall’azienda ferroviaria dell’epoca, presso la quale risultò qualificato “commesso ferroviere”, un nonno alfabetizzato capace di leggere e scrivere, quindi. La mia calligrafia somiglia alla sua, particolarmente la mia firma autografa giovanile confrontata alla sua firma autografa apposta nel registro anagrafico dei matrimoni contratti a Barletta nell’anno 1902 (stesso nome e cognome). Una firma vergata senza esitazione dalla mano di un uomo ben alfabetizzato (dati i tempi!) lavorante in un ufficio, obbligato a firmare documenti burocratici più volte durante la stessa giornata lavorativa.
Trentacinquenne sposò nel 1902 (l’8 giugno a Barletta) una giovane vedova casalinga analfabeta (Maria Savina Dellisanti) 25enne gravida e già madre di un figlio unico nomato Michele Accetta (nato il 15.6.1899): generando e scolarizzando durante gli anni successivi quattro figli cognomati Rossi, compreso mio padre Giuseppe, nato quartogenito nel 1908 (terzo dei Rossi).
A Barletta, la famiglia del mio nonno paterno ha vissuto in un appartamento col l’accesso nell’androne di un edificio costruito fuori della stazione ferroviaria a sinistra, poi ancora a sinistra, un grande arco, quindi un cortile. Il rapporto con la Dellisanti, vedova 25enne e già madre di un bambino 2enne, lo suppongo iniziato come rapporto di servizio, sia collaborativo sia abitativo, divenuto ravvicinato e clandestinamente sessuale fino al matrimonio riparatore.
Questo nonno mi è stato narrato da mio padre come un nonno morto misteriosamente 46enne, sette mesi dopo l’inizio della prima Grande Guerra, il 21 febbraio 1915 alle ore 17,20, in Vico Chiuso Abate n.10 a Barletta. Fu sepolto in una fossa comune.
“Il nonno aveva tentato il suicidio con un colpo di pistola, disperato per un male dolorosissimo, ma la moglie giunta in tempo gliel’aveva impedito. La vox populi divulgò come notizia la sua morte, dicendo che era stato affatturato e avvelenato da maleintenzionati a causa della sua dirittura morale ”, mi ha più volte detto mio padre ammirato.
Morto questo nonno, la mia nonna paterna sperimentò nuovamente la condizione di vedova (38enne) con cinque figli a carico (3 maschi Michele, Giovanni e Giuseppe + 2 femmine Anna a Lucia, ultima nata nel 1912): destinandosi a generare altri due figli Nicola e Leonarda) durante il dopoguerra, maritata (42enne, il 22 aprile 1919) ad un piccolo proprietario terriero (Filippo Pasquale Maggi), insediato a Uggiano Montefusco nei pressi di Manduria in provincia di Taranto, che sarebbe poi morto anagrafandola vedova per la terza volta: fino al 16 gennaio 1957, giorno della sua morte.
Funzionario dell’azienda ferroviaria a Barletta, proveniente dai Rossi di Caserta, ben alfabetizzato già durante gli ultimi anni del 1800: con questo nonno avrei sicuramente intrattenuto rapporti fertili, fosse morto alcuni anni dopo la mia nascita. Fosse vissuto tanto da educare e scolarizzare ulteriormente i suoi figli, dando loro la possibilità di frequentare istituti scolastici superiori a quelli delle elementari. Come è accaduto ai suoi nipoti e ai figli dei suoi nipoti (me compreso, con i miei figli!) ripristinatori e restauratori del loro ceto socioculturale originario…nonnesco.