Enzo Rossi-Roiss

sito ufficiale

RENATO LELLI

without comments

RENATO LELLI L’INTEATRATO
(copyright Enzo Rossi-Ròiss)

Film”I colpevoli” (1957) regia di Turi Vasile

Bild: ARD_2011:08:23_-Die_Schuldigen, ARD Degeto, SENDER: ARD - SENDETITEL: Die Schuldigen - UNTERTITEL:  I Copevoli - CAPTION:  ARD DIE SCHULDIGEN (I copevoli), Italien/Frankreich 1957, Regie Turi Vasile, am Dienstag (23.08.11) um 02:25 Uhr im Ersten..Lucia (Isa Miranda) hilft ihrem verzogenen Sohn Maurizio (Sandro Ninchi) ein Verbrechen zu vertuschen..© ARD Degeto, honorarfrei - Verwendung gemäß der AGB im engen inhaltlichen, redaktionellen Zusammenhang mit genannter Degeto-Sendung und bei Nennung "Bild: ARD Degeto" (S2). DEGETO FILM/Presse und Programmbetreuung, Tel: 069/1509-334 oder -335, degeto-presse@degeto.de

Die Schuldigen Originaltitol: I colpevoli ( Versione cinematografica del dramma “Sulle strade di notte” di Renato Lelli, interpreti: Carlo Ninchi, Isa Miranda,Sandro Ninchi)

PREMESSA

Sono numerosi gli scrittori bolognesi (e non!) che si sono dati e si danno spettatori e visibilità massmediatica come Autori di testi teatrali, con rappresentazioni una-tantum delle proprie commedie e dei propri drammi in minisale per pochi utenti e su palcoscenici precari e provinciali, notiziati soltanto dai cronisti locali: aspirando vanamente a essere, prima o poi, visti e applauditi dal pubblico di un teatro importante in una grande città. Giorgio Celli (1935-2011) docet! Gregorio Scalise (1938) idem.
Meno  numerosi sono gli scrittori bolognesi (e non!) che hanno avuto e hanno visibilità massmediatica e spettatori con rappresentazioni dei propri testi nei teatri di grandi città: al di là dei propri confini metropolitani, notiziati e recensiti dalla stampa nazionale.
Renato Lelli (1899 – 1962) è sicuramente da annoverare tra i meno numerosi: meritevole, perciò, anche di attenzioni postume. Sia riletto ciò che ha scritto, e sia rappresentato al di là del territorio metropolitano bolognese, come gli è accaduto in vita a Milano, Roma, Torino, Firenze, San Remo, Treviso, Brescia.
L’istituzione di una borsa di studio per una tesi di laurea, patrocinata da una Associazione come La Fameja Bulgneisa e finanziata da una Fondazione bancaria, favorirebbe la ricerca di altre  notizie e altri documenti, tesaurizzando ciò che si può leggere e vedere in questo libro.

INTRODUZIONE

Nel 1963, esattamente il 19 gennaio, La Fameja Bulgneisa, congiuntamente al Circolo della Stampa, commemorò Renato Lelli, morto cinque mesi prima – il 15 agosto – pochi giorni dopo aver compiuto i 63 anni.
In quell’occasione fu detto e scritto che, poichè l’arte e gli artisti restano, nel senso che continuano a vivere, certamente il commediografo bolognese non sarebbe stato dimenticato, perchè unanimemente considerato dai suoi contemporanei: “… gentiluomo d’antico stampo e soprattutto uomo di teatro: di quel teatro che ha classiche tradizioni, e non si lascia fuorviare da grotteschi rinnovamenti“. Fu dimenticato, invece, immeritatamente: malgrado i tanti testi scritti per il teatro, le collaborazioni a giornali e riviste, la direzione artistica di “Compagnie“ varie, la realizzazione di numerose rappresentazioni di testi d’altri autori come regista, la fondazione e organizzazione di “Premi“.
Come autore dimenticato, però, Renato Lelli è in buona (e  numerosa) compagnia.
Che fine hanno fatto, per es., Lucio D’Ambra, Sabatino Lopez, Alberto Colantuoni, Carlo Veneziani, Aldo De Benedetti, Giulio Cesare Viola, Guglielmo Giannini, Rino Alessi, Bruno Corra, Gherardo Gherardi, Giuseppe Bevilacqua, Alessandro De Stefani, Luigi Bonelli, Sergio Pugliese, Giulio Buccialini, Vincenzo Tieri, Guido Cantini, Giuseppe Romualdi, Giuseppe Achille, Luigi Chiarelli, Sem Benelli, Rosso di San Secondo, Giacchino Forzano, Giuseppe Adami?
Nei teatri italiani, durante gli anni trenta del 1900, tutti questi Autori sono stati rappresentati e gratificati con prebende e onorificenze.
In un opuscolo edito a Bologna per conto del Teatro del Corso, si può leggere: “… autori che in questi ultimi tempi hanno dato al nostro teatro tanti preziosi lavori in modo da permettere al Teatro Italiano di prosa di vivere liberamente e meglio, senza cercare l’ossigeno oltre i confini della Patria“.
Renato Lelli è stato dimenticato (anche) perchè, dopo la sua morte, l’unica sorella di nome Lina, ha rifiutato di ereditarlo come Autore, favorendo la dispersione di libri, documenti, manoscritti, carteggi, epistolari, oggettistica varia e quant’altro “ereditato“ per legge.
La sorella Lina ha quasi certamente occultato e poi distrutto tutto ciò che avrebbe potuto testimoniare a futura memoria l’esistenzialità e l’operosità teatrale a tutto tondo del fratello, disapprovandolo moralmente per la sua lunga convivenza con un uomo, anzichè con una donna: mi riferisco a Paolo Zuccagni, il suo primo attore destinato a sopravvivergli ospite di una casa per anziani nei pressi di Montecatini, suo luogo di residenza e provenienza.
Paolo Zuccagni fu prescelto quattordicenne da un Lelli trentenne, come compagno di vita sociale, sentimentale e teatrale: unico testimone dei suoi ultimi istanti.

DOSSIER BIO-BIBLIOGRAFANTE

1899 – Renato Lelli nasce a Bologna il 2 agosto, da Raffaele Lelli (1871-1953). Il padre è un giovane imprenditore con casa e impresa (una fonderia) fuori Porta Lame (via P.Inviti 4). Ciò significa che nasce da genitori alfabetizzati “con i piedi al caldo“ (è un modo di dire popolaresco) per quanto riguarda la situazione economica famigliare, destinato, perciò, agli studi più che al lavoro manuale. Quasi cinquant’enne, autobiografandosi, avrebbe, poi, scritto: Mio padre aveva sognato per  me, figlio maschio unico, la professione dell’ingegnere: mi diedi alla letteratura. Mi ostacolò con ogni mezzo e io scrissi commedie. Mi obbligò all’amministrazione della sua fonderia e io scrissi commedie. Me ne strappò e io ne scrissi altre. Commedie, commedie, commedie che inviai a tutti i Capocomici italiani, dei quali serbo, gelosamente, tutti i giudizi. Posso, anzi, assicurarvi che tra questi ve ne sono di quelli più spaventosi della  mia cocciutaggine. Il mio era un vero e proprio malanno. Mi pareva di non sapere fare altro, sino a che Gino Rocca – perchè disturbavo anche gli autori – ritornandomi un piccolo copione, ebbe a scrivermi parole che accesero in me assai più viva la fiamma. E allora, senza sosta, di notte e di giorno, al lavoro.

1929 – Una novità assoluta allo Stabile. Come abbiamo annunciato, questa sera alle ore 21 nel Teatro della Stabile Filodrammatica (via Riva Reno 77, Palazzo Scagliarini), avrà luogo l’attesa rappresentazione del nuovo dramma di R.Lelli e G.Basaglia, “L’insulto“. Uno degli autori della opera sopraddetta è stato recentemente premiato al concorso per la commedia bolognese. Il lavoro che ha scene intensamente drammatiche e ricche di appassionata umanità, è stato posto in scena dai giovani attori della Stabile – amorosamente diretti dal Cav. Podda – con la miglior cura.

E’ l’esordio di Renato Lelli come scrittore di testi teatrali. La breve notizia è datata 30 gennaio, pubblicata da Il Resto del Carlino. Il 2 marzo è notiziata una replica. La Compagnia Angelo Gandolfi, per la recita in onore di Elvira Avoni, decide di mettere in scena l’atto unico di Renato Lelli “V’accurdav?“, destinato a far parte del repertorio tradizionale del teatro diallettale bolognese, periodicamente inserito in cartellone da compagnie diverse.
La prima notizia relativa a questo atto unico è datata 5 marzo, pubblicata da Il Resto del Carlino. Massimo Dursi, recensendo una rappresentazione del 15 marzo 1960 (regia dell’Autore) scriverà, poi: “V’accurdav?“ è  tra le primissime commedie dell’autore bolognese: vincitore – se ben ricordiamo – di un concorso dialettale, l’atto unico fu rappresentato dalla Compagnia Gandolfi nel 1929 (…) L’opera conserva intatto il suo profumo, garbato e appena increspato d’ironia affettuosa: ancora se ne apprezza la sincerità attenta e commossa, la freschezza gentile della scrittura (…): tanto si mantiene fedele ad un suo assaporato naturalismo.

1930 – Vince un Concorso Nazionale con una commedia intitolata “La sua felicità“. E’  l’anno dell’incontro col quattordicenne Paolo Zuccagni a Montecatini. Ha inizio una “affettuosa amicizia“, dalla quale scaturirà un rapporto di coppia destinato a durare fino al 1962.

1931 – Concepisce ciò che 17 anni dopo racconterà ai lettori di un quotidiano bolognese titolato “Beffe dietro le quinte“. Causa l’esterofilia imperante nella programmazione teatrale nazionale, decide di firmare le sue  commedie con lo pseudonimo ungherese Franz Kir-loe dichiarandosi suo referente e traduttore in Italia. Ne propone una, intitolata “Varieté“ a Irma Grammatica che la mette in scena con Luigi Carini al Teatro Odeon di Milano (7 dicembre, la prima).

Renato Simoni la recensisce favorevolmente per il “Corriere della Sera“, scrivendo una delle sue cronache destinate a essere ripubblicate in volume antologizzate. Altre recensioni favorevoli le scrivono Pio De Flavis per “Ambrosiano“, Carlo Lari per “La Sera“, Leonida Repaci per “L’Illustrazione Italiana“.
Questo lavoro del giovane e già autorevolissimo autore magiaro, teneva il cartellone a Vienna e a Budapest da oltre 200 sere, sempre con crescente successo, e che era quella senza dubbio, la prova migliore del pregio dell’opera e la sua sola raccomandazione.
Si legge ciò in un giornale e “Varieté“ riscuote successo, replicata in numerose città: dando notorietà nazionale al giovane commediografo bolognese mascheratosi ungherese.
Nel principio dello stesso anno il Lelli ha partecipato al Concorso Testoni con due commedie dialettali che non ci risulta siano state premiate, nè mai rappresentate: “Pirlocch“ (tre atti), contrassegnata dal motto “Che pérdèr l’é mej vincér“  e “Mi mujer“ (tre atti) contrassegnata dal motto “O prema o po’ a vinzrò pùr!“.
La Fameja Bulgneisa conserva una lettera datata 7 aprile 1931 e indirizzata al Segretario del Concorso, Fernando Panigoni, leggendo la quale è facile supporre il Lelli contrariato per l’esito conseguito come concorrente già in carriera dotato di autostima.
Ill.mo Signor Segretario, ho parlato stamane al signor Dozza e al signor Drusiani. Vuol farmi la cortesia di consegnare al latore i due lavori in dialetto bolognese che inviai all’ultimo Concorso? I titoli: “Pirlocch“ e “Mi mujer“. Il latore firmerà per me la ricevuta. Grazie infinite. Dev.mo Renato Lelli.

1932 – “Varieté“ giunge a Bologna per essere rappresentata all’Arena del Sole (24 aprile, la prima). Qualcuno (Federico Zardi !?) mette la pulce nell’orecchio (come suol dirsi!) di Irma Grammatica, dicendole che Franz Kir-Loe non esiste, poichè il vero autore della commedia è il suo traduttore Renato Lelli. L’attrice va su tutte le furie (per dirla, ancora, come suol dirsi!) e convoca il giovane bolognese al quale chiede spiegazioni.
I due dialogano come qui di seguito (trascrivendo una memoria del Lelli).
- Lei è il traduttore?
-Si, signora! Se ricorda, le sono già stato presentato a Milano.

- Lo sa che si vocifera che Franz Kir-Loe non esiste e che l’inventore di questa beffa altri non è che lei? Che cos’ha da dire?

-  Io… io cado semplicemente dalle nuvole. Se fossi autore di una commedia  come “Varieté“ di certo non mi nasconderei. Che esiste Franz Kir-Loe io lo so bene! Se lei vuol vedere il copione originale, io sono sempre disposto a mostrarglielo! Quest’è una burla…
- …di pessimo gusto!
- Certo! …e messa in atto da qualche pazzoide! Del resto, se a Milano lei dubitò che io avessi ben capito quel che avevo tradotto, come può credere ora che io, un simile lavoro, l’abbia addirittura creato?
- Già, è vero! In ogni modo si metta in contatto con i critici dei giornali locali. Che questa storia non trapeli in ciò che scriveranno domani,  altrimenti a Venezia la commedia non potrà essere rappresentata. Vada. Vada!

Uscito dal camerino di Irma Grammatica, il Lelli incontra l’attore Luigi Carini, col quale dialoga come qui di seguito (trascrivendo la stessa memoria autobiografante).
- Dunque, se fossi io l’autore…
- Sa …gli impresari rifuggono dal far rappresentare commedie nuovedi autori nuovi. E’ il suo primo lavoro
- Ma Kir-Loe è nuovo per l’Italia, perchè questo suo “Varieté“ è il suo primo lavoro che si rappresenta da noi!
- Si!!! …ma ci giunge con grande notorietà. Scusi, debbo finire di truccarmi.

Dopo Luigi Carini, incontra un altro attore della Compagnia, col quale dialoga come qui di seguito.
- Voci lanciate da qualche invidioso, da qualcuno che ha interesse a mettere zizzanie.
– Ma chi?
- Lei non ha persone che le vogliano male?

- Non, non credo! Ma poi che c’entro io?

Interviene nella conversazione l’attrice Cele Abba.
- Franz Kir-Loe non esiste? Mi fanno ridere! Oggi ho parlato con un signore che m’ha detto d’aver ascoltato la commedia a  Vienna e che gli è tanto piaciuta!
- E non l’ha detto alla signora Grammatica?
- E chi le va alla a testa quando è così inquieta!

Così fino al suono del campanello che indica l’inizio dello spettacolo.
Un mazzo di rose, recapitato da una Società Internazionale (antesignana di Interflora), attende Irma Grammatica all’Albergo San Marco con un biglietto sul quale è scritto: Franz Kir-Loe ad una sua grandissima interprete. Vienna
Il più, a questo punto, sembra fatto per rintuzzare ulteriori pettegolezzi sulla identità del commediografo ungherese.
Lamberto Picasso mette in scena con la sua Compagnia al Teatro Garignano di Torino (10 dicembre, la prima) “Champagne“, altra commedia di Franz Kir-Loe.
Così giudicata da un critico: Commedia strana e interessante  che si svolge nell’ambiente equivoco e corrotto di un “tabarin“, ma che esprime una addolorata e romantica umanità, che ha toni di satira sociale e di disperata sensibilità.

L’autore è assente la sera della prima. Si giustifica inviando un telegramma, scritto in lingua francese, che l’attore sventola in faccia ai giornalisti e legge ad alta voce:  Sono a Ginevra per l’andata in scena di una mia nuova commedia. A lei e a tutti i suoi attori, miei nuovi interpreti italiani, tutta la mia gratitudine per il buon successo di “Champagne“. Devotissimo Franz Kir-Loe.

1933

Franz Kir-Loe, alter ego del commediografo bolognese continua ad avere successo. La Compagnia Nella Bonora – Carlo Ninchi mette in scena la commedia “St.Moritz“ al Teatro Exelsior di Milano (27 novembre la prima).
Renato Simoni scrive nella sua cronaca: …I bravi e volonterosi giovani che compongono la Compagnia di Nella Bonora hanno fatto applaudire Saint Mortz di Kir-Loe, autore di nazionalità incerta. Si sono avute tre o quattro chiamate dopo ogni atto.
Repliche al Teatro Sociale di Brescia. Mario Intaglietta, critico teatrale della Gazzeta del Popolo di Torino, sostiene l’esistenza dell’autore ungherese scrivendo: Franz Kir-Loe è un giovane autore ben conosciuto a Budapest e a Vienna, dove divide con Elemer Boross i favori del pubblico. Ha poco più di quarant’anni, un ingegno disordinato ma vivo, un viso strambo ma interessantissimo ed un’attività multiforme e irrequieta. Di professione fa il diplomatico e per istinto scrive commedie. Nessun mistero, quindi, sulla paternità dei lavori che sono rappresentati col suo nome. Di poco chiaro, e non soltanto in questo pasticcio, non vi è che il gran disordine che regna nelle cose del teatro.
Renato Lelli ringrazia il giornalista e fornisce ai giornali un ritratto di Franz Kir-Loe, opera del pittore viennese Kovens, dipinto invece dalla bolognese Lea Colliva: comunicando che il barone bolognese Attilio Dubois-Deveaux ha assunto il ruolo di rappresenttante dell’autore ungherese, divenendo “referente“ per ogni informazione e trattiva.

1934

Il ritratto di Franz Kir-Loe dipinto da Lea Colliva e pubblicato dai giornali come opera del pittore austriaco Kovens desta nuovi sospetti. Un cronista scrive che: … il falso si rivela sempre più evidente . Le rose inviate da Budapest a Irma Grammatica, tramite una Società Internazionale, sono considerate un “trucco“, e così pure il telegramma in lingua francese inviato da Gineva a Lamperto Picasso.
Qualcuno decide di svolgere indagini, deciso a publicizzare, poi, il risultato. Scopre che le rose per Irma Grammatica sono state inviate veramente da Budapest, così come il telegramma a Lamberto Picasso è stato inviato da Ginevra.

Il barone Attilio Dubois-Deveaux fornisce ai giornali una foto, nella quale il Kir-Loe risulta “pedone“ a Budapest. Un giornale la pubblica. Altri giornali si schierano con gli “increduli“, ignorandola.
Un cronista del “Popolo d’Italia“ edito a Milano scrive: Chi è Franz Kir-Loe?
Sotto il nome di questo autore, presentato come ungherese, alcune nostre Compagnie drammatiche hanno già rappresentato e rapresentano parecchi lavori. Ma il curioso è che il nome di Franz Kir-Loe è assolutamente ignoto in Ungheria, come sono affatto sconosciuti i titoli dei suoi lavori già dati o annunciati in Italia.

Qualche giorno dopo ne “Il Resto del Carlino“ di Bologna appare un articolo nel quale si legge: In seguito a una domanda apparsa nella “Settimana Teatrale“ del “Popolo d’Italia“, ove era chiesta “Chi è Franz Kir-Loe?“, la Società degli Autori ungheresi comunica: “Dichiariamo che uno scrittore ungherese di nome Franz Kir-Loe è totalmente sconosciuto a questa Direzione, non solo, ma a tutti i soci della nostra associazione. Secondo nostre informazioni, risulta poi che nessuno scrittore ungherese ha mai usato una tale firma come pseudonimo. Ci è infine assolutamente ignoto che i lavori rappresentati in Italia appartengano a uno scrittore ungherese“.
Nel giornale “Pesti Hirlap“ di Budapest del 14 febbraio appare  l’articolo firmato Ignazio Dalla riprodotto qui di seguito.
Sulla scena italiana è apparso recentemente un uovo scrittore ungherese, il cui nome, però, è affatto sconosciuto in Ungheria. Franz Kir-Loe, questo è il nome che appare sui manifesti. Non solo io non conosco Franz Kir-Loe, ma non lo conosce nemmeno la Società degli Autori italiana alla quazle è completamente sconosciuto questo autore che si presenta magiaro. Dopo di che – è naturale – sono apparsi degli articoli sui maggiori giornali italiani che hanno messo in dubbio l’esistenza di questo ungherese dal nome così strambo. Ma Franz Kir-Loe – che nessuno conosce, perchè le trattative in suo nome vengono sempre condotte dal suo rappresentante – insiste testardamente sulla sua essenza di magiaro, sino a trovare in un giornalista torinese un suo tenace difensore. Dopo di che sarebbe veramente interessante stabilire se vive o meno questo è Franz Kir-Loe nel mondo degli scrittori e dei diplomatici di Budapest. Ma vi è da credere, invece, che si tratti  di un italiano che si è scelto questo nome, perchè in Italia il nome ungherese e di buon augurio, per cui le Compagnie drammatiche italiane considerano i lavori magiari come quelli più adatti per il successo di cassetta.

1935/1936 –

Le polemiche infuriano, i cronisti teatrali si schierano su fronti avversi, il pubblico affolla i Teatri nei quali si rappresentano le commedie del presunto falso autore ungherese.
Wanda Capodaglio si propone come protagonista di una commedia intitolata “La signora Lucia“. Altri capocomici si contendono la rappresentazione di altre commedie intitolate “Il suonatore di chitarra“ e “Bella“. Numerosi attori e attrici inviano al Lelli le loro foto perchè siano recapitate all’indirizzo di Franz Kir-Loe.
I critici che disdegnano la polemica sulla “identità“ dell’Autore ungherese, elogiano le opere rappresentate, scrivendo: Kir-Loe appartiene alla scuola dei moderni commediografi magiari che hanno la spregiudicatezza, la festosità scenica e quel modo di immaginare i personaggi, non come dei manichini comici o tragici, ma come delle persone vere, con virtù e difetti, capaci di slanci eroici e, ai loro momenti, anche di piccole viltà.

L’autore, però, continua a disertare la prima di ogni rappresentazione, segnalandosi in tutt’altre faccende affaccendato, con l’invio di messaggi e omaggi floreali, da varie città capitali auropee, alle attrici, agli attori, agli impresari, al suo “traduttore“.
L’inganno continua a funzionare e a far notizia. I giornalisti intervistano il “traduttore“ Renato Lelli che iniste nel sostenere di non essere l’autore delle commedie rappresentate.

– Le traduce mia madre, in verità. Io rivedo la forma.- Sua madre è ungherese?
- No, ma ha vissuto parecchi anni a Buda. E’ stato Gherardo Gherardi a mettere in giro la storia che l’autore di “Varieté“ sono io. Invece vi assicuro che lo scrittore magiaro è vivo, vegeto e che attualmente si trova in Svizzera. Da poco, poi, ha ottenuto la cittadinanza italiana.

- Per quali meriti?
- Questo non lo so.

La matassa s’ingarbuglia sempre più, la confusione aumenta, le commedie dell’ungherese continuano a essere rappresentate con successo e continuano ad avere capocomici ben disposti a interpretarle e impresari interessati a finanziare la loro messa in scena.
Il commediografo bolognese, confuso tra gli spettatori in platea, coglie alcuni commenti che lo lusingano e gratificano.

- Come si sente che è roba tedesca!

- Bel dialogo! Già, da noi, non lo sanno fare così!

- Dii, ti piace?

- Si, molto, è un po’ grigio.

- Che discorsi: leggi un po’ il nome dell’autore!

- L’ho letto. Di che razza è?

- Mi pare che abbiano detto che è russo.

1937 –

Il can-can giornalistico sulla identità di Franz Kir-Loe continua, sempre più rumoroso. Il Lelli, sempre più indiziato e indagato come artefice di un raggiro, comincia ad accusare crisi di identità allarmanti. Decide, perciò, di scrivere una commedia “…sull’intera vita di Wagner“ e di lanciarla col proprio nome rappresentata all’estero.
Per saperne di più, a questo punto. Considero opportuno far leggere ciò che avrebbe scritto alcuni anni dopo scrivendo un articolo giornalistico del genere autobiografante.

Il mio “Wagner“ piacque enormemente, venne tradotto da Herczec, una delle prime case editrici viennesi mi firmò un contratto con esclusiva per tutto il mondo, cinema e stampa compresi. La mia commedia sarebbe stata rappresentata al Burghtheater di Vienna nell’interpretazione di Werner Krauss.

La mia gioia non ebbe più limiti: ottenendo un successo, in Italia non sarei più stato uno sconosciuto e tanto meno rifiutato. Ma in Austria uccisero Dofluss, le complicazioni internazionali annullarono ogni mia speranza e il Ministro austriaco alla Educazione, Ludwig Karpat, vietò l’andata in scena di un lavoro d’autore italiano. Tutto naufragò irrevocabilmente. Una sera del dicembre 1937, a passeggio per le vie di Bologna, in compagnia di Wanda Capodaglio, la  mia fiamma riprese a bruciare. L’attrice non aveva mai creduto interamente all’esistenza di Franz, purtuttavia si meravigliò.

“C’è tanto bisogno di buone commedie – mi disse – e quel Kir-Loe è qualcuno“.

Ripresi allora sottobraccio il mio amico d’Ungheria, senza dubitare che quella sarebbe stata l’ultima passeggiata che si faceva insieme. In meno di un mese scrissi “All’insegna delle sorelle Kadar“.

1938 –

E’ l’anno del maggior successo teatrale di Renato Lelli e dello smascheramento di Franz Kir-Loe.

La compagnia di Irma e Emma Grammatica mette in scena al Teatro Manzoni di Milano (9 marzo, la prima) la commedia in tre atti “All’insegna delle sorelle Kadar“. Renato Simoni scrive la sua “cronaca“ per il “Corriere della Sera“ iniziando  con una premessa.

Correva voce, ieri sera al Manzoni, che sotto il nome di Kir-Loe si nasconda uno scrittore italiano. Può darsi che sia vero: sebbene si possa osservare che oggi meno che mai gli autori italiani hanno ragione di chiedere la raccomandazione e la protezione di un nome esotico; e può darsi anche – si diceva pure questo – che la commedia non sia del tutto italiana, ma composta da un italiano, rimaneggiando elementi o narrativi o teatrali ungheresi.

Pio De Flaviis scrive per l’Ambrosiano: Alla fine del secondo atto di questa bella commedia, cessati i calorosissimi, innumerevoli applausi che avevano chiamato al proscenio Irma ed Emma Grammatica, qualcuno ha insinuato che il nome Franz Kir-Loe è quello del suo traduttore appartengano alla stessa persona, e che un annuncio giunto dall’Ungheria annuncia che là, tale autore, è completamente sconosciuto: Non saprei! Ma so che il traduttore, venuto dalla sua città per assistere alla prima rappresentazione di “All’insegna delle sorelle Kadar“, era ieri sera, dopo il successo, calmissimo. Prima non l’ho visto e non so dire quale fosse il suo vero stato d’animo. Egli smentiva, con tranquilla impassibilità, che la commedia fosse sua.

Leodida Repaci, ne “L’illustrazione Italiana“, scrive:  Se è vero che uno scrittore italiano si nasconde sotto il nome ungherese Franz Kir-Loe, perchè tanta timidità nel firmare una commedia che molti, in Italia, vorrebbero aver scritta? La commedia è viva, pittoresca e perfettamente costruita: Le sorelle Grammatica hanno colti entrambe un successo memorabile. Non si poteva entrare nell’armata e, a tratti, schernitrice asprezza dell’una, nella sognata e dolorante umanità dell’altra, con più originalità e con più estro. Di ciò si rese conto il pubblico che acclamò lungamente le due grandi interpreti nel cui nome si riconosce tanta gloria del nostro Teatro.

Nel “Popolo d’Italia“, scritto da un cronista anonimo, appare pubblicato questo testo: Cerchiamo anzitutto…se possibile, di mettere a posto lo stato civile di questa commedia, tutt’altro che chiaro. I preannunci murali ci hanno fatto sapere che l’autore Franz Kir-Loe è, meglio, a quanto si vorrebbe far credere, ungherese (era meglio, forse, in tal caso, scrivere addirittura Ferenc anzichè Franz!) e sotto il nome del suo traduttore. Di questo Kir-Loe, del quale in Italia furono rappresentate altre commedie, è, come persona fisica e come autore, inesistente. In Ungheria non si sa nulla di lui nè assolutamente nulla delle sue commedie. Di chi è, allora, l’opera teatrale che è stata rappresentata ieri sera al Manzoni di Milano? Siccome le opere drammatiche non nascono per germinazione spontanea, siamo stati punti dalla vaghezza di scoprire il  mistero. Indagine, in verità, non facile. Ma l’Ente Ialiano Scambi Teatrali, che fra le molte sue importanti mansioni ha anche quella di disciplinare il repertorio delle nostre compagnie drammatiche provvedendo al collocamento delle commedie, ci è venuto in aiuto. Esso è infatti l’organismo che meglio d’ogni altro è in grado di conoscere vita, miracoli e morte dei lavori sia italiani che stranieri, ospitati sulle nostre scene. E l’Ente, per bocca del suo esperto capo gr. uff. F.A.Liverani, ci ha rivelato quanto, in verità, immaginavamo da un pezzo: che sotto il fantasioso nome di Franz  Kir-Loe si nascondesse colui che per parecchi anni s’era attivamente occupato in Italia delle rappresentazioni di tutte queste commedie magiare. Un tal signore, dunque, che modestamente si contenta di essere indicato nei manifesti come traduttore. Questa è la sua posizione, e la posizione delle opere teatrali che figurano sue nei riguardi della Società degli Autori. C’ è dunque, da parte di lui, una rinuncia alla gloria, ma non ai decimi spettanti per le rapresentazioni. Come e perchè e da chi, fin dal 1931, egli sia stato autorizzato a servirsi di uno pseudonimo straniero per lanciare le sue commedie, non c’interessa per ora precisare. E’ un argomento che non può essere trattato di sfuggita in un resoconto teatrale, e che si ricollega al  problema delle traduzioni, delle pseudo-traduzioni, degli adattamenti che è tra i più importanti e delicati.

Il corrispondente in Italia di un giornale francese diffonde la notiizia della “burla“ teatrale al di là delle Alpi, scivendo per i suoi lettori un corposo articolo che ha questo inizio: Guarda guarda che scoperta! In Italia, dove tutto è protetto, dove tutto è autarchico, i poveri autori per essere rappresentati sono costretti a nascondersi sotto degli pseudonimi stranieri.

Il commediografo Sabatino Lopez scrive una lettera al Lelli, nella quale si può leggere: “… se Franz Kir-Loe esiste, inviagli a mio nome i miei più vivi rallegramenti, ma se Franz Kir-Loe sei tu, questo è il momento di dire la verità“.

Alcuni estimatori gli scrivono altra lettera nella quale si può leggere: “… che Franz Kir-Loe esista o no, a noi poco importa. Gli impresari richiedono suoi lavori, li vogliono, li esigono, lei li traduca o li scriva  al più presto. Gliene saremo grati“.

Tornato nella sua casa di Bologna, però, Renato Lelli trova ad attenderlo un telegramma: “Per ordine del Duce, la signoria vostra deve presentarsi al più presto nell’ufficio del Ministro Pavolini al Ministero della Cultura Popolare“.

Ciò significa inequivocabilmente che il considdetto “colmo“ è stato raggiunto e la “beffa“ teatrale è traboccata vistosamente e irrimediabilmente.

“E’ tempo di mettere fine a questa storia“, gli dirà il Ministro. Continuando: “E’ un ordine che vi do. Capito? … e se non basterà, se vorrete continuare nel gioco, la vostra carriera sarà stravolta, in pieno. Potete andare“.

Il Lelli scrive, allora, immediatamente un testo e lo invia ai giornali di Milano che lo pubblicano, intitolato: UNA COMMEDIA UNGHERESE O ITALIANA? – Renato Lelli (inventore di Franz Kir-Loe) risponde: Italiana!

Questa la prima parte di tale testo.

Io, il sino ad ora traduttore di tutte le opere del commediografo ungherese Franz Kir-Loe, sulla più o meno chiara identità di questo scrittore, giuro di dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità: che è tempo di dirla per mettere finalmente le cose a posto e anche per tranquillizzare quei giornalisti che da anni si preoccupavano tanto, per essa. Facevano del resto il loro dovere, come io facevo del mio meglio per raggiungere uno scopo che mi ero prefisso in piena coscienza. Dunque, signori della Corte, qualunque sia la condanna che mi spetta, ecco la verità “vera“: Fran Kir-Loe non è mai esistito. Esisto solo io: Renato Lelli. Un piccolo nome d’uomo che ha lottato e che lotta per raggiungere il suo posto al sole. Questa verità m’ero promesso di tenerla celata, sino a che non avessi ottenuto nel teatro un vero successo. Io credo che non la dimenticherò mai la sera del 9 marzo 1938 perchè l’esito della mia commedia “All’insegna delle sorelle Kadar“, al Teatro Manzoni di Milano, è stato tale che avrebbe confuso, penso, qualunque autore “arrivato“. Il bello è che neppure lo dimenticherei, se invece di un successo fosse stato un fiasco.

Il 1938 è anche l’anno in cui la Compagnia Dina Galli rappresenta a Napoli (22 ottobre, la prima) la commedia in tre atti intitolata “L’allegra Micifù“ di Renato Lelli divenuto ex Franz Kir-Loe.

1939-

La Compagnia Luigi Carini mette in scena al Teatro Odeon di Milano (27 settembre, la prima) la commedia in tre atti intitolata “La pelliccia di visone“.

Renato Simoni scrive nlla sua “cronaca“: Vorrei che il Lelli, autore dlle interessanti Sorelle Kadar, non si lasciasse attrarre da questo teatro d’avventure e di crimini, poichè ha il diritto e il dovere di coltivare più belle aspirazioni.

1940-

La Compagnia di Emma Grammatica mette in scena al Teatro del Casinò di San Remo (27 gennaio, la prima) la commedia in tre atti intitolata “Uno scandalo aristocratico“. La replica al Teatro Olimpia di Milano (5 febbraio, la prima).

Renato Simoni scrive nella sua “cronaca“: Renato Lelli ha scritto questa commedia per porvi nel centro una figura femminile che potesse grandemente giovarsi dell’arte di Emma Grammatica.

La stessa Compagnia teatrale mette in scena al Teatro Manzoni di Milano (11 dicembre, la prima) la commedia in tre atti intitolata “Francesca“.

Renato Simoni scrive nella sua “cronaca“: Nella commedia non manca nulla di ciò che può accarezzare la sentimentalità del pubblico: il castigo del malvagio, il trionfo della virtù, i teneri affetti, l’abnegazione che piange dentro, ma, fuori, serba le ciglia asciutte e alla fine, il profilo dell’imminente cipresso cimiteriale. Il Lelli, che ha stoffa di commediografo, s’è però “inteatrato“ del tutto, andando incontro ai più tradizionali gusti della folla; e fu infatti applaudito assieme agli attori cinque o sei volte dopo ogni atto, e tre volte fragorosamente a scena aperta; due volte nelle scene di Emma Grammatica. E una in una scena di Franca Dominici.

1941-

La Compagnia Marcello Ciorda mette in scena al Teatro La Pergola di Firenze (13 ottobre, la prima) la commedia in tre atti intitolata “Il viaggiatore solitario“.

Ernesto Ferreri scriverà del commediografo bolognese nel suo libro intitolato “Novità di Teatro“ (pp. 154-157).

1942-

La Compagnia Emma Grammatica mette in scena al Teatro Comunale di Treviso (10 gennaio, la prima) la commedia in tre atti intitolata “Le vedove di Kiev“.

La Compagnia Dina Galli mette scena al Teatro Argentina di Roma (3 novembre, la prima) la commedia in tre atti intitolata “K.L.47“.

1943-

La Compagnia Drammatica della quale è Direttore mette in scena al Teatro O.N.D di Riola/Bologna (7 maggio, la prima) la commedia in tre atti intitolata “Una donna straordinaria“.

Tra gli interpreti c’è il bolognese Raul Grassilli esordiente diciannovenne.

1948-

Rappresentazione all’Arena del Corso di Bologna della commedia “Le sorelle Bentivoglio“, versione dialettale della commedia intitolata “All’insegna delle sorelle Kadar“ portata al successo dalle sorelle Grammatica nel 1938.

“Il Pomeriggio“, quotidiano d’informazione edito a Bologna, pubblica un’ampia recensione dalla quale merita di essere stralciato il brano che segue.

La commedia di Renato Lelli, di questo nostro valoroso collaboratore che per lunghi anni ha tenuto in scacco la critica, presentando sotto il falso nome ungherese di Franz Kir-Loe alcuni ottimi lavori teatrali di gran successo, ha ieri sera ottenuto il più grande consenso di pubblico. E’ un caso raro che nel nostro teatro dialettale una vicenda come questa, a sfondo drammatico, fondata sul conflitto psichico delle due protagoniste, abbia incondizonati applausi… Il pubblico del nostro teatro è infatti avvezzo alle commedie di “caratteri“ nelle quali egli attende sempre la situazione comica e la battuta brillante. Ma ieri sera, tutti sono stati avvinti dalla magistrale costruzione della singolare vicenda, la quale ha recato un potente afflato di vera umanità sulle scene dialettali bolognesi. L’esecuzione è stata assai curata e lodevole.

La Compagnia Maria Melato mette in scena al Teatro del Casinò di San Remo (20 dicembre, la prima) la commedia in tre atti intitolata “Simona“.

Il Lelli invia in concorso al Premio Riccione una commedia in tre atti intitolata “Wagner“ (tutta la sua vita). Non è premiato, nè segnalato.

1949 –

Partecipa al Concorso di Poesia Dialettale, tema “El scàrp“, e si aggiudica il terzo premio con un sonetto. Lo pubblica La Fameja Bulgneisa.

Assume la direzione artistica della Compagnia del Teatro Bolognese “A.Testoni“ di Amedeo Cevenini.

Invia in concorso al Premio Riccione una commedia in tre atti intitolata “Freccia contro il sole“. E’ segnalato.

1950 –

Condivide con Mino Donati la regia delle sei commedie in cartellone prodotte dalla Compagnia del Teatro Bolognese. Assume la direzione artistica del Teatro Duse di Bologna dove mette in scena la commedia dialettale “O la vetta o la mort“ (30 marzo, la prima).

Massimo Dursi, critico teatrale de Il resto del Carlino (31 marzo) scrive: Dicendola divertente si potrebbe farla credere commedia di pura apparenza, affidata, cioè, semplicemente ad una facile comicità. Renato Lelli si è spinto assai oltre, ha dato talvolta alla sua commedia il sapore acre di un grottesco e ha riscattato un inizio un po’ fiacco o la gratuità di alcune situazioni, a volte anche macchinose, con salde e vigorose scene che si concludono in un irresistibile finale.

Arrigo Lucchini, nella sue “Cronache del Teatro Bolognese, dalle origini ai nostri giorni“ (Tamari Ed. 1981, pp.72-73) scriverà: Anche nel nuovo lavoro di Lelli, che appare in scena  il 30 marzo 1950, c’è uno “zio Rafflein“ ricchissimo e una folla di nipoti, uomini e donne, in attesa della sua dipartita. Ma lui, dopo essersi fatto credere – come il Bulo balestriano – moribondo, scatta in piedi sanissimo e perfido annuncia la sua volontà: se lui sarà il primo di tutti a morire, nessuno riceverà una lira; il suo patrimonio – lui vivente – andrà alla famiglia del primo bambino che nascerà o a quella del primo parente che morirà. Si scatenano ovviamente affannose corse al più rapido concepimento; si ipotizzano anche macabri piani atti ad affrettare possibili decessi. Alla fine, lo zio assegnerà le sue ricchezze a colei che non ha mai mosso un dito per procurarsele e ha gridato in faccia a tutti, zio compreso, la sua disgustata repulsione. Molto più teatrale degli omologhi, questo lavoro però, come gli altri, si trascina al piede la palla della scontata materia. Non sarà più ripreso.

1952 –

La Compagnia Emma Grammatica mette in scena al Teatro Quirino di Roma (18 gennaio, la prima) la commedia in tre atti intitolata “Una moglie“.

Durante i mesi di luglio e agosto conclude la scrittura della commedia in tre atti intitolata “Quando c’eri tu“ con la dedica: “A Rosina per tutta l’assistenza che mi ha data“. Scena unica la villa “Vetta marina“ sul mare di Sirolo in provincia di Ancona nella Marche che è possibile supporre luogo in cui ha trascorso le vacanze estive.

La Rosina della dedica è Rosina Dominici, figlia di Enrico Dominici cognato di Ermete Zacconi: una ex attrice di teatro che ha recitato anche con Petrolini fino al 1935, anno in cui si è ritirata dalla scene ed ha aperto un negozio (oggetti d’arte e illuminazione) a Bologna in via Farini (angolo via del Cane).

Tra la Dominici e il Lelli è in atto un rapporto di amicizia che durerà fino alla morte del commediografo, disapprovato dal compagno convivente Paolo Zuccagni.

1953 –

Scrive la commedia in tre atti intitolata “La valanga sul tetto“, datandola “Bologna, marzo 1953“, con nota autografa dopo la parola Fine, nella quale si legge: “Da questo momento, nel gran rifugio, di te, forte sempre più forte…il tic-tac dell’orologio = L’improbabilità del tempo“.

La stessa commedia, reintitolata “Sulle strade di notte“ e ritoccata qua e là, la invierà in concorso al Premio Riccione due anni dopo, aggiudicandosi il Primo Premio.

Martedì 22 dicembre, ore 21,30, inaugura la Accademia di Arte Drammatica (Teatro Minimo), della quale assume la Direzione.

Rappresenta sul mini palcoscenico della Tavolata delle Arti (via Castiglione 33 a Bologna) due novità teatrali per l’Italia: “Album di famiglia“ atto unico di Noel Coward e “27 vagoni di cotone“ atto unico di Tennesse Williams.

Massimo Dursi scrive ne Il Resto del Carlino: Il Teatro Minimo che Renato Lelli  ha creato e dirige con appassionata convinzione, e al quale auguriamo lieta e lunga vita, si è inaugurato ieri sera nella sala della Tavolata delle Arti. E’ un teatro senza scene nè costumi, alla cui mancanza soccorre l’immaginazione degli spettatori e l’ampia e ragionata lettura delle didascalie. Punta dunque sulla esatta interpretazione della battuta, sugli accorti movimenti – tanto più accorti in quanto lo spazio è breve – e su un attento impiego delle luci. Teatro essenzialmente espresso, dunque e perciò sommamente impegnativo.

Un teatro da camera diversamente nomato, insomma. Senza alcun riferimento al teatro di Jean Tardieu (1903 – 1995).

Il Teatro Minimo lelliano avrà il suo mini palcoscenico per alcuni anni nella grande sala della Tavolata delle Arti, destinata a divenire Circolo di Cultura presieduto a lungo dall’Avvocato Masè Dari (in via Castiglione 33). Insediandosi successivamente in via Castiglione 6/8, ospitato dal Teatro della Cassa di Risparmio e poi dal Teatro dei Postelegrafonici, fino al momento in cui si stabilirà nel Circolo della Stampa in via Gagliera. Dove sopravviverà per qualche anno al suo fondatore  diretto da Alfredo Confidati, con diversi addetti alla regia (Umberto Francia e Gian Piero Tenan, per es.), mantenuto in vita con ogni espediente e sacrificio dal suo compagno di vita e primo attore d’antan Paolo Zuccagni. Rimarrà nella memoria dei suoi attori e delle sue attrici (almeno 100),  però, interpreti dei numerosi atti unici messi in scena (160 circa) d’autori italiani e stranieri.

Notiziando la morte del Lelli ne La Fameja Bulgneisa, Andrea Badini scriverà: Fu il creatore del Teatro Minimo, che dirigeva da ben dieci anni. Istituzione teatrale volta a rappresentare atti unici, valorizzando esclusivamente autori italiani, valendosi della collaborazione appassionata di un complesso di ottimi interpreti, specialmente giovani. Questa sua paziente opera di organizzazione e di regia, cui egli dedicava con entusiasmo le sue giornate, onorava la nostra Bologna. Pur con mille difficoltà, il Lelli portava sempre a termine la sua “stagione“, riscuotendo plausi e consensi.

1954-

Annuncia la messa in scena della commedia intitolata “La madre di Gino“.  per la stagione 1954-55 del Teatro Minimo.

Invia in concorso al Premio Riccione una commedia in tre atti intitolata

“Come il verde dei nostri abeti“. Si aggiudica il Premio IDI (terzo). Sarà messa in scena nel 1958 dalla Compagnia Carlo Ninchi-Fausto Tommei.

1955 –

Si agiudica il Premio Riccione con la commedia in tre atti “Sulle strade di notte“. Il testo integrale sarà publicato dalla rivista Il Dramma (agosto-settembre 1956), dopo che sarà stato rappresentato al Teatro delle Arti di Roma (8 maggio 1956, la prima), interpretato da Carlo Ninchi, Isa Miranda, Sandro Ninchi, per la Compagnia del Teatro Italiano. Il regista Turi Vasile la tradurrà in film nel 1957 col titolo “I colpevoli“ (Colosseum Film/Italia), stessi attori con in più Vittorio De Sica, dopo averla ripresa e trasmessa televisivamente.

Concepisce il Concorso Nazionale Teatro Minimo per due atti unici d’autori italiani, che organizza per otto edizioni fino all’anno della sua morte, curando la messa in scena di tutte le opere vincitrici.

Risulteranno vincitori, nell’ordine: Ermanno Maccario e Anton Luca Bonora (1955), Flavio Bertelli e Gigi Lunari (1956), ferdinando Forghieri e Michele Galli (1957), Attilio Rovinelli e Pier Benedetto Bertoli (1958), Aldo Lupi e Paolo Sereno (1959), Franca Petracci e Pio Fantini (1960), Mario Fratti e Eva Franchi (1961), Bruno Magnoni e Tullio Piscopo (1962).

Pubblica la poesia dialettale intitolata “Gira la roda“ nella Strenna della Fameja Bulgneisa.

1956 –

Pubblica la poesia dialettale intitolata “La cà de mi“ nella Strenna della Fameja Bulgneisa.

1958 –

La Compagnia Carlo Ninchi-Fausto Tommei mette in scena al Teatro Sant’Erasmo di Milano (30 settembre, la prima) la commedia in tre atti intitolata “Come il verde dei nostri abeti“.

Roberto Rebora la recensisce per la rivista Sipario n.150.

La Compagnia del Teatro Minimo mette in scena a Bologna (28 ottobre, la prima) l’atto unico intitolato “Vedersi“, pubblicato nel mese di maggio dalla rivista “Il Ridotto”.

La Casa Editrice Letture pubblica a Milano la “Guida per il teatro“ di G.Toschi, nella quale si può leggere (pp.205-207): …rinunziò al nome di Franz Kir-Loe, commediografo ungherese, sotto il quale si era presentato per assecondare la presunta esterofilia del pubblico. Sarebbe stato ugualmente bene accolto col suo vero nome, poichè denotava sin dall’inizio scaltrezza di mestiere e sicurezza di tecnica, specialmente nella commedia d’ambiente ungherese che ha qualità teatrali, anche se un po’ dialettali, una chiusura drammatica del secondo atto e una conclusione sentimentale del terzo.

1959 –

Merita di esse presente nella Enciclopedia dello Spettacolo, fondata a Roma da Silvio D’Amico (vol.VI, p.1367), Casa Editrice Le Maschere. Che lo definisce: …autore di copioni elaborati con abile cura.

1961 –

Si aggiudica il Premio Gastaldi per il teatro, con la commedia in due tempi intitolata “Calipso per 5 donne“, destinata a essere pubblicata in volume l’anno dopo.

Scrive un lungo testo intitolato “Come ho vinto il Premio Nazionale Gastaldi“ che sarà pubblicato dal periodico La Fameja Bulgneisa n.3/62.

1962 –

La rivista “Il Ridotto” pubblica “Francesca” nel n.1/gennaio.
Muore il 15 agosto, dopo aver subita in una clinica privata un’operazione chirurgica per l’asportazione di un’ulcera duodenale.

Il Resto del Carlino pubblica un lungo articolo intitolato “Un lutto per il teatro – La scomparsa di Renato Lelli“, dal quale stralcio il brano che segue.

Martedì scorso è morto improvvisamente Renato Lelli: appassionato uomo di teatro, garbato e cordiale commediografo. Aveva 63 anni. (…) In questi ultimi  dieci anni, si era dedicato prevalentemente ad una attività impresaria, fondando e dirigendo, a Bologna, il Teatro Minimo: pian piano, con gli anni, destinandolo a rappresentare (ormai solo solissimo in simile meritoria impresa) atti unici di autori italiani contemporanei, e per giunta esordienti. Lo ricordiamo sul breve palcoscenico del Minimo alle prove generali, con quel suo fare cordiale e insieme riservato, l’aria linda e dolce, schivo, paziente: pronto anche, per amor di teatro, a prendere – se occorreva ( e occorreva piuttosto spesso) – gli strumenti dell’attrezzista. Una passione affettuosa, solerte, mai stanca.

Nello stesso giornale appare l’annuncio: Il Sindacato Nazionale degli Autori Drammatici e la Cassa Nazionale di Assistenza degli Autori Drammatici, partecipano con profondo dolore la scomparsa del commediografo RENATO LELLI che tanto fervore dedicò al teatro di prosa con opere impegnative di creazione e la direzione artistica del Teatro Minimo di Bologna.

La Fameja Bulgneisa, periodico dell’omonima associazzione culturale, lo ricorda nel n.8-9 con un lungo articolo di Andrea Badini e la pubblicazione postuma della poersia dialettale “Al palazott“.

Fernando Panigoni include la poesia intitolata “La cà de mi“ nel libro antologico intitolato “Poeti Petroniani del Novecento“, con versione italiana dell’autore.

1963 –

La Fameja Bulgneisa, congiuntamente al Circolo della Stampa, lo commemora cinque mesi dopo la sua morte, con la messa in scena de “Le sorelle Bentivoglio“ al Tatro del Circolo della Stampa (19 gennaio), interpreti principali: Bruno Lanzarini, Fanny Bertelli, Clara Colombini, Arrigo Lucchini.

Renato Lelli ha sempre abitato a Bologna, dove è nato, è vissuto ed è stato sepolto. Consultando gli Annuari della SIAE è possibile appurare che ha abitato in: via Cipriani 3, via L.Bassi 63, Strada Maggiore 10, Vicolo San Damiano 3 e via Die Poeti 5.  Con la madre Emilia (1877-1957) e  Paolo Zuccagni, suo primo attore e compagno di vita fino all’ultimo giorno. Le sue numerose residenze anagrafiche,  fanno supporre che non abbia avuto una casa di proprietà personale.

PAOLO ZUCCAGNI

Paolo Zuccagni è sopravvissuto fino al 2007: l’anno in cui è morto 93enne. Ospite della Residenza Sanitaria Assistenziale “Stella” di Monsummano Terme, nel territorio del suo luogo natale Montecatini, dove si è meritata l’intestazione postuma di una Associazione Culturale insediata in via del Bizzarro 19 (presieduta da Sergio Fattorini, direttore artistico Paolo Cardelli, informatore Luigi Palandri), con “Concorso” patrocinato dall’amministrazione comunale, riservato a compagnie di teatro amatoriale.

Conservo questa sua lettera autografa dell’estate 2001.

Carissimo Enzo
non ti sto a dire quanto mi abbia commosso ricevere la tua lettera. Mi ha riportato di colpo a tanto tempo passato… e che tempo… che tempi !! Quanti avvenimenti trascorsi e quasi scordati. GRAZIE. Voglio dirti il vero !! Non mi ricordo come sei fatto. Fisicamente, voglio dire !! Ma come sei DENTRO la tua lettera e il tuo modo di scrivere e di pensare del TEATRO mi rendono chiaro il tutto. GRAZIE di aver pensato al TEATRO MINIMO e soprattutto al suo CONCORSO. E tutto ciò a nome di RENATO LELLI. Quanti e quali ricordi !! Vorrei vederti per rivederti sopra tutto.
Quello che mi chiedi te lo spiegherò quando ti vedrò, che spero sia presto. In quanto ai carteggi e gli scritti di LELLI, con la sua scomparsa i parenti fecero sparire tutto. Commenti e lettere di grandi attori (una corrispondenza di grande valore). GRAMM,ATICA, MELATO, CAPODAGLIO, CORRADO RACCA e tanti altri. Tutto quello che riguardava RENATO è andato perduto, ignorato dai PARENTI…SERPENTI. LUI era di un’esattezza direi maniacale. Tutto perduto. CRITICHE ATICOLI riguardanti le SUE commedie e quelle del TEATRO MINIMO. Tutto perduto. A me è rimasto ben poco o niente. SOLO DELLE BRANDI AMAREZZE !!!!
La sua famiglia? Ti lascio immaginare che GENTE!
Se verrai ti potrò dire a voce tante cose.
Dopo la
SCOMPARSA di LELLI, la Tavolata delle Arti fu ceduta a tutt’altra gente. Io continuai al Circolo della Stampa come sai, poi continuai nel Teatro della Cassa di Risparmio, continuai con l’aiuto di persone che volevano molto che il Minimo vivesse. Poi dopo diverso tempo dovemmo finire l’attività perché io per una malattia di mia madre mi dovetti trasferire a Montecatini. Dove continuai a recitare in un circolo culturale. E poi la morte dei miei. e la mia età che avanzava mi dettero la mazzata finale. Ora sono qui in questa struttura dove mi trovo benissimo. Pensa che mi hanno fatto ricominciare a quasi 85 anni. Vieni e ti dirò meglio tante cose. Non so come potrai leggere questo scritto sconclusionato !! A voce mi spiegherò meglio.Ti aspetto !!! Prima di venire telefonami. Sarebbe meglio nel pomeriggio. Ricambio i cordiali saluti,… e io ti abbraccio.

Me lo ricordo abitante bolognese con mini domicilio e laboratorio in via Mirasole, impegnato a darsi reddito come virtuoso artigiano ciabattino fino al momento del suo ritorno definitivo a Montecatini.


La compagnia “Associazione Paolo Zuccagni”

La storia dell’Associazione Paolo Zuccagni è abbastanza recente, se si considera l’attuale denominazione, ma le sue radici affondano intorno all’anno 1977, quando Sergio Fattorini convince Paolo Cardelli a calcare le scene per la prima volta. Da allora la passione per il teatro li porta a vivere molte esperienze, anche in strade separate e con altre compagnie, fino al nuovo incontro nel 1994, dove con “Dopo la gioia” inizia la vera nascita del gruppo teatrale, si perché la denominazione associazione culturale “Paolo Zuccagni” prende vita solo nel 2004. La compagnia è stata così denominata in onore di colui che a Montecatini ha lasciato una traccia indelebile in chi ha avuto la passione di fare teatro ed è grazie a lui che ancora oggi c’è chi tiene vivo l’amore per questa arte. Lo scopo principale dell’associazione è quello di portare lo spettacolo in quei luoghi dove maggiore è il bisogno di un sorriso: case di riposo per anziani, parrocchie e istituti di vario genere. Lo facciamo a titolo completamente gratuito, ed un sorriso ed un applauso, ci ripagano abbondantemente delle fatiche. Ovviamente partecipiamo anche a rassegne e concorsi, ma l’obiettivo resta sempre la promozione del teatro come veicolo di socializzazione sia culturale che comunitaria. (luigi.palandri@tiscali.it) tel. 347.81 64 280


COMMENTO  ESEGETICO

Ognuno di voi lettori, giunti a questo punto (pagina) ne sa quanto basta di Renato Lelli, per cominciare a pensare con la propria testa, e per formulare opinioni, emettere giudizi.

Il commediografo bolognese è stato un capace organizzatore e un efficace promotore di se stesso e dei suoi testi teatrali. Lo pseudonimo ungherese Franz Kir-Loe fu un astuzia manageriale che lo avvantaggiò, inequivocabilmente, tenuto conto dei risultati che riuscì a conseguire. Le sue “beffe dietro le quinte“ le ha smascherate anni dopo scrivendo ciò che segue.

Chi parlò sempre per me fu il barone Attilio Dubois-Deveaux che mi aiutò fraternamente a mantenere l’inganno, assieme a Nino Berrini. E altri amici ebbi che mi aiutarono: il Presidente della Società degli Autori di Roma e il generale Giuseppe Bertolini, agente principale della sede di Bologna degli Autori. E un altro ancora, mio cognato Sebastiano Floridia, allora segretario dell’Ambasciata d’Italia a Mosca. Per mezzo suo conobbi Alberto Marino, segretario dell’Ambasciata a Vienna, che fu quello che mandò agli attori i telegrammi. Era un castello costruito bene, chè altrimenti sarebbe subito crollato. E mi aiutarono corrieri diplomatici che da una capitale o da un’altra, spedivano in Italia le lettere di Franz Kir-Loe. E mi aiutò la pittrice Lea Colliva che mi dipinse il viso dell’ungherese e che mi diede, quando questo dipinto non bastò, la fotografia di un ignoto.. ch’io feci “passeggiare“ per  le vie di Buda! Oh, il can-can giornalistico fu grande, ebbi istanti di moderazione, desiderai d’essere lanciato col mio vero nome! …niente da fare. Chi era Renato Lelli? Un traduttore. Figuriamoci! Un falso conoscitore della lingua ungherese, ma autentico e abile tessitore di trame non soltanto teatrali, oltre che un esperto “comunicatore“ massmediatico.

In una delle sue “cronache“ (12 dicembre 1940) Renato Simoni lo giudicò “inteatrato“, giudicandolo disponibile ad andare incontro ai gusti più tradizionali, pur di aver successo e pubblico numeroso. Tale qualifica sta a pennello al Lelli (come suol dirsi e come uno smoking d’alta sartoria), poichè il commediografo bolognese ha vissuto e operato tutto nel teatro, interamente nel teatro, soltanto nel teatro. Un teatro di puro e sano intrattenimento, senza tanti parologismi nei dialoghi e senza tanti psicologismi pretenziosi  nelle trame.

Un teatro scritto prescindendo dai conflitti sentimentali e dalle situazioni famigliari personali. In sintonia con l’ortodossia culturale della sua epoca, così ben sintetizzata nel brano che segue, pubblicato dalla rivista Sipario (maggio 1938): Non un teatro che si rivolga a ristrette cerchie di pubblico o particolari caste, ma un teatro che risponda all’intimo spirito della società e si adegui alla realtà del tempo.

Il Lelli fu certamente un vorace lettore di testi per il teatro e un assiduo spettatore teatrale a cominciare dall’adolescenza. Non è stato un rivoluzionario. E’ stato, piuttosto, un conservatore o un tradizionalista. L’eterodossia teatrale non l’ha mai praticata, nè emulata o condivisa occasionalmente, nemmeno in gioventù. Il naturalismo gli è stato riconosciuto come peculiarità personale da alcuni critici/recensori, già nel principio del suo successo come autore rappresentato. Nessuna delle sue commedie ha radici nella sua esistenzialità quotidiana e, quindi, nella sua vita privata. Oggi sarebbe un apprezzato autore di fiction televisiva, molto attivo nella programmazione della commedy
Può essere considerato un virtuoso artigiano della scrittura teatrale, un buon conoscitore dell’arte scenica e un abile trascrittore delle conversazioni amicali e famigliari (o parentali). Rispettoso degli stereotipi, per quanto riguarda i caratteri e degli archetipi per quanto riguarda le trame.

- Il nobile squattrinato.

- La giovane povera, ma bella, che sposa il ricco danaroso, ma anziano, per aiutare la famiglia in difficoltà finanziarie.

- Il matrimonio d’interesse voluto e ottenuto da una madre intrallazzona, moglie di un marito/madre imbelle.

- Il giovane sciupone e scioperato.

- La ragazza madre di un figlio di padre ignoto.

- Una eredità destinata a chi la meriterà dopo aver compiuto obblighi predeterminati o prestabiliti dal detentore del malloppo in vita.

- Il disamore coniugale e filiale.

- I disagi della vecchiaia in solitudine.

“Ha un modo disadorno di dialogare, un andar diritto allo scopo, una predilezione nel far ritratti. E’ semplice e amaro“, ha scritto Eligio Possenti nella sua “Guida al teatro“ edita nel 1950.

Della sua omosessualità, mai dissimulata nella vita di ogni giorno e nei  rapporti interpersonali, Renato Lelli non ha lasciato tracce evidenti autobiografanti in alcuno dei suoi testi. Non l’ha teatralizzata in alcun modo (sia esplicito sia dissimulato). Non l’ha teatralizzata nè come diritto di amare ed essere amati in termini inconfondibili, riferibili a una tendenza sessuale comune a tantissimi altri, nè come problema psicologico o sociale personale. In tutte le sue commedie e i suoi drammi manca ogni riferimento a scelte sessuali “omo“, oppure ai rapporti sessuali.

Renato Lelli è morto nell’anno in cui Aldo Capitini, dopo aver dato le dimissoni da battezzato con lettera inviata al suo parroco e resa pubblica, fece notizia col libro “Battezzati non credenti“ edito da Parenti. E’ morto nell’anno in cui il vescovo di Prato scandalizzò e indignò molti italiani per aver “bollato“ pubblicamente due innamorati conviventi non sposati, idicandoli al pubblico ludibrio come “concubini“ e perciò immorali peccatori.

La sua biblioteca è stata dispersa, dopo la sua morte, e così pure il suo ricco carteggio, costituito da lettere e documenti originali. Un completo repertorio dei ritagli stampa e delle recensioni che lo riguardano, però, è possibile comporlo consultando nelle biblioteche teatrali i giornali quotidiani editi, o maggiormente diffusi, nelle città in cui sono state rappresentate le sue commedie, di ognuna delle quali è nota la data della “prima“.

Consultando le riviste di teatro dell’epoca è possibile identificare foto di scena e notizie varie, sia brevi sia lunghe, sicuramente pubblicate. Altra documentazione è possibile rinvenirla tra i carteggi degli attori e delle attrici che hanno interpretato i suoi copioni.

Emma Grammatica ne ha interpretati cinque con la sua Compagnia, recitando con la sorella Irma, Dina Galli, Luigi Carini. Due copioni ognuno li hanno interpretati Carlo Ninchi e Irma Grammatica  senza la sorella Emma. Atri sono  stati messi in scena da Lamberto Picasso, Dina Galli, Maria Melato, Nella Bonora, Marcello Giorda, Angelo Gandolfi, Bruno Lanzarini.

I suoi maggiori successi li ha conseguiti durante tutti gli anni trenta del 1900, allorchè le sue commedie e i suoi drammi furono rappresentati nei teatri più prestigiosi di alcune grandi città da Compagnie Teatrali con primi attori e prime attrici popolari.

Ha avuto successo durante gli stessi anni trenta del Premio Nobel attribuito a Luigi Pirandello e della morte di Gabriele D’Annunzio, con i cinema affollati nei giorni di proiezione dei film detti “…dei telefoni bianchi“, imperante Petrolini.

Nelle Enciclopedia dello Spettacolo è definito “…autore di copioni elaborati con abile cura“. G.Toschi, nella sua “Guida per il Teatro“, dichiara di apprezzarlo perchè come autore ha costantemente dimostrato di possedere “…scaltrezza di mestiere e sicurezza tecnica“. La rivista Sipario lo ha più volte notiziato e recensito perchè ha ripetutamente dato “…prova di un sicuro istinto teatrale“. Leonida Repaci lo ha preso in considerazione, perchè ha giudicato le sue trame ben costruite, e le psicologie ben delineate, “…con una nettezza ed una precisione proprio del teatro verista. Massimo Dursi ha scritto: “Renato Lelli  era autore abile nel descrivere caratteri, si rivolgeva a sentimenti ben sperimentati e batteva perciò strade sicure. Della sua inclinazione sincera al teatro dava prova non solo attraverso i copioni propri, ma anche attarverso quelli degli altri. Per questo immaginò e diresse per  molti anni il Teatro Minimo, il quale rappresentò un numero rilevante di commedie che di regola non si rappresentano mai, quelle di un solo atto che non trovano repertorio accogliente, al più distratte pagine di riviste concesse in tempi di magra.

Il “TEATRO MINIMO” – Compagnia e Concorso Teatrale

Renato Lelli, il Teatro Minimo e il Concorso Nazionale Teatro Minimo sono stati e continuano a essere nella memoria di molti bolognesi e non, teatranti professionisti e dilettanti d’altri tempi e dei tempi più recenti, perché hanno ricordato o ricordano a molti il proprio debutto teatrale, sia autorale sia attoriale. Ricordato dai vincitori come Premio conseguito e prima messa in scena di un testo personale.
A Raul Grassilli (1924-2010) hanno ricordato finché ha vissuto la prima recita del 1943 col nome scritto sulla locandina, nei comunicati stampa e nel primo ritaglio stampa. A Piera Degli Esposti (1939) continuano a ricordarle il suo esordio del 1959. A Giorgio Celli (1935-2011) hanno ricordato, finché ha vissuto, la segnalazione del suo atto unico “S.O.S.“ in concorso nel 1959.
Non sono nella memoria, però, dei notiziatori di rappresentazioni teatrali dei nostri giorni, che redigono i loro pezzi riassumendo sommariamente la trama, prima di concludere scrivendo vaghezze, laconicità e convenzionalità, come ai tempi del Teatro Minimo, che esemplifico qui di seguito.

- La regia di Renato Lelli è stata penetrante e intelligente.

- Sotto la direzione di Renato Lelli la Compagia del Teatro Minimo si è fatta onore.

- Renato Lelli merita il successo che ha e viene confermato ad ogni prova.

- Bravi gli attori e sensibile il regista. Folto pubblico e applausi.

- Il successo è stato eccellente, lo spettacolo si replica.

- Gli attori hanno recitato piacevolmente ed efficacemente. Il pubblico numeroso ha applaudito con cordialità.

- Gli attori del Minimo, guidati da Renato Lelli hanno recitato gustosamente con piacevoli effetti e son tutti da citare: pubblico numeroso, applausi calorosissimi.

- Il regista Renato Lelli e i suoi attori han reso la commedia con efficacia e con gusto.

- La recitazione nella regia di Renato Lelli è lodevole.

- Il pubblico è numeroso ha applaudito calorosamente: un lieto successo.

- Gli interpreti si sono bravamente impegnati. Il pubblico ha vivamente applaudito.

- Puntualmente diretti da Renato Lelli, gli attori hanno avuto ottimi accenti, recitando con impegno ed efficaci.

- Il Minimo, regista Renato Lelli, ha messo in scena “Processo di famiglia“ di Diego Fabbri, con buona precisione e pulizia: e ne è sortita una delle rappresentazioni migliori di questo complesso, tutta tenuta su toni spenti, ma omogenea e serrata.

Sono le “code“ di alcune cronache teatrali, firmate in gran numero “Vice“, pubblicate da Il Resto del Carlino, tra il 1953 e il 1962. E’ facile supporle scarsamente considerate dal Lelli e dagli attori della sua compagnia, che le hanno comunque ritagliate e collezionate. Così come è altrettanto facile supporre apprezzatissime le digressioni di Massimo Dursi, notiziatore e recensore puntuale attento delle rappresentazioni di apertura e chiusura della stagione, tutte pubblicate dallo stesso quotidiano bolognese.

Le riproduco a futura memoria campionariandole con tre esemplari qui di seguito.

(15 giugno 1956) – Il Teatro Minimo della Tavolata delle Arti conclude con le recite di questa sera il suo secondo anno di attività. Un ottimo risultato, considerando quanto effimera sia diventata la vita di tanti complessi teatrali: Ma vi si è giunti per l’ostinata passione del direttore Renato Lelli e dei suoi attori disciplinati e disinteressati, capaci di sacrificare riposi e svaghi, e forse gli affari, per passare lunghe ore sul piccolo palcoscenico di via Castiglione. Questi meriti si spera saranno confortati da ben guadagnati aiuti che potranno nella stagione prossima arricchire di nuove possibilità una originale “stabile“ che si dedica al repertorio nazionale e in particolare a quello ingiustamente trascurato degli atti unici.

(16 ottobre 1957) – Il Teatro Minmo della Tavolata delle Arti si è rimesso in cammino. La sua costanza è tenace ben lodevole. Si sa per lunga esperienza che qua da noi, diciamo nella nostra città, se è difficile far qualcosa all’infuori dei commerci e della politica o della politica commerciale, è ben più difficile durare. Si potrà magari discutere se i risultati furono sempre quelli attesi o voluti, se le difficoltà da superare e che non dovettero essere , né debbono, né saranno poche, appaiono talvolta superiori al coraggio col quale si affrontano: ma questa tenacia non costituisce già di per se stessa un merito tutt’altro che comune? Auguriamo, dunque, un nuovo buon anno alla Compagnia e a Renato Lelli che la guida.

(29 ottobre 1958) – Il Teatro Minimo della Tavolata delle Arti ha riaperto ieri sera il sipario. La nuova stagione si annuncia nutrita. Il suo cartellone è variatissimo e composto tutto di novità per Bologna in assoluta maggioranza italiane. Autori provati e nuove leve e di disparate provenienze od estrazioni. Un panorama assai vasto. Auguriamo al Teatro che il suo pubblico lo sia altrettanto.

GLI ATTORI diretti da Renato Lelli per IL TEATRO MINIMO

Elenco in ordine alfabetico i cognomi maiuscolati con al seguito i nomi di coloro che mi risultano siano stati “attori“ diretti da Renato Lelli per il Teatro Minimo: quanti possano essere gli “ancora vivi“ nell’anno 2011 non è possibile ipotizzarlo, poiché dovrebbero avere un’età over70/80 i più giovani nati prima del 1962.

ALDROVANDI Lina – BALDINI Valerio – BARBIERI Pier Antonio – BASSO Gina – BASSO Ugo – BATTARA – BANDANDI Miris – BERTOCCHI Sandro – BIANCHINI Anna Maria – BIAVATI Giorgio – BIGIAVI Ivette – BOLOGNESI Anna – BONORA Anton Luca – BORIONE Pina – BOSCHI Francesco – CAMPO Silvana – CANOSSA Mario – CARLI Mario – CASCINO Anna – CATTANI Roberto – CONFIDATI Maria – CONTI Paola – CORTICELLI Vittorina – DAMIANO Giorgio – DEGLI ESPOSTI Piera – DI LORENZO Walter – DOLCI Lia – FEPA Giovanni – FORESTI Lina – FRABBONI Franco – FOLLETTI – GIANGRANDE Maria Grazia – GIORDANI Franca – GLORI Walter – GRASSI Mario – GUGGI Camillo – LAFFI Franco – LANZARINI Adriana – LENSI Cesare – LENZI Bruno – LORENZINI Rodolfo – LORI Anna – LUCCHINI Armando – MAGLI Romano – MANTOVANI Gianfranco – MARI Gino – MARI Mario – MAGONI Augusto – MARGOTTI Letizia – MASSARENTI Nino – MATTEUZZI Mariangela – MELONI Anna – MONETTI Mario – MONTANARI Gianni – MINGHETTI Enzo – MURGIA Chicco – NICOTRI Nunzia – PALLOTTI Aldo – PELLE Carlo – PELLE Carmelo – PELLEGRI Anna – PIAZ Gianna – PIAZ Paola – PIERFEDERICI Anna Maria – PLACCI Gabriella – PODDA FORTUZZI Giulia – PODESTI Ada – RAVENDA Maria Luisa – RAUNICH Adalberto – ROCCHI Giovanni – RODA Giovanni – ROMANO Pietro – ROSSI Enzo – ROVINETTI Stefano – SANTINI Alberto – SCOTA Remo – STANZANI Marisa – STARACE SAINATI Maria Bella – STORI Raffaele – TAFFURELLI Enea – TENAN Giampietro – TESTONI Ardea – TESTONI Mario – TORRI Diego – TOSSANI Ubaldo – UNITI Tatiana – VECCHIETTI Silvio – VENTURI Ivo – VERONESI Valeria – ZAMBONI Anna – ZAULI Umberto – ZUCCAGNI Paolo – ZUCCAGNI Umberto.

Molti l’hanno vissuta per diletto l’esperienza attoriale col Teatro Minimo diretto da Renato Lelli, conservando foto e ritagli che la documentano: questi documenti, chiunque li possegga, siano postati nel Gruppo creato in Facebook o in blog personali.
Di alcuni conoscitori del Lelli mi è stato detto ciò che scrivo qui di seguito (per es.): Gina Basso si è data notorietà come giornalista – Silvio Vecchietti, figlio di Massimo Dursi, si è attivato a Bologna come mercante d’arte – Lina Aldrovandi si trasferì in Sudafrica al seguito della figlia Maria Grazia Giangrande nel 1965 – Ferdinando Forghieri si è stabilito a Bergamo scrivendo altri testi per il teatro – Franca Petracci non si è mai mossa da Macerata, né ha smesso di scrivere.

I PREMIATI DEL CONCORSO “TEATRO MINIMO“

1955 – Ermanno Maccario (Isola a nord) / Anton Luca Bonora (Ritorno di solitudine)

1956 – Flavio Bertelli (Sua altezza, l’uomo bianco) / Gigi Lunari (Giovanna)

1957 – Michele Galli (Mezzogiorno) / Ferdinando Forghieri – Copioni 157

1958 – Attilio Rovinelli (Serafino) / Pier Benedetto Bertoli (La coincidenza)

1959 – Aldo Lupi (La luna nel pozzo) / Paolo Sereno (Meglio per tutti)

1960 – Franca Petracci (La nostra vita) / Pio Fantini (Gli adulteri)

1961 – Mario Fratti (Il ritorno) / Eva Franchi (I volti della paura) – Copioni 148

1962 – Bruno Magnoni (Martino e i partigiani) / Tullio Piscopo (Attesa del treno di mezzanotte)- Copioni 82

COMMEDIE RAPPRESENTATE scritte da Renato Lelli
(13 testi disponibili)

L’INSULTO

Tre atti scritti in duo con G.Basaglia

Compagnia della Stabile Filodrammatica

Teatro in Palazzo Scaglierini, Bologna (30 gennaio 1929)

V’ARCURDAV’

Atto unico dialettale

Compagnia Angelo Gandolfi

Teatro del Corso, Bologna (4 marzo 1929)

———-

La Fameja Bulgneisa, Bologna (aprile 1958)

———-

Compagnia del Teatro Minimo

Teatro Minimo, Bologna (marzo 1960)

La trama in una cronaca di Massimo Dursi (marzo)

VARIETE’

Tre atti firmati Franz Kir-Loe

Compagnia Irma Grammatica-Luigi Carini

Teatro Deon, Milano (7 dicembre 1931)

Arena del Sole, Bologna (22 aprile 1932)

———-

Comagnia della Stabile Filodrammatica

Teatro della Stabile, Bologna (22 dicembre 1935)

La trama in una cronaca di Renato Simoni (8 dicembre)

CHAMPAGNE

Tre atti firmati Franz Kir-Loe

Compagnia Lamberto Picasso

Teatro Garignano, Torino (10 dicembre 1932)

SAINT MORITZ

Tre atti firmati Franz Kir-Loe

Anteprima a Pola

Compagnia della Quercia con Nella Bonora e Carlo Ninchi

Teatro Excelsior, Milano (27 novembre 1933)

Teatro Sociale, Brescia (11 dicembre 1933)

La trama in una cronaca di Renato Simoni (16 dicembre)

ALL’INSEGNA DELLE SORELLE KADAR

Tre atti firmati Franz Kir-Loe

Compagnia Erma e Irma Grammatica

Teatro Manzoni, Milano (9 marzo 1938)

La trama in una cronaca di Renato Simoni (10 marzo).

Il testo integrale risulta pubblicato dalla rivista Il Dramma n.295.

E’ stata adattata per la televisione da Sergio Failoni per la regia di Mario Landi, interpretata da Isa Pola a Laura Solari (5 aprile 1957).

L’ALLEGRA MICIFU’

Tre atti

Compagnia Dina Galli

Teatro Argentina, Roma (11 giugno 1938)

LA PELLICCIA DI VISONE

Tre atti

Compagnia Luigi Carini

Teatro Odeon, Milano (27 settembre 1939)

La trama in una cronaca di Renato Simoni (28 dicembre)

UNO SCANDALO ARISTOCRATICO

Tre atti

Compagnia Emma Grammatica

Teatro del Casinò, San remo (27 gennaio 1940)

La trama in una cronaca di Renato Simoni (6 febbraio)

FRANCESCA

Tre atti

Compagnia Emma Grammatica

Teatro Manzoni, Milano (11 dicembre 1940)

Teatro Argentina, Roma (3 novembre 1941)

La trama in una cronaca di Renato Simoni (12 dicembre).

Il testo integrale pubblicato dalla rivista Ridotto, gennaio 1962.

IL VIAGGIATORE SOLITARIO

Tre atti

Compagnia Marcello Ciorda

Teatro La Pergola, Firenze (13 ottobre 1941)

LA TRAMA – Il titolo è il medesimo di una composizione musicale di Grieg. Il viaggiatore è un capofamiglia ingegnere e benestante. Il viaggio è il percorso esistenziale di ogni capofamiglia che alla fine si ritrova solo: se, per avventura o disavventura, viaggia più a lungo di chi lo abbandona strada facendo, perchè giunto in un Altrove personale alla propria stazione d’arrivo. Uno dei personaggi anziani (altro capofamiglia amico del capofamiglia protagonista principale) pronuncia alla fine del primo atto una lunga battuta che merita di essere adottata come chiave di lettura e interpretazione delle vicende teatralizzate dal Lelli.

L’azione ha inizio a conclusione di una cena per un ennesimo anniversario di matrimonio. Scena unica la sala da pranzo di una casa borghese (presumibilmente villa padronale in campagna): il marito, la moglie, i figli adulti (maschi e femmine), qualche ospite, la servitù. L’anniversario è festeggiato come taluni agnostici festeggiano il Natale e la Pasqua. Il disamore coniugale e filiale è manifestato senza infingimenti a cominciare dalle prime battute, e senza tanti riguardi per i presenti non famigliari.

Dieci anni dopo, nel secondo atto, e venti anni dopo nel terzo atto: lo stesso nucleo famigliare con lo stesso capofamiglia viaggiatore sempre più solitario e con meno interlocutori: disilluso. (E.R-R.)

LE VEDOVE DI KIEV

Tre atti

Compagnia Emma Grammatica

Teatro Comunale, Treviso (10 gennaio 1942)

UNA DONNA STRAORDINARIA

Tre atti

Compagnia Drammatica diretta dall’autore

Teatro O.N.D., Riola/Bologna (7 maggio 1943)

LE SORELLE BENTIVOGLIO

Versione dialettale di “All’insegna delle sorelle Kadar“

Compagnia Fanny Bertelli, Vittorina Corticelli, Bruno Lanzarini

Teatro Arena del Corso, Bologna (29 settembre 1948)

La trama in una cronaca di Autore Anonimo pubblicata dal quotidiano bolognese Pomeriggio (30 settembre)

SIMONA

Tre atti

Compagnia Maria Melato

Teatro Duse, Bologna (12 gennaio 1948)

La trama in una cronaca di Autore Anonimo pubblicata dal quotidiano bolognese Pomeriggio (13 gennaio)

O LA VETTA O LA MORT

Tre atti

Compagnia del Teatro Bolognese

Teatro Duse, Bologna (30 marzo 1950)

La trama in una cronaca di M.D. (Massimo Dursi pubblicata dal quotidiano bolognese Il Resto del Carlino (31  marzo)

UNA MOGLIE

Tre atti

Compagnia Emma Grammatica

Teatro Quirino, Roma (18 gennaio 1952)

La trama di Autore Anonimo pubblicata nell’Annnuario della SIAE.

LA MADRE DI GINO

Atto unico

Compagnia del Teatro Minimo

Teatro Minimo, Bologna (stagione 1954-55)

SULLE STRADE DI NOTTE

Tre atti (Premio Riccione)

Compagnia del Teatro Italiano

Teatro delle Arti, Roma (3 maggio 1956)

La trama di Autore Anonimo pubblicata nella Guida per il Teatro di G.Toschi.

Il testo integrale risulta publicato dalla rivista Il Dramma n.239/240 – 1956.

Traduzione in francese e inglese nel Bollettino dell’Ente Italiano Scambi Teatrali, aprile/maggio/giugno 1959.

Commedia ripresa e trasmessa dalla televisione. Successivamente tradotta in film nel 1957 col titolo “I colpevoli“, regista Turi Vasile (Colosseum Film/Italia), interpretata da Carlo Ninchi e Isa Miranda con in più Vittorio De Sica.

Traduzione in lingua castigliana di Vicente Balart, col titolo “Esa juventud que sube”, Ediciones Alfil 1967 Madrid, Collection Teatro n.354 (pp. 80): rappresentata il 20 luglio 1962 al Teatro Trianon di Lèon.

VEDERSI

Atto unico

Compagnia del Teatro Minimo

Teatro Minimo. Bologna (28 ottobre 1958)

Il testo integrale risulta publicato dalla rivista Ridotto, maggio 1958.

VOGLIATEMI BENE

Atto unico

Compagnia del Teatro Minimo

Teatro Minimo, Bologna (stagione 1961-62)

LA SUA FELICITA

Vincitore di un Concorso Nazionale nel 1930

I testi che risultano messi in scena sono 22, compresi i testi dialettali, comprensivi di “Le sorelle Bentivoglio“ (versione dialettale delle “Kadar“) e “L’acqua quèida“.
I testi che non risultano rappresentati sono 10, compresi 3 dialettali.
Risultano pubblicati soltanto 5 testi.

COMMEDIE MAI RAPPRESENTATE

PIRLOCCH

Tre atti (dialettale).

Inviata in concorso al Premio Testoni 1931 col motto “Che pèrdèr , l’è mej vinzèr“.

LA TRAMA – Pirlocch è il soprannome di Pietro Ravanelli, un anziano (60 anni) benestante, proprietario di una tripperie che gestisce a Bologna con Justina, sua convivente da venti anni, alla quale ha promesso che prima o poi la sposerà. Nina, la figlia ventenne di una sua inquilina sempre in ritardo col pagamento della pigione, lo intriga sessualmente, tanto da proposrsi come suo marito, disposto a soddisfare ogni suo desiderio.
A questo punto della commedia, la madre di Nina s’industria come può per favorire il matrimonio che l’affrancherebbe da ogni disagio economico e logistico, intanto che la convivente di Pirlocch si attiva per mandarlo a monte, oppure per acquisire la proprietà della tripperia come liquidazione.

Ognuna delle due donne è spalleggiata da conoscenti in combutta. (E.R-R.)

MI MUJER

Tre atti (dialettale).

Inviata in concorso al Premio Testoni 1931 col motto “O  prema o po’ a vinzrò pùr“.

LA TRAMA – La mujer della commedia dialettale lelliana è una moglie autoritaria, invadente e litigiosa, un brutto diavolazzo per il marito, madre di due figlie nubili alla quale intende imporre l’obbligo di aiutare i genitori e la famiglia in difficoltà, anche sacrificandosi con lo sposare senza amore uomini dotati di beni e redditi sufficienti a garantire un futuro di agi e benessere. Tale mujer ha un marito commediografo dilettante buonista che combina cattivi affari commerciali, sbagliando nella scelta delle controparti: convinto che i figli si mettono al mondo per vederli sparire… ognuno verso il suo destino. La trama è tessuta per sanare i contrasti e per chiarire i malintesi che altri personaggi creano. (E.R-R.)

L’ACQUA QUEIDA

Tre atti (dialettale).

Versione di una commedia scritta in lingua italiana da Augusto Novelli.

WAGNER (tutta la sua vita)

Tre atti.

Inviata in concorso al Premio Ricione 1948.

FRECCIA CONTRO IL SOLE

Tre atti.

Inviata al Premio Riccione 1949 (segnalata)

LA VALANGA SUL TETTO

Tre atti.

Un esemplare dattiloscritto del copione risulta datato 1953, con “bozzetto“ per la scena e una annotazione autografa, dopo la parola Fine: R-A.S.A. Da questo momento nel gran rifugio, di te, forte… sempre più forte… il tic-tac dell’orologio = l’improbabilità del tempo.
Riscritta e reintitolata “Sulle strade di notte“, la invia in concorso al Premio Riccione 1955, aggiundicandoselo.

COME IL VERDE DEI NOSTRI ABETI

Inviata al Premio Riccione 1954. Terzo Premio I.D.I. nel 1958.

QUANDO C’ERI TU

Tre atti.

Un esemplare del copione dattiloscritto con dedica autografa a Rosina Dominici datata 29.8.1952.

LA TRAMA – L’azione scenica si svolge in una vecchia villa principesca denominata Vetta Marina, sul mare di Sirolo nelle Marche, in primavera, durante gli anni 50 del 1900.
I protagonisti sono cinque componenti di una famiglia aristocratica in difficoltà, impegnata a dare in sposa, a un ricco quarantottenne aristocratico (Principe), la figlia più giovane ventenne. Un matrimonio d’interesse deciso dalla madre, quindi, e condiviso dal capofamiglia (Marchese) scialacquatore, che la figlia maggiore (ventidue anni) disapprova, poichè è innamorata e già amante di un giovane scultore squattrinato, e il figlio minore (diciottenne) asseconda opportunisticamente, perchè beneficato dal futuro cognato.

Alla fine del primo atto, però, giunge inatteso nella villa il nonno della futura sposa, proveniente da un carcere dove ha scontato 25 anni di pena per aver ucciso la moglie.
Il nonno (Duca) assume nel secondo e nel terzo atto il ruolo di protagonista assoluto, rievocando con flash back il suo rapporto d’amore con la moglie e il momento dell’assassinio che ricorda come atto necessario per eutanasia, causa le condizioni di salute disperate della consorte. Il nonno Duca determina, così, l’evolversi degli eventi.

LA MADRE DI GINO

Annunciata per la stagione 1954/55 del Teatro Minimo.

CALIPSO PER 5 DONNE

Due tempi.

Premio Gastaldi 1961, pubblicato in volume da Gastaldi Editore, Milano 1962.

LA TRAMA – Le 5 donne protagoniste sono tutte ex prostitute di umili origini ed età diverse che hanno deciso di rompere con il passato, dopo aver stabilito un patto di buona condotta. Perciò si sono associate, cumulando i propri risparmi, e hanno creato una ssrtoria per signore, con alloggio collettivo.

L’azione scenica si svolte tutta nello stanzone adibito a laboratorio, che una scala collega alle camere da letto del piano soprastante.

E’ stato deciso il giorno dell’inaugurazione. Le ex prostituto hanno invitato i propri parenti che vivono altrove, per dotarsi di rispettabilità agli occhi del parroco e della comunità locale Fervono i preparativi, come suol dirsi. Si susseguono in scena l’arrivo dei parenti e gli incontri preliminari. I personaggi manifestano stati d’animo contrastanti: esprimendo ottimismo, pessimismo, perplessità, buonismo, cinismo, anzietà.

Due fratelli maggiorenni, un padre, una matrigna, due figli adulti, un marito ubriacone, costituiscono e caratterizzano la parentela delle 5 ex prostitute. Il parroco con tre parrocchiane, signore perbene al seguito, rappresentano la gente del luogo. Quattro giovinastri vogliosi di baldoria e clienti abituali di prostitute determinano un finale drammatico a sorpresa. (E.R-R.)

VOGLIATEMI BENE

Atto unico, annunciato per la stagione 1961/62 del Teatro Minimo.

POESIE DIALETTALI

Edite da La Fameja Bulgneisa

El scarpa (n.4 – 1949)

Gira la roda (Strenna 1955)

La cà di mi (Strenna 1956 e Poeti Petroninai del Novecento a cura di Ferdinando Panigoni, 1962)

San Ptroni (n.9 – 1961)

Al Palazott (n.8/9 – 1962)

RACCONTI

Elisa e Orsola (Pomeriggio, 28 giugno 1948)

Caterina (Pomeriggio, 9 dicembre 1948)

Simona (Pomeriggio, 13 gennaio 1949)

TESTI GIORNALISTICI

Pubblicati dal quotidiano “Pomeriggio“ diretto da Odoardo Bertani

- Evi Maltagliati ha sempre odiato il latino (30 gennaio 1948)

- Strepitosa carriera del commediografo Franz Kir-Loe (17 febbraio 1948)

- Rallegramenti di Sabatino Lopez al padre felice delle Sorelle Kadar (5 marzo 1948)

- Esiste o non esiste il commediografo Franz Kir-Loe? (24 febbraio 1948)

- Franca Dominici parla della sua “tourée“ sud-americana (3 maggio 1948)

- Pina Cei è tornata da un giro nell’altro mondo (15 dicembre 1949)

TESTI E NOTIZIER APPARSE NE “LA FAMEJA BULGNEISA“

Il Teatro Minimo alla Tavolata delle Arti (n.10-1955)

Renato Lelli vince il Premio Riccione (n.10-1955)

Ribalte bolognesi (n.7-1956)

Rappresentazioni Teatrali (n.7-1957)

“V’arcurdav?“ di Renato Lelli (n.4-1958)

Spettacolo del Minimo (n.4-1959)

Come ho vinto il Premio Nazionale Gastaldi (n.3-1962)

Renato Lelli il poeta, il commediografo (n.8/9-1962)

Commemorato congiuntamente al “Circolo della Stampa“ Renato Lelli (n.1-1963)

BIBLIOGRAFIA

Comoedia – gennaio/febbraio 1932

Comoedia – febbraio 1934

Teatro per Tutti – febbraio 1935 (p.42)

Leonida Repaci “Ribalte e luci spente 1937-38“ – Milano 1939 (pp.256/258)

Il Dramma n.295/1938 – (Contiene la commedia “All’insegna delle sorelle Kadar“)

E. Ferrieri “Novità di teatro“, 1941 (pp. 154/157)

Scenario – gennaio 1941

Pomeriggio – 30 settembre 1948

Il Dramma n. 239/40/1956 – (Contiene il dramma “Sulle strade di notte“)

Letture 1957 (p.115)

Ridotto, maggio 1958 – (contiene l’atto unico “Vedersi“)

G.Toschi “Guida per il teatro“ – Letture Ed. Milano !958 (pp. 74, 205, 206)

Renato Simoni “Trentanni di cronaca drammatica“ – ILTE Ed. Torino 1958, vol III e IV

Eligio Possenti “Guida al Teatro“ (pp.218/219)

Enciclopedia dello Spettacolo – Casa editrice Le Maschere, Roma 1959 (p.1367)

Annuario SIAE, fino all’edizione 1960

Ridotto, gennaio 1962 – (Contiene  la commedia “Francesca“)

Poeti petroniani del Novecento – 1962

Leonida Repaci “Teatro di ogni tempo”, Ceschina Ed. Milano 1967

Sergio Colomba (a cura di) “Il destino della scena“ (La drammaturgia italia e il Premio Riccione) – Grafis Ed. Bologna 1990

Ariel, quadrimestrale dell’Istituto di Studi Pirandelliani, 1995

Felice Cappa e Piero Gelli (a cura di), “Dizionario dello Spettacolo del 900″, Baldini & Castoldi 1998 Milano (pag. 614)

Arrigo Lucchini “Cronache del Teatro Dialettale Bolognese”, Pendragon Ed. Bologna 2006

Written by rossiroiss

novembre 24th, 2011 at 2:33 pm