DELLE SETTE OPERE DI PIERO MANZONI VENDUTE DALL’AVVOCATO PELIZZARI A UN COLLEZIONISTA DANESE
diventa un giallo
Milano, mistero sull’origine di 7 presunte opere di Piero Manzoni
di MARIO CONSANI
Piero Manzoni, l’artista morto nel marzo 1963
Milano, 23 gennaio 2017 - E il processo per i sette (falsi?) Piero Manzoni si tinge di giallo… Meglio, di nero. Imputato è l’avvocato bresciano Carlo Pelizzari, che il pm Luigi Luzi accusa di ricettazione, messa in commercio di opere d’arte contraffatte e truffa. Il presunto raggirato è J.G., facoltoso commerciante danese appassionato d’arte contemporanea, assistito dall’avvocato Eugenio Losco, che da Pelizzari acquistò – pagandole in blocco 210mila euro – sette opere dell’enfant prodige scomparso trentenne all’inizio degli anni ’60 lasciando i suoi Achrome e la Merda d’artista, i cui lavori originali, oggi, raggiungono quotazioni da capogiro. Al centro della vicenda ci sono loro, quattro Tela grinzata, una Ovatta a rettangoli e due Pacco di carta di giornale, tutte firmate Piero Manzoni ma che, per la Fondazione che porta il suo nome, sarebbero
Ma ecco il colpo di scena a tinte noir. Nell’aula del tribunale, davanti al giudice Monica Amicone, si sono costituite parte civile (rivendicando la proprietà dei sette lavori) moglie e due figlie di Giovanni Schubert, noto gallerista milanese che sette anni fa venne ucciso, fatto a pezzi e gettato nel Naviglio da un suo giovane collaboratore (poi condannato all’ergastolo), che l’anziana vittima sapeva essersi appropriato di alcuni quadri della galleria per poi rivenderli. Ma perché le eredi Schubert ora rivendicano la proprietà dei sette Manzoni? Perché – dicono – l’avvocato Pelizzari imputato della presunta truffa è, guarda caso, la stessa persona che anni fa aveva conquistato la fiducia di Schubert, uno dei pochi a poter entrare nei locali dove il celebre gallerista custodiva i quadri di sua proprietà.
Locali che, dopo l’omicidio-choc, risultarono misteriosamente quasi vuoti. Ma non è finita. Cinque anni prima di essere barbaramente ucciso, infatti, lo stesso Schubert era rimasto coinvolto (addirittura arrestato, ma poi prosciolto) in un’inchiesta della procura campana di Santa Maria Capua Vetere su un giro di falsi attribuiti a Mario Schifano, altro pratogonista dell’arte contemporanea. In quell’occasione gli investigatori sequestrarono a Schubert opere di vari artisti, compresi due Manzoni che già all’epoca ritennero falsi e che ora sono, insieme agli altri cinque, al centro della vicenda processuale. E allora l’ultimo dubbio che rimane è sul perché gli eredi del gallerista siano entrati nel processo per poter rimettere le mani sulle sette opere di Piero Manzoni ritenute ufficialmente contraffatte. Ma sarà proprio vero che lo sono?
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