Enzo Rossi-Roiss

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DI CARLA LEONELLI VULVOICONOLOGA

 

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Ne ha modellate abbastanza. Possono essere collettivizzate singolarmente oppure esposte in toto come calchi memoriali e memorabili. Ognuna uguale a se stessa e diversa da ogni altra. Dischiuse, aperte, spalancate. Con inclusioni materiche “autre” sopra, dentro, fuori, attraverso.
Possono essere installate sulle pareti di una galleria d’arte una accanto all’altra, oppure di seguito come fotogrammi di una pellicola cinematografica.
Nel momento in cui sono stato invitato a visionarle, mi è stato detto subito che dovevo prenderle in considerazione come opere d’arte plastica modellate da mani di donna. Per impedirmi di supporre come Artefice un uomo e di pensarlo emulo di Giacomo Casanova, collezionista d’innamoramenti e rapporti intimi subitanei con ciò che distingue la donna dall’uomo inequivocabilmente.
Non sono tavolette assiro-babilonesi, illustrazioni millenarie per poemi erotici mesopotamici, ma due versi del “Gilgamesh” li ho immediatamente ricordati appena le ho viste nella casa atelier della loro creatrice la bolognese Carla Leonelli. Li trascrivo “pour les amateurs”: Oh mio Ishullanu fammi godere della tua virilità,  /  stendi la tua mano, portala alla mia vulva.
Perché di vulve si tratta, in alto e basso rilievo su tavolette d’argilla. Una collezione di vulve della quali Apollinaire redivivo distinguerebbe i più sottili viticci del vello e li canterebbe, decantandoli come quelli di Madeleine, presenti come rilievi e graffiti.
Si tratta di vulve che nelle narrazioni del cinese Li Yu (1611 – 1680) sono grotte nelle quali è possibile praticare il gioco del vento e della luna per procurare l’indicibile piacere della nuvola che scoppia.
Si tratta di aperture attraverso le quali l’uomo può introdursi nei castelli della goduria panica che non fa incanutire prematuramente e dove è consentito ringiovanire durante più anni della propria vita.
“Ci si perde, ci s’inabissa, ci si annienta nell’esaminare una vulva quando è graziosa, si vorrebbe non essere altro che un fallo per poter farsi inghiottire”, ha scritto Henry Miller.
Si tratta di avvallamenti coperti da rada erbetta o fitti cespugli.
Si tratta di labbra per il suono di strumenti ancialati.
Si tratta di solchi tracciati tra cosce nei quali possiamo seminarci e germogliare.
Si tratta di crateri che possiamo fare eruttare.
Si tratta di panieri donneschi nei quali l’uomo può radunare tutta la sua mascolinità.

Published by admin, on gennaio 2nd, 2010 at 8:17 pm. Filled under: Enzo Rossi-Ròiss1 Comment