Enzo Rossi-Roiss

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Dossier Piero Manzoni (tomo secondo)

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LAVORI IN CORSO PER IL TOMO SECONDO

DEL “DOSSIER PIERO MANZONI “

LEGGERE COPIARE E DIVULGARE

Considerando che Piero Manzoni è morto in solitudine il 6 febbraio 1963, disagiato dal clima invernale nel suo atelier milanese (in via Fiori Chiari 16), con nessuna opera disponibile in tale luogo per essere ereditata dalla madre e dalle sorelle (2) e fratelli (2). (Ho appreso della sua morte nel bar di via Fiori Chiari, in angolo con via Brera: proveniente dal numero 11 di via Brera, l’indirizzo della rivista d’arte e letteratura “Nucleo D” da me redatta e diretta).

Considerando che le prime opere di Piero Manzoni in bella vista sui muri delle abitazioni occupate dai suoi parenti, è possibile documentarle possedute e presenti (fotografate) soltanto in anni successivi al 1963, sempre più numerose durante gli Anni 70: anni delle prime esposizioni postume celebrative e dei lavori compiuti (dal duo Celant-Prearo) per realizzare approssimativamente la prima “catalogazione generale” nel 1975, con 802 riproduzioni fotografiche di altrettanti “oggetti materiali” eterogenei inventariati come “opere” autentiche. (Catalogazione indagata e dossierata nel mio “Dossier Piero Manzoni – tomo primo”, Edizioni Svolta 1991).

Considerando che Piero Manzoni vivente non ha autografato le sue opere titolate “Achrome” e che gli esaminatori al servizio dell’Archivio autenticatorio sono tutti esaminatori esperti postumi: Flaminio Gualdoni, compreso, esegeta ortodosso e biografo manzonodulo, intellettualizzato da arredo pilifero facciale contrapposto alla mancanza somatica di arredo pilifero craniale.

Considerando che risultano numerose le opere di Piero Manzoni giudicate non autentiche e perciò discriminate (penalizzate), con diffida dell’Archivio familistico a mercanteggiarle con profitto: tutte opere da riesaminare, eventualmente, che sono disposto a pubblicizzare come illustrazioni del mio “Dosssier Piero Manzoni – tomo secondo”, già disponibile per essere realizzato cartaceo, anticipandolo (eventualmente) e-book.

Considerando l’alto costo delle opere di Piero Manzoni in vendita nelle fiere dell’arte e presso le case d’asta, accreditate come opere autentiche dall’Archivio Opera Piero Manzoni: un Archivio familistico detentore del copyright ereditato e beneficiario del cosiddetto “diritto di seguito” indotto.

Considerando ogni opera di Piero Manzoni incontestabilmente autentica, posseduta da collezionista privato o istituzione museale pubblica, patrimonio culturale nazionale (conseguentemente collettivo) bisognoso di tutela giuridica ineccepibile.

Considerando meritevole di essere presa in considerazione la “vox populi” che giudica copie conformi o ripetizioni differenti postume molte delle opere achrome di Piero Manzoni accreditate e catalogate (collezionate) come opere autetiche dall’Archivio Opera Piero Manzoni.

Scrivo ciò e lo divulgo googlizzato perchè sia considerato:

1) – OPPORTUNO sollecitare il Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale (Piazza Sant’Ignazio 152 – Roma), con un esposto, redatto ad hoc da uno studio legale e sottoscritto da un cittadino italiano anagrafato Rossi, mirato a promuovere un intervento deciso d’ufficio, con l’intenzione di sottoporre ad esami scientifici comparati opere di Piero Manzoni discriminate perché giudicate opere inautentiche dall’Archivio familistico , con opere similari mercanteggiate come opere autentiche accreditate e catalogate dallo stesso Archivio, comprese quelle possedute come beni famigliari, sia ereditati sia acquisiti (capitalizzati) post mortem dell’Artista.

2) – LEGITTIMO il suggerimento che tali esami siano eseguiti dagli esperti carabinieri del Reparto Investigazioni Scientifiche (RIS).

3) – NECESSARIO cominciare con la identificazione e acquisizione del DNA dell’Artista (rilevabile esaminando i “Fiati d’Artista”, per es.), e cercarlo in ogni altra opera: prelevando anche impronte digitali da opere sicuramente “manufatte” dal Manzoni, per la rilevazione di impronte simili in ogni altra opera similare.

4) – DETERMINATO SCIENTIFICAMENTE l’anno di produzione dei variegati materiali costitutivi delle opere (autenticate e non autenticate) “archiviate” (legno, caolino, tela, cotone idrofilo, fibre varie, pani, uova, polistirolo, sassetti, chiodi, piombature, cordicelle, resine, collanti, ceralacca, etc.), per il riconoscimento di materiali eventualmente prodotti, commercializzati e manipolati durante gli anni successivi al 1963.

5) – ESAMINATO E RICONOSCIUTO (specificato) mediante TAC (Tomografia Assiale Computerizzata) il contenuto delle scatolette etichettate “Merda d’Artista”, e delle opere costituite da pacchi sigillati accorpati sovrapposti a tele con etichette metalliche.

6) – GENERARE una “class action” finalizzata all’ottenimento della esecuzione di esami scientifici di tutte le opere “Achromes” archiviate, comparati ad esami simili di opere non archiviate similmente costituite, come risulta auspicato in un mio post precedente così linkato: http://lampisterie.ilcannocchiale.it/post/2826305.html

Nel mio sito web è possibile leggere alcuni testi del mio “Dossier” (tomo secondo) così linkato: http://www.rossiroiss.it/wordpress/dossier-piero-manzoni-tomo-secondo
Al mio idirizzo mail è possibile inviare testi e riproduzioni documentali di opere attribuibili a Piero Manzoni non autenticate dall’Archivio Opera Piero Manzoni, con autorizzazione a pubblicarle.

PATAFISICAMENTE MANZONOCLASTA

ttp://lampisterie.ilcannocchiale.it/post/2803195.html

Pro manzonofili postumi: pervenuti alla manzonodulia experti-ss-ante metabolizzando ciò che hanno sentito dire da testimoni oculari, miscellato a ciò che hanno letto già scritto e divulgato da esegeti manzonoduli

E’ anche mia l’opinione che la comicità della critica d’arte professata (e capitalizzata) da esegeti del Dadaismo & Concettualismo non debba essere colta soltanto nei testi che risultano pubblicati in libri/cataloghi e riviste d’arte (la gran parte di servizio o al servizio di Archivi & Fondazioni). Suggerisco, perciò, di coglierla anche nelle “perizie” che taluni critici d’arte scrivono (e monetizzano) per accreditare & favorire il mercanteggiamento di opere spesso minori o copie differenti ugualidentiche (conformi), rese note, oppure esposte & catalogate, dopo la morte dell’autore. Poiché è comico il linguaggio del critico d’arte “perito” di oggetti materiali “concepiti” più che “eseguiti”, quando assume il ruolo di demiurgo decodificatore ubunidico “periziatore” patafisico di artisticità probabile (supponibile), comunque ineffabile, particolarmente nei casi in cui la “perizia” risulta costituita da Eloquio & Scrittura autoreferenzianti.In Italia (e quasi certamente anche fuori) nessuno ha acquisito titoli, meriti, e conoscenze tecniche (scientifiche!?) per riconoscere incontestabilmente un’opera “achrome” falsa di Piero Manzoni, e distinguerla fra le tante autenticate e catalogate dopo la sua morte (6 marzo 1963). Qualcuno può soltanto “testimoniare” su ciò che ha visto (o aiutato a) fare, oppure ha visto esposto e autopromosso dall’artista vita natural durante, documentandosi “presente” o in attività artistica o culturale là dove Piero Manzoni vivo si è proposto ed esposto ruolandosi self-promoter.
Per i Tribunali che li incaricheranno di “periziare” opere di Piero Manzoni in contestazione, i “periti” potranno soltanto scrivere testi nello stile che propongo come esercizi scrittòrii (anche artifici) qui di seguito: “campionariando” alcuni “modelli” di opere.

Uovo con impronta. Piero Manzoni, per eseguire l’opera, si è servito di un fornello elettrico e di un piccolo tegame nel quale ha versato acqua potabile immergendovi un uovo di gallina fresco di giornata. Ha acceso il fornello e ha fatto bollire nell’acqua l’uovo, fino a che non lo ha considerato divenuto sufficientemente sodo. Poi lo ha asciugato usando un tovagliolo (straccio), lo ha autenticato con l’impronta stampigliata del pollice della propria mano destra, lo ha riposto in apposito scrigno (una minicassetta di legno numerata e firmata), predisposta all’uopo con cotone idrofilo antiurto sul fondo, e lo ha donato con licenza di essere mangiato eventualmente sedutastante. Tutto ciò è accaduto (“sceneggiato” per la bisogna, alle presenza di conoscenti ruolati “figuranti”) in un ufficio del Cinegiornale SEDI, in via Piave 24 a Milano, al piano soprastante il Cinema Metropol, nel luglio 1960, fotografato da Uliano Lucas che può testimoniare l’accaduto. Altre uova con impronta stampigliata il Piero Manzoni (150) le ha cotte e donate precedentemente in altra occasione ad altre persone nei locali della Galleria Azimuth in via Clerici 12.

Pani caolinizzati. Piero Manzoni ha eseguito ogni opera così costituita incollando, con vinavil o altro collante, tanti pani modello “michetta” quanti l’area della superficie del supporto predisposto ne ha ogni volta contenuti, accostati uno accanto all’altro. La coloritura bianca di tali pani è stata ottenuta con una miscela di collante e caolino sapientemente spalmata con una pennellessa.

Pacco. Piero Manzoni ha eseguito ogni opera così costituita avvolgendo in carta comune o fogli di giornale già letto, materiali eterogenei e incogniti che ha ogni volta sigillato con ceralacca e legato con cordicella annodata e piombata. Il ”pacco” risulta ancorato al centro di una tela intelaiata che esibisce, posizionata in basso angolata a destra, una targhetta di ottone con inciso in stampatello maiuscolo “Piero Manzoni”.

Batuffoli di cotone. Piero Manzoni, per eseguire opere così costituite ha adoperato cotone idrofilo in vendita nelle farmacie del suo tempo, come nei grandi magazzini di ogni tempo successivo. Con tale materiale ha modellato i “batuffoli” che ha poi incollato accostati in bell’ordine, uno accanto all’altro, nell’area della superficie di volta in volta predisposta all’uopo. Il lato-base su cui poggiare l’opera in occasioni pubbliche o private è facoltativo.

Tela grinzata. Piero Manzoni ha eseguito ogni opera così costituita modellando, sulla superficie di una tela intelaiata (anche con “aiutanti”, particolarmente per le opere iper dimensionate: Marco Santini docet!), oppure direttamente su telai legnosi per le dimensioni portatili, stoffa bianca preventivamente immersa più volte in una miscela liquida di caolino e collante che, rassodandosi, ha poi fatto corpo unico col supporto. La coloritura eccessivamente bianca di talune opere così costituite è da attribuirsi a riverniciature postume eseguite con prodotti sintetici da chi le ha possedute.

Fiato d’Artista. Ogni opera così costituita ha le caratteristiche di un reperto: reliquia di una scultura pneumatica (corpo d’aria) presumibilmente modellata da Piero Manzoni col proprio fiato, successivamente disperso. Il caucciù repertato risulta sgonfiato e mummificato con lo spago e la piombatura sigillante, su base legnosa con targhetta metallica, a futura memoria di una performance notiziata e illustrata dalla Settimana Incom Illustrata (n.50, 16 dicembre 1962, pp. 49-51).

Merda d’Artista. Piero Manzoni ha concepito quest’opera e l’ha realizzata a Milano nel 1961 in 90 esemplari: risulta, perciò, costituita da un contenitore (barattolo) metallico cilindrico con etichetta poliglotta applicata tutt’intorno. Risulta numerata e firmata dall’Artista. La narrazione di un testimone coevo riferisce che il contenuto, inscatolato con additivo chimico antifermentante della industria farmaceutica Carlo Erba, sia stato prodotto e accumulato in una vasca di cemento, arredo di un seminterrato di via Bitonto messo a disposizione (perché non utilizzato) da Dadamaino (non disponendo il Manzoni, in quel momento, del suo studio presso un imbianchino al quarto piano di uno stabile in via Fiori Oscuri), e che l’inscatolamento sia stato eseguito da un lattoniere in Corso Garibaldi, buon conoscente del tipografo Antonio Maschera stampatore delle etichette in via Palermo.

NOTA AL SEGUITO – Soltanto eccezionalmente Piero Manzoni ha connotato (logotipato), sul davanti oppure sul retro, con lettere iniziali o con firma autografa (per i calligrafi), opere come quelle esaminate & periziate al servizio della Fondazione famigliare. Ogni altro esame sia eseguito scientificamente dagli esperti carabinieri del RIS (Reparto Investigazioni Scientifiche), indagando gl’ingredienti dei materiali coevi utilizzati, per distinguerli da quelli postumi e datare la loro produzione: con l’intento di accertare anche la presenza di DNA manzoniano oppure foresto.

PROLEGOMENI MANZONOFAGI D’ANTAN AEPISTOLATI

Caro Rossi-Ròiss, tu credi che in Italia (e forse fuori), ci sia qualcuno che abbia titoli, meriti e conoscenze tecniche per potere riconoscere un quadro falso da un autentico? Ma non facciamo ridere per favore. Tutti sappiamo che le opere più belle riconosciute autentiche di tanti artisti (in particolare Manzoni) sono quelle false.Se qualcuno mi chiede un parere su un quadro (parere che non dò mai) io rispondo: se l’opera è brutta è certamente autentica, se è bella è probabilmente falsa. All’artista un’opera può non riuscire, ma al falsario che lavora in condizioni ideali e spesso su commissione, il lavoro deve per forza riuscire.Ho conosciuto (poco purtroppo, a quei tempi il mio riferimento era Roma) Piero Manzoni: sono stato un paio di volte a studio (assieme a Vermi o Sordini, non ricordo) e l’ho visto una volta al suo quartier generale, al Giamaica: non mi sembrò uno stakanovista del lavoro. A sentire Enrico Castellani, che ha avuto ben altre frequentazioni, Piero Manzoni non ha prodotto più di 300 opere (comprese le merde, le linee, i fiati d’artista).
Il Catalogo di Germano Celant ne riporta oltre settecento ed ora in circolazione ce ne sono alcune migliaia. Il prossimo catalogo conterrà anch’esso molti falsi che però per comodità di tanti si deciderà, dopo le prime polemiche di riconoscere come opere autentiche (vedi il catalogo Celant che all’epoca suscitò tanti clamori ed oggi è vangelo). Ma è bene che si sappia che solo grazie ai falsi Piero Manzoni è entrato nella storia dell’arte italiana. Senza di loro ora sarebbe un curioso artista di cui si racconterebbero le sbronze e le bizzarrie. Puoi capire bene, che i catalogues raisonnés non fanno parte dei miei interessi culturali: lascio a chiunque il piacere di diventare un esperto di Piero Manzoni o di Lucio Fontana o di Yves Klein o di chiunque altro. Tutti sappiamo che di falsi di tanti artisti sono pieni i musei. L’importante è considerarli autentici.
( Sic! GIANCARLO POLITI in “Lettere al Direttore” in Flash Art News, novembre 1991, pag. 165, al seguito di una mia lettera che riproduco qui di seguito)

Caro Politi, hai ragione da divulgare: le tante pagine di pubblicità che Flash Art pubblica, indicano che la tua rivista è gradita così com’è da chi tali pagine paga.Caro Politi, hai ragione da vendere: molte pagine di pubblicità significano editorialmente credibilità presso e circolazione tra gli inserzionisti, significa che Flash Art è apprezzata da chi paga per apparirvi in qualche modo.Caro Politi, hai ragione da regalare ai più meritevoli: la pubblicità nella tua rivista come informazione è più efficace di ogni presentazione critica in qualsiasi catalogo.Soltanto i frustrati dalla mediocrità e dall’insuccesso, così come i biliosi e gl’ impotenti, perciò, possono considerare eccessive, ingombranti, fuorvianti, ambigue, tendenziose, ecc. le pagine e le servitù pubblicitarie che Flash Art pubblica e divulga per consentirsi la chiusura del bilancio in attivo.Ai “molti” che continuano a credere in malafede o per stupidità che per essere pubblicati in Flash Art (articoli, recensioni, spotlights, segnalazioni ecc.) occorra sborsare del denaro o pagare la pubblicità continua a scrivere che… non è così, che… non è mai stato così. Tirali in ballo (come suol dirsi) con nome e cognome, come hai fatto con Elisabetta Longari. Esibiscili come “sciacalli” ben illuminati al centro della pista editoriale. Censura il loro moralismo d’invidiosi.
Senza trascurare, però, altri casi di sciacallaggio, tipo quello di organizzazioni o persone che assumono ruoli catalogatori e poteri autenticatori a posteriori e senza titoli o meriti, sprovvisti di conoscenze tecniche e doti esegetiche adeguate.

SIA SCRITTA LA VERA STORIA

DELL’ ARCHIVIAZIONE & CATALOGAZIONE

DI OPERE CONSIDERATE AUTENTCHE

MANIFATTURE DI PIERO MANZONI

IL RIBELLE GENTILE BIOGRAFATO

PER STAMPA ALTERNATIVA DA DARIO BIAGI

http://lampisterie.ilcannocchiale.it/post/2799025.html

La vera storia di Piero Manzoni ”Il ribelle gentile” leggibile in un libro di Dario Biagi, edito da Stampa Alternativa, è stata considerata diffamatoria e, perciò, meritevole di essere processata e condannata da un tribunale, denunciata dagli eredi (fratelli e sorelle, padri e madri di nipoti redditati dal cosiddetto “Diritto di seguito” scaturiggine del copyright).
Diversamente dalla biografia domestica editata nel 2013 da Johan & Levi (addomesticata o rispettosa della ortodossia parentelale), scritta da un manzonologo d’ufficio e postumo nomato Flaminio Gualdoni, nato nel 1954: novenne nel 1963, anno della morte del Manzoni, alla cui conoscenza è pervenuto calpestando le orme esegetiche e biografanti dei tanti manzonofili che lo hanno preceduto.

Non risulta ancora denunciata, però, l’autenticità di molti oggetti materiali iconizzati nel Catalogo Generale edito nel 2004 da Skirà a cura di Germano Celant, dopo essere stati archiviati dagli stessi eredi come opere dello stesso Piero Manzoni (comprese le opere ereditate e capitalizzate – alcune anche mercanteggiate – come proprietà della madre Valeria Manzoni e della parentela).
Il libro del Biagi è stato denunciato a nome e per conto della Fondazione Piero Manzoni (costituita nel 2009, dopo la creazione dell’Archivio nel 1992) che ha sede a Milano insediata in via Angelo del Bon 1, e presieduta da Elena e Giuseppe Manzoni.
Il Catalogo Generale potrebbe essere denunciato da un cittadino italiano qualsiasi, anagrafato Signor Bianchi, oppure Signor Rossi, segnalandolo alle Autorità Competenti come pubblicazione ingannevole.

* Perchè tutte le opere riprodotte siano scientificamente esaminate dagli esperti carabinieri del ROS (Raggruppamento Operativo Speciale), con l’intento di accertare la presenza di DNA manzoniano o foresto.
* Perchè siano esaminati i materiali che le costituiscono e sia datata la loro produzione, con l’intenzione di identificare gl’ingredienti dei materiali coevi utilizzati, distinguendoli da quelli postumi.
* Perchè le opere intitolate “Achrome” del periodo febbraio1958 – febbraio 1963 (particolarmente) siano sottoposte ad esami chimici e merceologici comparati per accertare la data di produzione delle componenti materiche che le costituiscono: tela, botuffoli di cotone, panini (michette) , sassetti, collanti vinilici utilizzati, supporti legnosi, chiodi, ruggine, caolino, spaghi e piombature sigillanti dei pacchi, fibre artificiali, ovatta a riquadri, etc.
* Perchè un altro libro sia scritto per dare corpo cartaceo alla narrazione di una vera storia della catalogazione di opere eseguite manu propria da Piero Manzoni fino al 5 febbraio 1963.

Considerando legittimo supporre che tra le opere catalogate risultino presenti opere conformi postume archiviate come coeve e, perciò, plus-valorate autentiche.
Considerando Piero Manzoni realizzatore (manufattore) di poche opere “Achrome” che sono state poi frammiste a opere d’apres eseguite ad hoc post-mortem, e dichiarate autentiche dalla signora Valeria Manzoni, madre dell’artista, sul retro di riproduzioni fotografiche che continuo a possedere in gran numero: riproduzioni fotografiche da me collezionate nel periodo di tempo delle mie ricerche manzonofile (1977 – 1980): durante il quale mi sono attivato
(a Bologna – Roma – Modena – Urbino – Bolzano) come organizzatore, curatore e notiziatore di esposizioni personali postume di Piero Manzoni, allestite con opere non catalogate nel 1975 dal duo Celant – Prearo, rigorosamente provenienti dalla signora Valeria Manzoni e da collezionisti privati a lei noti o imparentati.

Scrivendo e pubblicando numerosi testi che ho poi ordinato in un libro divenuto rarità bibliografica col titolo “Dossier Piero Manzoni” (Edizioni Svolta 1991), anticipato nel 1979 da altro libro intitolato “Il Bianco – la Merda – Manzoni” (Edizioni Hother) pubblicato in concomitanza con l’esposizione allestita a Urbino nella Biblioteca del Duca, piano terra del Palazzo Ducale.

Ruolandomi primo espositore di un’opera sconosciuta eccezionalmente firmata e con dedica ”A Tristan Sauvage” (Arturo Schwarz), intitolata “Catrame” 1956/57, smalto su cartone cm 69×49, e di due ceramiche policrome eseguite nel 1958 ad Albisola Marina per Giuseppe Mazzotti.
Divulgatore del primo reperto bibliografico giornalistico (mal citato nel Catalogo del Celant edito da Skira) costituito da un ritaglio del giornale “Avanti” (6 aprile 1958), riproducente la rubrica “Rassegna Artistica” con un lungo testo siglato “e.a.” (Emilio Contini), recensione critica di una
esposizione “Fontana – Baj – Manzoni” allestita con opere manzoniane tutte “Achromes” nei locali del Circolo di Cultura a Bologna (via Rizzoli 1): una esposizione autogestita dal Manzoni, accreditata con un testo firmato Luciano Anceschi, contenente un esercizio scrittòrio personale pro esegesi degli “Achromes”, compiuto ad hoc per soddisfare la cosiddetta bisogna di self-promoter.

Tanto che considero, a questo punto, necessaria una narrazione della vera storia della catalogazione di opere eseguite manu propria da Piero Manzoni.

Nel 1975 Germano Celant ha catalogato 802 opere per l’Editore Prearo, non catalogando 79 opere pubblicate precedentemente in libri, cataloghi e riviste.
Durante gli anni successivi altri si sono attivati proponendosi come catalogatori delle opere non catalogate dal Celant. Esemplare una fantomatica organizzazione fiorentina denominata ISTART attivatasi per certificare l’autenticità di opere manzoniane, in rapporto ravvicinato con la signora Valeria Manzoni.
Nel 2004 lo stesso Germano Celant, al servizio dell’Archivio Manzoni (e suo mentore), ha catalogato 1229 opere per l’Editore Skira.

Durante gli anni trascorsi dal 1975 al 2004, altre imprese catalogatorie sono state compiute.

La Galleria Borgogna di Gianni Schubert ha catalogato 339 opere (non catalogate dal Celant) in un libro monografico (pp. 377+66, formato cm. 24×30) edito nel 1990 dalla Associazione Amici di Piero Manzoni presieduta da Enrico Baj.
In contemporanea con la Galleria Blu di Luca Palazzoli, diversamente attiva in rapporti con l’Archivio Manzoni, tramite una “Convenzione” catalogatoria appositamente sottoscritta dalle cosiddette Parti che hanno poi litigato fino a che non hanno concordato come disimpegnarsi senza danneggiarsi, ottenendo il dissequestro, con affido giudiziario a Vanni Scheiwiller, delle opere archiviate durante gli anni 1984/1990.

Le opere del Manzoni non archiviate e catalogate, possedute da collezionisti e amatori diffidati dalla Fondazione Manzoni a esporle e mercanteggiarle, sono numerose, quindi.
A cominciare dalle quattro opere provenienti da Nanda Vigo, collezionate da Remo Brindisi per il suo Museo del Lido di Spina progettato dalla stessa Vigo. Con al seguito il gruppo di proprietà Zecchillo, quelle possedute e bibliografate in gran quantità da Gianni Schubert, con molte altre delle quali posseggo riproduzioni fotografiche e documenti autografi che riguardano la loro provenienza. Comprese le 46 opere cartacee di proprietà Giovanni Manzoni di Lugo, cugino del padre di Piero, esposte e bibliografate a Ravenna (catalogo edito da Essegi, giugno 1990).

Stando così le cose, l’intervento del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Artistico della Guardia di Finanza o dell’Arma dei Carabinieri lo considero estrema ratio, per la esecuzione d’imperio di un inventario totale di tutte le opere manzonomorfe, archiviate dalla Fondazione Manzoni, sia come opere giudicate autentiche sia come opere giudicate inautentiche: con pubblicazione monografica unica nella quale risultino riprodotte ognuna con le indicazioni della provenienza, del suo iter, di chi ha incontrato strada facendo, di chi l’ha presa in considerazione e quando, in che occasione, chi la possiede.
Docet il mio “Dossier Piero Manzoni”.

Per quanto riguarda i falsi?
Uliano Lucas ha già detto e lo ripeterà: “A me non dispiace che ci siano. E sono sicuro che anche Piero ne sarebbe contento”.

“IL SOLE 24 ORE” del 17-4-1988 ha pubblicato questa dichiarazione di Enrico Baj: “Vi è la mania della catalogazione critica. L’opera di Piero Manzoni viene catalogata da più parti: dall’editore Prearo che da tempo ha pubblicato un grosso catalogo ragionato che ora intende completare; dalla Galleria Blu che procede per proprio conto; e naturalmente dall’Associazione Amici di Piero Manzoni. Nessuno pensa a chiamare gli artisti, quelli che lavorarono assieme a Piero, per stabilire se un’opera è buona o falsa”.

DI UN PIERO MANZONI FUORI DAL MITO

IN UN LIBRO CONSIDERATO DIFFAMATORIO DAI FAMIGLIARI

EREDI DI UNA RENDITA COPYRIGHT MILIONARIA

DOTE DELLE SUE OPERE AUTENTICHE & AUTENTICATE

ttp://lampisterie.ilcannocchiale.it/post/2798633.html

La vera storia di Piero Manzoni (1933-1963) è ora possibile leggerla in un libro intitolato “Il ribelle gentile” edito da Stampa Alternativa (pp. 150, euro 15, privo d’illustrazioni). E’ stato scritto da Dario Biagi, un giornalista della categoria Gabanelli/Report, autore anche di altri libri, abile nel supportare ciò che storicizza con documenti d’annata e narrazioni di coprotagonisti testimoni coevi del notiziato: il Manzoni che ha concettualizzata, cosificata (reificata!) e mercificata la “Merda d’Artista” sigillata in piccole scatolette (come la carne Manzotin) rigorosamente etichettate, firmate e numerate da 1 a 90. La parentela dell’illustre Artista, però, ha disapprovato l’iniziativa ed è ricorsa alle cosiddette vie legali, denunciando per diffamazione sia l’autore sia l’editore, con richiesta di sequestro del libro, contrariata da brani come quelli campionariati qui di seguito.

Pag. 7 – La Vigo fu colei che lo rinvenne, ormai esanime, nell’atelier (in via Fiori Chiari) e per prima avvisò gli altri, il medico (Alessandro Passarè) e gli amici più cari. Piero Manzoni morì a 29 anni, nelle prime ore del mattino del 6 febbraio 1933, a causa di una devastante cirrosi epatica. Il collasso cardiaco fu una conseguenza. Dunque , Piero sarebbe stato un alcolizzato in rotta con la famiglia (domiciliata poco distante in via Cernaia 4).

Pag. 8 – “Dopo la storia delle scatolette – dalla metà degli anni ‘61, dunque – la famiglia lo trattava malissimo. Gli buttavano addirittura i quadri fuori di casa, sul pianerottolo. Lo ritenevano uno spostato. (…) Lui non si lamentava apertamente, ma era molto addolorato per l’atteggiamento dei suoi. Non sapevano niente di quel che faceva, non andavano mai alle sue mostre, gli dicevano giusto buon giorno e buona sera“.

(Pag. 9) – L’ultima notte di Piero fu lunga e movimentata, da vivo e anche da morto. Due medici si avvicendarono nello studio e vi fu un discreto viavai di persone; i famigliari giunsero dopo varie ore, perchè Nanda che aveva le chiavi dello studio, aveva avvertito prima un medico (Alessandro Passarè) e poi alcuni amici. (…) Invano ho cercato necrologi sui quotidiani milanesi del tempo, il “Corriere“ e “Il Giorno“. La famiglia si astenne. Difficile non leggervi il segno di un grave imbarazzo. Leonardo Borgese, l’illustre critico d’arte del “Corriere“ che aveva costantemente irriso il Manzoni, pur dedicandogli colonne su colonne, non scrisse una riga; e così pure gli altri soloni della critica. Di colpo l’enfant gatè era stato cancellato dalla scena.

(Pag. 10) – Piero se ne andò da straniero in patria: incompreso dalla cittadinanza, dal grande pubblico, dalla critica dogata. E incompreso in casa sua.

(Pag. 12) – Purtroppo, dacchè hanno iniziato a riappropriarsi della sua figura e della sua eredità (copyright), i famigliari si sono sforzati di normalizzare il quadro, emendando a posteriori le pecche di Piero e le colpe loro.

(Pag. 13) – Sbianchettati i lati più maledetti e indecorosi della bohème manzoniana (idem per quanto riguarda molti achromes sporcati dall’incuria o abbandono). Minimizzati alcolismo ed epatite, sfumata l’approssimazione dell’apprendistato pittorico, ma soprattutto si è cercato di accreditare un quadro famigliare, se non idillico, quasi regolare, poco perturbato. (…) Nella breve parabola del Manzoni artista – poco più di sei anni – c’è un prima e c’è un dopo. Dopo lo scandalo della merda in scatola, la madre continuò a versargli un piccolo stipendio, a pagargli l’affitto dello studio e ad accolarsi altre sue spese, ma in totale disaccordo. Con manifesta sfiducia e incomprensione. Si consumò un ripudio morale e psicologico, una rottura del patto famigliare: ed è questo il peccato originale che si vorrebbe seppellire. Da questi rilievi e da queste scoperte muove la mia ricerca del Manzoni vero, oggettivo, non ancora svelato. Fuori dal mito.

(Pag. 131) – E’ soprattutto la famiglia che non gliela perdona (la merda d’artista). Non è più il genio ribelle, è declassato a zimbello. Per una famiglia di tradizione monarchica, l’onta è difficile da lavare. La contessa Valeria era disperata. Singhiozzava forte.

(pag. 141) – Più di una volta la madre lo chiuse fuori e lui dormì sullo stuoino. Lo trattavano come lo scemo di casa. Lui ne soffriva, anche se non ne faceva parola.


Il libro del Biagi merita di essere, perciò, considerato e preso in considerazione come prima lettura per l’approccio dell’artisticità di Piero Manzoni, prima di ogni testo esegetico scritto da biomanzonografi posteri, curatori/espositori di opere sue archiviate come opere autentiche, in gran numero sprovviste di firma autografa sia sul davanti sia sul retro, col supporto di expertise sottoscritti da critici d’arte pervenuti alla manzonofilia per acquisire plus valore pro attività curatoriale personale.

La narrazione di Dario Biagi ha un precedente in un’altra narrazione (diffusa clandestinamente) intitolata “L’ultima linea di Piero Manzoni”, opera libresca (pp. 224) di Paolo Barrile (con prefazione di Carmelo Strano – Gruppo Editoriale Jce 1990), meritevole di essere presa in considerazione per un eventuale adattamento cine-televisivo.

Per quanto mi riguarda posso riferire che la morte di Piero Manzoni l’ho appresa il 6 febbraio 1963, consumando la colazione nel bar di via Fiori Chiari in angolo con via Brera, come al solito, proveniente da via Brera 11: dove posso documentare insediata la redazione della rivista “Nucleo D” (reintestata poi Nucleo Arte) da me fondata (venticinquenne) nel settembre 1962 a Milano, relazionato con Lucio Fontana, Roberto Crippa, Enrico Baj, Gianni Dova, Sergio Dangelo, lo stampatore/editore Upiglio, il gallerista Arturo Schwarz et Altri similia, in rapporto con la neonata Galleria Il Cenobio di via San Carpoforo, location espositiva promoter di Verga, Ferrari e La Pietra.

Tant’altro risulta documentato e argomentato nei miei libri intitolati “Il Bianco – la Merda – Manzoni” (1979) e “Dossier Piero Manzoni” (1991: successivi alla mia pubblicistica precedente, registrata da Germano Celant nel Catalogo Generale delle opere e delle testimonianze bibliografiche archiviate. Scaturita dalla organizzazione e realizzazione di esposizioni personali postume di Piero Manzoni, durante gli anni 1978-1980, da me curate e allestite (a Bologna – Roma – Modena – Urbino – Bolzano) con opere provenienti da Valeria Manzoni e da collezionisti a lei noti, rigorosamente non ancora catalogate come autentiche da Germano Celant.

Mi risulta inesplorato il rapporto fiduciario intercorso, durante gli anni 1975-1980, durante e dopo la pubblicazione del catalogo Celant-Prearo, tra la signora Valeria Manzoni (madre di Piero) e Geremia Orio (Orio di Brera, stravagante gestore in via Brera di un negozio d’abbigliamento, collezionista disponibile al baratto con gli artisti e mercante di opere del Manzoni, contiguo alla Galleria Vismara e al Bar Giamaica, prospiciente lo stabile con l’atelier del pittore siculo-milanese Pino Pinelli, in rapporti confidenziali col baritono Giuseppe Zecchillo. Un rapporto illustrato da foto inequivocabili in mio possesso con autentiche autografe sul retro di altre foto che riproducono opere di collezionisti privati, in quel momento non catalogate dal duo Celant-Prearo.

Altre narrazioni siano ben accolte, perciò, perchè la storicizzazione dell’individuo creativo che Piero Manzoni continua a esemplificare ci risulti sempre più “vera” e le sue opere ci risultino autentiche più che autenticate da chi le archivia.

DELLA VITA D’ARTISTA DI PIERO MANZONI

BIOGRAFATA DA UN MANZONOLOGO DI SERVIZIO

CON L’IMPRIMATUR MANZONOLATRO

DI CHI HA EREDITATO IL COYRIGHT COL DIRITTO DI SEGUITO

http://lampisterie.ilcannocchiale.it/post/2799701.html


Un libro intitolato “Piero Manzoni Vita d’artista” (Johan & Levi, maggio 2013) è stato presentato in location estranea alla manzonodulia (Museo Marini a Firenze, il 13 novembre 2013) da esegeti pervenuti occasionalmente alla manzonolatria (Alberto Salvadori e Sergio Risaliti), pro agiografia con l’imprimatur tutelato da chi ha legalmente ereditato il copyright redditato dal “diritto di seguito”. E’ stato scritto da Flaminio Gualdoni, manzonologo postumo nato nel 1954, debuttante come manzonofilo nel 1998 (catalogo expo “Azimut”), rispettoso delle “informative” familistiche. (http://www.daringtodo.com/lang/it/2013/11/08/piero-manzoni-vita-dartista-arriva-dopo-50-anni-la-prima-biografia/)

Trattasi di una biografia disorganica e incompleta, supportata da bibliografia & iconografia ortodosse carenti, nella quale risultano assenti alcuni documenti eterodossi e la riproduzione di alcuni dipinti giovanili: una biografia incontestabilmente carente e lacunosa, quindi, millantatoria per quanto riguarda la pretesa di essere connotata dalla compiutezza. Leggendo la quale non si apprende alcunchè di un libro di Paolo Barrile, intitolato “L’ultima linea di Piero Manzoni” (Gruppo Editoriale JCE. 1990), divenuto contenitore bibliografico di una narrazione protobiografante (e biograffiante!) relativa alla “Merda d’Artista”, con dettagliate informazioni sul come-dove-quando-perchè fu concepita e prodotta.

Il Gualdoni ha compiuto la sua impresa scrittòria al servizio della Fondazione Manzoni ignorandomi come

scrittore manzonologo d’antan nato nel 1937, curatore/promotore di cinque expo manzoniane, autore di testi scritti e pubblicati a cominciare dal 1978, in gran numero annotati nella Bibliografia del Catalogo Generale edito da Skira a cura di Germano Celant nel 2004 e nel catalogo edito nel 2007 da Electa per la expo al Madre di Napoli.

Discriminandomi come autore di “Il Bianco- la Merda – Manzoni” (Edizioni Other Bologna 1979), pubblicato in concomitanza con l’expo Manzoni (luglio e agosto) a Urbino nel Palazzo Ducale, e di un “Dossier Piero Manzoni” (Edizioni Svolta Bologna 1991) contenitore di sei lettere inedite di Piero Manzoni, indirizzate nel 1958 a Emilio Contini, realizzatore e recensore per l’Avanti! (6 aprile) della esposizione “Fontana – Baj – Manzoni” allestita con opere manzoniane tutte “Achromes”, nel Circolo di Cultura a Bologna in via Rizzoli 1 (23 marzo – 8 aprile), della esposizione personale allestita con tutte opere “Achromes” a Milano nella Galleria Pater in via Borgonuovo 10 (vernissage ore 18 del 22 aprile).

Scrivo ciò a futura memoria della necessità di ri-editare il mio “Dossier Piero Manzoni” con sostanziosi “prolegomeni”, illustrati da documenti originali e autografi. Un libro/dossier che abbia per argomento la vera storia della Archiviazione & Catalogazione delle opere Collezionate & Mercanteggiate come opere ritenute autetiche da esperti pervenuti postumi alla manzonofilia, insofferenti della manzonoclastia.

Considerando indiscutibilmente autentiche in primis (e soltanto) le Linee, le Basi magiche, le Uova sode logotipate dalla impronta di uno dei suoi pollici, le scatolette etichettate Merda d’Artista con firma autografa e numerazione da 1 a 90, le opere grafiche intitolate Tavole di Accertamento.

Evidenziando le opere Achrome riprodotte da illustrazioni in pubblicazioni edite precedentemente alla expo romana del 1971 curata da Palma Bucarelli. Specificando il numero delle opere in possesso della parentela dell’Artista in data precedente il 6 febbraio 1963.

Un libro/dossier scritto per dare risposte documentate a queste domande:

- Quante opere di Piero Manzoni possono essere documentate presenti in via Fiori Chiari 16 a Milano, luogo della sua morte, il 6 febbraio 1963?

- Quante opere di Piero Manzoni possono essere documentate, con data precendente il 6 febbraio 1963 presenti nella sua residenza anagrafica (in via Cernaia, 4 a Milano) e in altri luoghi residenziali dei suoi famigliari?

- Quante opere di Piero Manzoni, con dichiarazione di autenticità autografata da Valeria Manzoni sul retro di riproduzione fotografiche, risultano archiviate e catalogate come opere autentiche?

- Quante opere del Manzoni, proprietà di privati collezionisti o di Istituzioni Museali risultano provenienti (donate o mercanteggiate) da suoi famigliari?

- Quante opere di Piero Manzoni risultano attualmente proprietà dei suoi famigliari/eredi?


BIBLIOGRAFIA ROISSIANA MANZONOFILA
in pubblicazioni cartacee


Nucleo Arte 1978 / marzo

MONOGRAFICO PER LA EXPO A BOLOGNA

18 opere riprodotte

testo di Enzo Rossi-Ròiss


Nucleo Arte 1979 / febbraio-marzo

2 opere riprodotte


Edizioni Other Bologna, luglio 1979

IL BIANCO LA MERDA MANZONI

testi di Autori Diversi a cura di Ròiss, ill. 43, pp.64

monografia per la expo a Urbino


Nucleo Arte 1980 / febbraio

1 opera riprodotta


Nucleo Arte 1980 / settembre

3 opere riprodotte


Nucleo Arte 1980 / novembre

13 opere riprodotte

MONOGRAFICO PER LA EXPO A BOLZANO

testi di Autori Vari: Ugo Sasso, Ròiss, Luigi Serravalle, Luigi Carluccio, Umberto Eco, Antonello Trombadori, Gianfranco Spadaccia, Andrea Villani, Violetta Besesti


Nucleo Arte 1981 / gennaio-febbraio

2 opere riprodotte

testi di Mario Dall’Aglio e Giovanni Perez

MANZONI: QUELLO DEI “BARATTOLI”


Nucleo Arte 1981 / 6

3 opere riprodotte

testo di Alessandro Passarè

TUTTO COPERTO DI BIANCO

QUASI A PRESAGIRE LA FINE


Nucleo Arte 1986 / 1-2

Un’opera riprodotta


Nucleo Arte 1986 / 3-4

Un’opera riprodotta


Nucleo Arte 1990 / 1-2

4 opere riprodotte

testo di Enzo Rossi-Ròiss

DELLE OPERE DI PIERO MANZONI

CATALOGATE & BLUARCHIVIATE


Nucleo Arte 1990

10 opere riprodotte

testo di Enzo Rossi-Ròiss

LA CATALOGAZIONE DELLE OPERE DI PIERO MANZONI

UN AFFARE SEMPRE PIU’ “AFFAIRE”


Harta n. 6, giugno 1990 Milano

LA MERDA CONTESA


Harta n.7, settembre 1990 Milano

IL MANZONI COMPROMESSO


Harta n. 8, dicembre 1990 Milano

IL MANZONI SEQUESTRATO


Punto d’Incontro, novembre-dicembre 1990 Lanciano

DELLE OPERE DI PIERO MANZONI BLUARCHIVIATE

PRO MERCATO SINDACALIZZATO


Punto d’Incontro, novembre-dicembre 1990 Lanciano

DI UNA ASSOCIAZIONE DI “ AMICI” PRO (E IN) DOMO PROPRIA


Edizioni Svolta Bologna 1991

Enzo Rossi-Ròiss

DOSSIER PIERO MANZONI

Collana Livres de Merdre, pp. 144 ill. 67


Nucleo Arte 1991

testo di Enzo Rossi-Ròiss

NO VERY MANZONI ALLA SEVERIARTE

con ritaglio stampa intitolato “L’archivio conteso di Piero Manzoni va sotto sequestro”


Harta n. 9, febbraio 1991 Milano

AFFAIRE MANZONI CAPITOLO QUARTO


Punto d’Incontro, Lanciano

NEL MOMENTO IN CUI UN “CRITICO” AUTENTICA UN MANZONI…


Flash Art News, Lettere al Direttore, pag. 165, novembre 1991 Milano

MANZONI VERO E FALSO

Caro Politi…. Caro Rossi…”


Harta n.14, febbraio 1992 Milano

MANZONI CAOS: CRITICI, AUTENTICHE, ANTOLOGICHE


I link relativi ai miei testi postati nel blog Lampisterie risultano eliminati in Google causa una lamentela della Fondazione Piero Manzoni … ai sensi della legge americana Digital Millennium Copyright Act (Legge sul copyright digitale).


Written by rossiroiss

dicembre 5th, 2013 at 1:57 pm