IL “CORPUS HERMETICUM” DI LOLITA TIMOFEEVA ESPOSTO IN UNA GALLERIA GREGARIA A RIGA
LA NOTIZIA – Lolita Timofeeva, la pittrice lettone italiana russofona che ha la casa e l’atelier a Bologna, si è data visibilità espositiva allestendo una mostra d’arte nella sua città natale (Riga) capitale di una repubblica europea (Lettonia) stazionata fuori dall’eurozona perché sorvegliata speciale a rischio default con bancarotta. L’ha allestita esponendo 39 disegni (cm. 50×35) eseguiti durante il 2008 su carta acquerellata con fondi di caffè diluiti: tutti proposti come “bozzetti” di altrettanti dipinti di un ciclo intitolato Corpus Hermeticum; tutti concepiti e realizzati rispettando le costanti materiche, formali e poetiche con eleganza e perizia compositiva, proprie di ogni individualità creativa capace ed eclettica, dotata di versatilità istintiva e connaturata.
“ Una piccola anteprima di una grande mostra sulla quale (più corretto “per la quale”) sto lavorando ormai da più di tre anni”, ha scritto: auto-eventizzandola nel blog personale.
L’ha allestita nel monovano espositivo della Tifana Gallery (http://www.tifanagallery.com), inaugurandola il 27 aprile (durata fino al 26 giugno). Con famigli e conoscenti ruolati figuranti e animatori di un vernissage disertato dall’establishement artistico e culturale righese. Presente al momento dell’inaugurazione soltanto il pittore Janis Andris, ex rettore dell’Accademia di Belle Arti.
Assente Solvita Krese, director del Latvian Centre for Contemporary Art, che continua a contestare la Timofeeva come rappresentante artistica della Repubblica di Lettonia nella Biennale di venezia 1997, considerandola straniera perchè cittadina italiana dal 1993: solidale in ciò con Helena Demakova, critico d’arte lettone militante ed ex ministro della cultura. Assente anche Inga Steimane, editor in chief del settimanale Kulturas Forum, e qualche redattore della rivista Studia. Assenti in gran numero perfino gli artisti lettoni esposti nella Artefiera 1995, anche per suo merito. Assenti le rappresentanze delle Istituzioni italiane insediate a Riga e del Latvia Museum of Foreign Art nel quale difficilmente tornerà in esposizione come star “straniera” protagonista.
IL COMMENTO – L’esposizione è risultata griffata dall’autarchia per quanto riguarda la organizzazione, la promozione, la sponsorizzazione, la “esegesi” e la masmediatizzazione sia web sia cartacea, non supportata da un catalogo o una brochure, allestita in una galleria d’arte gregaria, poco ambita come spazio espositivo dalle “firme” artistiche lettoni, imparagonabile (per es.) alle gallerie Rigas, Daugava, Bastejs: ognuna diversamente leader e diversamente attiva sia in patria sia all’estero. Risultando anche connotata come una rimpatriata organizzata dall’artista, per curricularsi protagonista di un evento espositivo personale nella città natia. Una Timofeeva in difficoltà per quanto riguarda la organizzazione di expo personali in Italia e altrove (nessuna personale allestita durante gli anni 2006-2009), perché priva di mentori influenti e di promoter adeguatamente relazionati, detentori di potere organizzativo e dotati di supporters personali.
Sconveniente ogni esame comparativo dell’esposizione nella Tifana Gallery con le tre esposizioni precedenti allestite dalla stessa pittrice a Riga in altre location, a cominciare dalla prima (memorabile!) datata 1996 nello spazio della Rigas Vini, iper-massmediatizzata in più lingue (italiana, lettone e russa), che fu inaugurata da Umberto Pestalozzi Ambasciatore d’Italia in Lettonia, presente Indulis Zarins, storico e prestigioso rettore dell’Accademia di Belle Arti, con al seguito alcuni docenti subalterni, e un folto gruppo di italiani appositamente giunti con un volo charter Rimini-Riga, durante il quale Emanuele Viscuso improvvisò a 11.000 metri di altitudine l’esposizione di alcune sue mini sculture in legno in viaggio per essere esposte a Riga.
IL GIUDIZIO – Una esposizione personale spadrinata e spresidentata (anche disassesorata), allestita, dove e come è stato possibile, per interrompere un prolungato periodo di astinenza espositiva, destinata a suscitare una flebile eco massmediatica in ogni lingua. Una performance approvata in primis (e soltanto) dall’amicalità indulgente di conoscenze d’ambo i sessi in tutt’altre faccende egotiche affaccendate, sia in Lettonia sia in Italia. Hortus conclusus (… giardino chiuso tu sei, sorella mia, sposa, giardino chiuso, fontana sigillata), di un creativa polimorfa lettone italiana, sedicente “ibrida”, self-promoter in trasferta nel loco natio. Un esperimento eseguito prospettandosi l’eventuale ritorno nell’alveo esistenziale originario dove scorrono e continueranno a scorrere le sue affettuosità parentelali, benefit provvidenziali e previdenziali, nel momento in cui dovesse decidere di trascorrere in compagnia badante e rassicurante il tempo residuo della sua esistenza: dovesse rivelarsi disagevole continuare a festeggiare in Italia genetliaci antaizzati tra conoscenti trovati e smarriti, di puro servizio contingente, in gran numero convenzionali o provvisori. (dal Blog: http://www.lampisterie.ilcannocchiale.it)