DELL’ARTE DELLA CARTAPESTA
ESPOSTA DAL MUSEO DIOCESANO A MILANO
foto: Statue presepiali policrome in cartapesta genovese della prima metà del sec.XVIII (h. cm.42). Cat. Asta San Marco, Venezia 21 ottobre 2007.
Il cosiddetto “più” è stato fatto, documentato da un libro della Silvana Editoriale, con testi di Autori Vari e riproduzioni di opere rinvenute nel qua e là nazionale ispezionato ad hoc per la cosiddetta bisogna. Cento e più sculture variamente modellate e colorate in epoche e località differenti, da artisti eccellenti e artigiani diligenti, assembrando alla svelta, o per convenienza contingente, carta in fogli a materiali diversi, sono state campionate in una esposizione dal Museo Diocesano di Milano (15 gennaio – 30 marzo 2008), per celebrare “…Sansovino, Bernini e i Maestri leccesi tra tecnica e artificio”, escludendo i Maestri del barocchetto bolognese e i loro emuli e continuatori, Maestri cartapestai della Bottega Dei Graziani a Faenza fino al 1930.
La quantità di cartapesta ( carta pestata!) rilevabile nelle opere esposte modellate in epoca precedente al sec. XVII è alquanto modesta, però, perché c’è tanta stoffa scaiolata o scaiola stoffata, supportata da materiali eterogenei: gesso, stucco, terracotta, paglia, fieno, sughero, bambagia, creta, stoppa, canne, cimatura, legno, fil di ferro, saggina. E’ possibile appurare ciò carotando ognuna delle opere esposte e sottoponendo ogni reperto carotato ad un attento e specifico esame merceologico.
Indicarle come sculture di cartapesta tout-court, perciò, significa assumersi “irresponsabilità” classificatorie a beneficio soltanto della commercializzazione di opere del genere nelle fiere antiquarie. Più opportuno, sarebbe, considerarle opere plastiche polimateriche, perché costituite da un insieme di più materiali, se modellate fino alla fine del 1700 e durante i primi decenni del secolo successivo. Considerandole modellate strutturando carta, più che poltiglia di carta, se d’epoca successiva al 1700. Tutte ”oggetti materiali” artigianali, più che artistici, dipinti perché colorati da dipintori, anzichè pitturati da pittori. Stereotipia plastica a gogò , quindi, realizzata col soccorso di collanti rudimentali autarchici, fino al momento in cui non sono stati disponibili altri collanti alternativi
Paolo Biscottini, direttore del Museo Diocesano milanese, ha scritto: ”Siamo consapevoli dei limiti entro cui ci siamo mossi, come la scarsità di studi sistematici sull’argomento”. In buona fede, quasi certamente: perchè i suoi collaboratori leccesi non gli hanno fornito i miei due libri “Cartapesta & Cartapestai” (1983) e “Cartapesteide” (2006), elencati nella bibliografia senza il nome della casa editrice e col nome del luogo di edizione sbagliato (il primo), senza il nome della casa editrice il secondo. Libri-dossier imbarazzanti (scomodi) per i cartapestologi e i cartapestofori leccesi, scritti da un autore che dell’arte della cartapesta ha cominciato a scrivere nel 1959: contenitori di testi che Caterina Ragusa ha trascritto e assemblato per laurearsi e ruolarsi cartapestolga, fino a meritare l’assunzione di una carica dirigenziale presso la Soprintendenza per il Patrimonio Storico e Artistico delle tre province salentine.
Siccome mi è stato detto che l’esposizione milanese sarà replicata a Lecce, suggerisco di completarla con qualcuna delle opere modellate a Bologna e a Faenza, tema iconografico di una esposizione fotografica pronta per essere allestita.